Ticino

CO2 da ‘razionare’ per curare il pianeta

La ricetta del chirurgo ambientalista Pietro Majno-Hurst, per lasciare una Terra vivibile alle prossime generazioni, passa attraverso una nuova economia

Il prof. Pietro Majno-Hurst chirurgo ed ambientalista (foto Ti-Press)
16 maggio 2019
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Dal 7 maggio la Svizzera vive sulle spalle delle generazioni future o di altri Paesi, in 5 mesi abbiamo esaurito le risorse che il pianeta è in grado di rinnovare nell’arco di un anno. «Le pattumiere della biosfera (il fine strato di pianeta dove viviamo) sono piene e non abbiamo soluzioni tecniche per svuotarle: l’acidificazione degli oceani, l’accumulo di azoto nei terreni, l’aumento di CO2 nell’atmosfera. Siamo la prima generazione consapevole dei rischi e l’ultima che può fare qualcosa», spiega il prof. Pietro Majno-Hurst. Il direttore del dipartimento di chirurgia negli ospedali Eoc, nella sua vita privata è da anni un ambientalista convinto, tiene conferenze e guarda con affetto alle proteste dei giovani per il clima e contro l’avviata estinzione di massa. «I giovani non hanno soldi e potere per cambiare le cose. È una responsabilità degli adulti e delle élites». Per invertire la rotta e prosperare in equilibrio va ridisegnata l’economia. Le parole d’ordine sono razionare i consumi di materie ed energie, ridistribuire la ricchezza, cambiare la gestione dei beni comuni, tassare i profitti in termini di produzione di CO2.

La Model 3 di Tesla è la più immatricolata in Svizzera. Timberland fa scarpe con bottiglie di plastica riciclate. Sono segnali buoni?
Sì, ma non bastano questi interventi, servono soluzioni legislative perché non abbiamo più tempo. Dal 1980 consumiamo ogni anno più di quanto il pianeta riesca a rigenerare. Uno svizzero vive come se avesse a disposizione 3 pianeti Terra, un americano 4. Abbiamo un debito con la Natura da azzerare, la biosfera va ricapitalizzata. Se si continua così resterà una parte esigua dell’umanità e che vivrà in un mondo molto meno bello, e con molta più fatica.

Quali leggi vanno introdotte per salvarci da quella che il climatologo Mercalli definisce l’avvio della sesta estinzione di massa?
È indispensabile un razionamento delle materie prime e dell’energia. È un tabù sociale ma in realtà è normale, nelle nostre vite familiari e professionali, adattarci al capitale a disposizione, dividerlo a seconda dalla popolazione che lo usa e delle priorità.

Che cosa significa nella quotidianità?
Ogni cittadino dovrebbe avere a disposizione una certa quantità di materie ed energia da consumare. Può scegliere come usarla. Se acquisto una fesa di vitello che consuma più CO2 di un piatto di lenticchie, dovrò usare la bici per andare al lavoro o rinunciare a certi acquisti. È un budget da rispettare, a fine mese la quantità di energia e materie prime da usare è limitata.

È piuttosto complicato da calcolare?
In realtà sarebbe semplice, basterebbe avere due tipi di denaro, magari sulla stessa carta di credito: uno per acquistare CO2 e materie, uno per altri beni che non inquinano, come una lezione di musica, o un quadro. Ci sono gruppi legati alla decrescita o alle monete complementari o alternative che già lo sperimentano.

Una via di rinuncia: siamo pronti?
Non è una questione di rinuncia, ma guadagnare tutti un mondo più stabile. Per dirlo con un’immagine, l’umanità gestisce molto bene le penurie, molto meno bene gli accumuli di rifiuti. Le pattumiere del pianeta sono piene. Non sono scelte opzionali, ma obbligate, determinate dagli stessi principi scientifici che governano la biologia o la medicina. Bisogna avere il coraggio di dire che ora è necessario adeguarsi ai limiti fisici del pianeta, razionando l’energia a disposizione e distribuendola in modo equo. La via è un reddito di sussistenza per tutti (bocciato in votazione ma accettato dal 25% ndr) calcolato in materia ed energia.

Come si mantiene tutto il sistema?
Tassando i profitti in termini di produzione di CO2. Non possono essere riscossi se non vengono neutralizzati. Se possediamo un appartamento e lo diamo in affitto, il suo impatto ecologico deve essere assorbito prima di incassare la mensilità. Se ho un’ industria che produce scarpe con Pet riciclato, non dovrò pagare l’impatto ecologico del cuoio, molto elevato, ma quello del ciclo di produzione in questione, molto minore. Va tassato maggiormente il capitale perché non c’è capitale che sia neutro in CO2. L’economia di mercato è inadeguata alla situazione ecologica della Terra e va cambiata la gestione dei beni comuni. Ad esempio il petrolio: non deve appartenere a chi lo estrae, ma è un bene dell’umanità. Eppure parliamo di Paesi “produttori” non di Paesi “estrattori” di petrolio.

Qual è l’alternativa all’economia di mercato? 
Ci deve essere un travaso di impieghi dal mondo consumistico ed estrattivo – che non è più compatibile con una biosfera in equilibrio (in medicina si parla di omeostasi) – a quello rigenerativo, alimentando impieghi non redditizi sul piano finanziario, che ricapitalizzino la natura come ripopolare le foreste, fare agricoltura ecologica, pulire mari, fiumi e laghi, salvare cibo dal macero e distribuirlo a chi ne ha bisogno. Per questo bisogna tassare di meno il lavoro, di più il capitale, e soprattutto i profitti che hanno inquinato.

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