Ticino

Cascine ai raggi X: 'C'è abuso e abuso'

Entra nel vivo l’analisi paesaggistica voluta dal Cantone per affrontare le irregolarità del passato. Intanto dal 2013 ok a 696 ristrutturazioni

7 gennaio 2019
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Il dossier è nelle mani del Tribunale cantonale amministrativo e a parte “le udienze con sopralluogo”, Ticino e Berna per ora non hanno più nulla da dirsi sulla vicenda rustici. Eppure qualcosa si muove sia sul fronte delle nuove ristrutturazioni, sia su quello degli abusi edilizi del passato. Su quel ‘far west’ di fine anni Novanta in cui cascine e stalle furono rimesse a nuovo senza base legale e, non di rado, senza autorizzazione. Un quadro caotico che ha portato all’intransigenza più assoluta l’autorità federale.

Dal 2013 in poi il Cantone ha potuto riprendere ad autorizzare trasformazioni e modifiche, in attesa che il Tram evada i ricorsi (sono ancora 237 più quello dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale, Are, come riferito da queste colonne lo scorso 22 dicembre) sul Piano cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti (Puc-Peip, vedi www.ti.ch/puc-peip).

In cinque anni sono state 696 le ristrutturazioni o gli interventi di manutenzione che hanno ricevuto l’ok dal Dipartimento del territorio. Tutte in quei 57mila acri di terreno che costituiscono circa il 90% dell’intero Puc-Peip (e il 20% del territorio cantonale) non più contestato dall’Are.

Ristrutturazioni che hanno però dovuto sottostare a norme molto restrittive, che hanno fatto storcere il naso a più di qualche proprietario: finestre non ampliabili e tetti da rifare in piode anche quando nei dintorni già pullulano edifici con aperture a due o più ante e spioventi in lamiera, per citare alcuni esempi. Effetti “strani” che fanno mugugnare. “Le norme approvate dal parlamento cantonale mirano a conservare l’aspetto originale e caratteristico dell’edificio e del paesaggio che lo circonda. In questo senso fissano dei criteri ben precisi – replica la Sezione dello sviluppo territoriale – . Le oltre 300 autorizzazioni rilasciate per delle ristrutturazioni mostrano che è possibile conciliare sia l’esigenza del privato – che vuole un’abitazione conforme alle necessità di questo tempo – sia quelle del diritto, che ammette tali trasformazioni solo quando contribuiscono a valorizzare l’edificio stesso e il paesaggio. Il rispetto delle caratteristiche originarie dell’edificio non porta ad alcun effetto ‘strano’. È semmai vero il contrario, come dimostrano molte costruzioni ristrutturate in precedenza, che appaiono alterate rispetto alla tipologia costruttiva della tradizione. Tuttavia la coesistenza nel territorio tra i primi – trasformati con un certo rigore – e i secondi è inevitabile”.

Inevitabile e a volte problematica. Perché sulle irregolarità del passato spesso ci si scontra con le sensibilità popolari. E mentre la competenza in materia edilizia è in prima istanza dei Comuni (da cui partono eventualmente anche gli ordini di demolizione), il Dipartimento del territorio sembra voler cambiare strategia: non una sanatoria (come chiesto da alcuni) ma un’analisi paesaggistica e giuridica sugli interventi realizzati in passato senza autorizzazione. Annunciata dal direttore del Dt Claudio Zali in parlamento, “verrà sviluppata nel corso del 2019”. Scopo: trovare un sistema per affrontare e risolvere gli abusi, cercando di conservare il più possibile quanto già fatto a regola d’arte e penalizzare invece le brutture. “Il tema è sensibile – ci spiegano dal dipartimento –. Da un lato occorre rispetto del diritto federale, dall’altro un certo pragmatismo, parità di trattamento, equità (soprattutto tra chi ha rispettato la legge e chi non l’ha fatto) nonché il rispetto del principio della proporzionalità”. Il tutto su un tema che più di altri sa scaldare gli animi ticinesi.

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