laR+ Ticino

Fattorie 'self service' più gettonate, meno code e contatti

Mentre la chiusura dei ristoranti mette sotto pressione Tior (60 tonnellate di insalata a rischio biogas) e macellai: 'Acquistate i capretti nostrani'

L’azienda il Mugnaio, a Semione
26 marzo 2020
|

La spesa al tempo del coronavirus, per evitare lunghe file e ridurre i contatti, si fa anche al self-service delle fattorie che vengono ‘svaligiate’ di uova e carne. I prezzi per ora sono sempre gli stessi. È molto difficile invece per chi rifornisce i ristoranti ormai chiusi. Dai macellai agli agricoltori, si accumulano esuberi. Alla Tior 60 tonnellate di insalata ticinese rischiano di finire al biogas.
Questa settimana 400 capretti cercano un cuoco indigeno: ‘Ticinesi, acquistate capretti nostrani!’. È l’appello di Erich Jörg direttore del Centro macellai Bironico. I ristoranti assorbivano l’80% dei capretti pasquali: «Noi macellai faremo di tutto per aiutare gli allevatori, ma le cifre sono importanti, questa settimana sono 400 capretti. Le tariffe sono rimaste invariate, ma non possiamo assumerci tutti i danni». Una parte sarà venduta tramite i mercati dell’associazione Proviande che contribuirà con un aiuto straordinario per ogni capretto consegnato.

Una montagna di insalata ticinese verrà gettata via 

Grattacapi anche alla TIOR, la società commerciale della Federazione Ortofrutticola Ticinese ( FOFT): «I commerciati che forniscono mense e ristoranti sono il 50% della nostra cifra di affari. Riaschiamo di buttare via la merce destinata al commercio. Nelle prossime settimane produrremo 80-90 tonnellate di insalata, stiamo facendo accordi con Aldi, Migros Ticino e altri grossisti per venderne almeno 30 tonnellate, le restanti 60 rischiano di finire al biogas. Forse una partita sarà inviata in Slovenia», ci spiega Marco Bassi, direttore di Tior e Foft. Tior ha quintuplicato le consegne a domicilio (portoacasa.ch).
Tanta verdura significa che forse, anche nella peggiore delle ipotesi, non ci mancheranno gli ortaggi in tavola. «In Svizzera, il 50% delle verdure consumate viene importato. Il Ticino oggi produce verdura che vendiamo al resto della Svizzera. Ricordo solo che in tempi di guerra hanno strappato le vigne per fare campi di patate», conclude Bassi.

La fattoria self-service sembra battere il coronavirus

Mentre la logistica dell’ortofrutticola arranca tra virus e chiusure improvvise, se la passano meglio i piccoli commerci familiari. Abbiamo fatto un giro tra alcune aziende agricole della bassa valle di Blenio, dove la formula ‘self service’ sta attirando nuovi clienti, forse spaventati dalle code ai supermercati. Al take away della fattoria apri il congelatore, prendi la costata o il filetto di manzo, metti i soldi in cassa e vai senza vedere nessuno o quasi. Tra conserve e sciroppi, farine e uova, quello che non manca mai è il disinfettante.

«Pulisco tutto a fondo una volta al giorno e c’è il disinfettante per i clienti», dice Ruth Togni dell’azienda agricola biologica Scarp a Semione. Accanto al punto vendita ci sono mucche scozzesi al pascolo. La veterinaria ha notato un certo via vai: «Nell’ultima settimana c’è stato un netto aumento di vendite. Ogni due giorni devo rifornire il congelatore, dove teniamo carne di agnello e manzo scozzese», dice. Finocchi, patate e mele bio sono riposti in scatole di plastica. La grossa affluenza non ha avuto effetto sui prezzi: «Sono sempre gli stessi». A due passi, c’è l’azienda agricola Serravalle di Diego e Giovanna Dandrea, dove alcuni prodotti non bastano mai: « Il miele è andato davvero a ruba, forse perché è un antibiotico naturale e le uova non sono mai abbastanza», ci racconta Giovanna Dandrea. Per i formaggini c’è ancora tempo. «Per noi contadini, lo stop dei mercati bovini e ovini, è un grosso problema».

All’agriturismo il Mugnaio, sempre a Semione, è spuntata una roulotte in legno viola, con un cartello ‘oggi è aperto’. Dentro c’è farina, pasta, conserve, erbe medicinali per i polmoni e la tosse, uova. Tutto a chilometro zero. Anche qui non manca il disinfettante per le mani.  «Arrivano più clienti. Puntiamo sul cibo povero, locale, come cereali antichi, verdura e frutta indigena. Faccio il pane ai legumi, al grano saraceno e castagna, la pasta alla zucca o all’aglio orsino. Tanti hanno più tempo e si possono scoprire nuovi piatti con cibo locale, con ingredienti semplici e nutrienti», conclude Nicoletta Zanetti. Anche qui i prezzi non sono cambiati.


Da Tior a Conprobio, il panico mette sotto stress la logistica alimentare

Gestire la logistica in tempi di coronavirus è tutt’altro che facile: «Due settimane fa, presi dal panico, i ticinesi hanno preso d’assalto i supermercati, di riflesso abbiamo ricevuto dalla grande distribuzione ordini molto superiori al normale. Ora siamo tornati alla normalità. Lo stesso scenario sta succedendo in Svizzera interna», dice Marco Bassi, direttore di Tior e Foft. L’ondata di panico ha investito anche Conprobio, la cooperativa consumatori e produttori del biologico ha visto aumentare vertiginosamente gli ordini, ci spiega la presidente Eva Frei: «I prodotti ci sono, è il panico a spingere la gente a fare molti acquisti, la nostra logistica è sotto stress e non abbiamo camion e personale per soddisfare tutta questa richiesta di cibo».

 

 

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE