Ticino

Asilanti, 2,5 milioni per pasti e alloggio

Gli importi 2014-2017 appurati dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Argo 1. Circa centomila franchi per le lavanderie private

Ti-Press
12 gennaio 2019
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È uno dei temi finiti sotto la lente della Cpi. È uno dei temi – quello della fornitura dei pasti agli asilanti – esaminati dalla Commissione parlamentare d’inchiesta per fare piena luce dal profilo amministrativo e da quello politico sulla gestione cantonale del settore dell’asilo dopo lo scoppio del caso Argo 1, la ditta di sicurezza cui il Dipartimento socialità e sanità (Dss) aveva affidato la sorveglianza dei centri d’accoglienza dei rifugiati. Nel periodo 2014-2017 il Cantone ha speso per vitto e alloggio circa 2,5 milioni di franchi, ha appurato la Cpi tramite il Controllo cantonale delle finanze. Un importo dove confezione e fornitura dei pasti rappresentano il grosso, stimabile (la quantificazione è nostra) tra il milione e mezzo e i due. L’incarico di cucinare e fornire i pasti era stato assegnato a privati dai funzionari del Dss responsabili del settore asilanti. A privati, ovvero a ristoratori, con i quali il Dipartimento non aveva però stipulato alcun contratto. Stesso discorso per il capitolo lavanderie: una spesa di più o meno 100mila franchi. Niente contratti, nessun concorso, né risoluzione governativa neppure per l’assegnazione a privati del lavaggio dei vestiti dei richiedenti l’asilo.

Tornando ai pasti, nel 2015 il compito di confezionarli e distribuirli era stato dato a un esercente del Mendrisiotto, che più di una volta aveva sollecitato un contratto. “Non sono diventato ricco e ho sempre dimostrato professionalità. Mi ha cercato il Dss, avevo già lavorato coi richiedenti l’asilo nel Mendrisiotto e a Lodano per un’emergenza quando mancava il cuoco”, aveva raccontato il ristoratore alla ‘Regione’ nell’ottobre 2017. Un incarico diretto per il 2016 da 355mila franchi per i pasti a Camorino e da 61’734 franchi per quelli a Rivera (dove ci sono colazione, pranzo al sacco e cena). Le cifre imponevano un concorso. “Non avevo un contratto, nemmeno due righe, tutto a voce, mi sentivo precario e responsabile verso chi avevo assunto. Ero disposto ad aprire una mensa a Bellinzona, ma volevo essere in regola, dal Dss non ho avuto risposte. A marzo mi hanno scritto che mi avrebbero tolto il lavoro”. E così è stato. Da maggio 2017, i pasti passano alle mense scolastiche di Bellinzona”. L’esercente è una delle persone poi sentite dalla Cpi.

Commissione che si appresta a chiudere i propri lavori. Per la settimana prossima sono infatti previste due riunioni: una martedì e l’altra giovedì. Quest’ultima per la firma del rapporto e la sua trasmissione al Consiglio di Stato per una sua presa di posizione. L’intento della Cpi, come da lei stessa comunicato nei giorni scorsi, è di sottoporre le oltre cento pagine del documento alla discussione del Gran Consiglio nella seduta che si aprirà il 18 febbraio. Un documento che da quanto appreso dalla ‘Regione’ non risparmia seri rimproveri a coloro che in seno al Dipartimento sanità e socialità erano responsabili della gestione del settore asilanti, e meglio della loro accoglienza. Se in relazione al mandato alla Argo 1, anche questo attribuito (nel 2014) e rinnovato (fino agli inizi del 2017, per complessivi 3,4 milioni di franchi) dal Dss senza risoluzione governativa, i risvolti istituzionali del caso sono stati penalmente chiariti con l’abbandono dei procedimenti decretato dal pg Andrea Pagani nei confronti degli ex funzionari del Dipartimento sanità e socialità Claudio Blotti e Renato Scheurer, alla testa rispettivamente della Divisione azione sociale e dell’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento, il discorso sul piano politico e amministrativo non è chiuso. Al direttore del Dss Paolo Beltraminelli il rimprovero politico è di non essersi reso conto di ciò che stava avvenendo, fidandosi dei funzionari e della filiera.

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