Ticino

Servizio pubblico e i primi 20 anni contro il vento 'liberista'

Serata pubblica dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico lunedì a Bellinzona. Intanto l'Udc spinge sulla sussidiarietà

(infografica laRegione)
15 febbraio 2020
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“Vent’anni controvento”. L’Associazione per la Difesa del servizio pubblico (Asp) descrive così in un nuovo opuscolo la sua attività di ‘corpo intermedio’, nato per dare voce alle esigenze dei cittadini e «salvaguardare le prestazioni che lo Stato deve garantire alla collettività, in particolare alle sue fasce più vulnerabili». Lo ricorda Diego Scacchi, presidente dell’associazione che lunedì celebrerà il ventennale con una serata pubblica alla Scuola cantonale di commercio di Bellinzona (si comincia alle 18).

Una storia, quella dell’Asp, benedetta dal primo successo nell’impedire la trasformazione in società anonima dell’Azienda elettrica ticinese (Aet, era il 2002), ma poi segnata da risultati alterni. D’altronde è passata appena una settimana dall’approvazione popolare dell’iniziativa che inserisce la sussidiarietà nella Costituzione cantonale, rimettendo in discussione non solo le rispettive competenze di Cantone e Comuni, ma anche quelle di pubblico e privato (vedi sotto).

Reaganismo de' noantri

Guardandosi indietro, Scacchi registra l’affermarsi di «una mentalità contraria allo Stato», l’ideologia Thatcher-Reagan per capirci, che anche da noi si sarebbe tradotta in un susseguirsi di privatizzazioni e nel deterioramento di alcuni servizi essenziali. È della stessa opinione anche il segretario storico dell’associazione, Graziano Pestoni: «Anche le vittorie spesso si sono rivelate provvisorie, e in Ticino si è registrato un susseguirsi di misure di risparmio, oltre a un peggioramento dei servizi pubblici e a un aumento dei prezzi». Alcuni esempi: la riduzione del canone radiotelevisivo e il contestuale obbligo per la Ssr di finanziarsi almeno in parte con la pubblicità, le trasformazioni in Sa di alcune aziende elettriche municipali, i finanziamenti pubblici alle cliniche private, la riduzione delle competenze del Gran consiglio nella gestione di Aet. In compenso si è riusciti a tenere il punto su altri tentativi di privatizzazione e riduzione delle competenze pubbliche, conquistando nel frattempo anche l’obbligo per il Cantone di procedere alle riversioni dei grandi impianti idroelettrici, ovvero di riscattarne lo sfruttamento dalle società concessionarie esterne. Su questo «i fautori delle privatizzazioni non mancheranno di far sentire la loro voce, ma non vedo come potranno ledere decisioni già prese», anticipa Scacchi.

Il cerino in mano

E se Pestoni denuncia «una frantumazione della società e un disorientamento dei cittadini», l’economista Sergio Rossi – che parteciperà da relatore esterno all’evento di lunedì – ha ricordato che «il servizio pubblico non è concorrente dell’economia privata, ma suo necessario complemento: quando lo Stato costruisce un ponte, se ne avvantaggiano i business alle due estremità». Invece lo smantellamento e la «mercificazione» del servizio pubblico, che «in nome dell’efficienza finisce per abbandonare i servizi più gravosi», danneggiano tanto l’economia quanto «la coesione sociale e nazionale», soprattutto in quelle valli più discoste e inevitabilmente abbandonate da chi è mosso da mere logiche di profitto. Si tratterebbe anche di cambiare una mentalità dominante che «vede il settore pubblico come un antagonista da sminuire» e finisce per «lasciare lo Stato col cerino in mano, costringendolo fra le altre cose a diminuire posti di lavoro e stipendi. Col risultato che le imprese private, che un tempo dovevano competere con gli standard elevati dello Stato – da non confondere con la sua classe politica –, ora si possono permettere di pagare meno e precarizzare i lavoratori».

C'è utile e utile

Inevitabile d’altronde lasciare avvizzire la cosa pubblica se si insegue una politica di sgravi a tutti i costi, invece di limitarli «a chi reinveste gli utili in modo produttivo e sostenibile, penalizzando chi preferisce le speculazioni finanziarie». Da Scacchi, infine, un invito ai giovani: «Voglio lasciare presto la presidenza. Vedo volti nuovi alle attività dell’associazione, e spero che il movimento per il clima – attento al ruolo cruciale del servizio pubblico per una vera svolta verde – attiri nuove leve verso la nostra causa». Intanto in paesi come la Gran Bretagna si fa marcia indietro sulle privatizzazioni: chissà se davvero, come dice Pestoni, «nel mondo sta soffiando un altro vento che prima o poi arriverà anche da noi».

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Udc: nuova iniziativa parlamentare per spingere sulla sussidiarietà

Per Diego Scacchi la recente introduzione nella Costituzione cantonale della sussidiarietà – ovvero del principio di assegnazione delle competenze pubbliche all’istituzione o ente più ‘vicini’ all’esigenza da affrontare, sulla base di un criterio di capacità ed eventuale prossimità geografica – dovrebbe destare qualche inquietudine: «Preoccupante è che il principale intendimento degli iniziativisti sia quello di combattere la competenza dello Stato e di esaltare il ruolo privato sia nell’economia che nell’amministrazione della cosa pubblica.» A impensierire l’ex sindaco Plr di Locarno non è dunque la sussidiarietà verticale, ovvero il fatto che «quel che può fare il Comune non deve farlo il Cantone», quanto piuttosto quella orizzontale, che rischia di «assegnare al privato compiti che invece dovrebbero restare di competenza pubblica».

Secondo il granconsigliere Udc Sergio Morisoli, primo promotore dell’iniziativa, non è il caso di gridare al lupo: «La priorità adesso è quella di applicare la nuova modifica per stabilire in modo più equilibrato le rispettive competenze di Comuni e Cantoni, nell’ottica della riforma Ticino 2020. In questo senso, il nuovo articolo potrà evitare di ridurre i Municipi a meri esecutori delle volontà cantonali, quali stanno ormai diventando: una cosa ancora più illogica se si pensa ai grandi agglomerati urbani frutto delle recenti aggregazioni».

Ma un’iniziativa parlamentare generica presentata proprio ieri dall’Udc chiede di rileggere alla luce della sussidiarietà anche altre leggi, come quella sui sussidi cantonali, quella concernente gestione e controllo finanziario dello Stato e le varie leggi settoriali, anche laddove la sussidiarietà non è ancora implicitamente contemplata. Come dire: meno Stato più mercato? «Non necessariamente», spiega Morisoli. «Anzi, guardi, quando l’Asp lamenta l’erosione del ruolo del servizio pubblico, io posso anche essere d’accordo. Paradossalmente le funzioni dello Stato si sono estese talmente tanto – essendosi questi fatto arbitro, controllore, educatore, soccorritore, ridistributore, protettore… – che poi è lo Stato stesso a perdere in efficacia ed autorevolezza. Meglio sarebbe ripensarlo in chiave intensiva: come erogatore di servizi che solo lui può fornire, ad esempio l’amministrazione della giustizia. E anche come garante del servizio pubblico più generale, sebbene in molti settori non possa essere solo lo Stato ad erogarlo con qualità ed efficienza: penso all’istruzione, alla ricerca, alla cultura, alla salute e al sociale; campi nei quali già oggi si intravvede timidamente la sussidiarietà, ma dove occorre incentivarla concretamente adeguando le leggi. Pena il non poter rispondere tempestivamente e qualitativamente nel prossimo decennio alla domanda di servizi pubblici in questi ambiti».

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