Ticino

Lotta alle mafie: 'Il Ticino va messo sotto la lente'

L'esperto italiano Nando Della Chiesa concorda con chi critica la decisione della Polizia federale di centralizzare a Berna le inchieste. 'Il Ticino è più esposto di altri'

Ti-Press
9 ottobre 2018
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Le critiche ticinesi alla recente decisione della Polizia federale di centralizzare a Berna il coordinamento delle inchieste sulle mafie, oltre che sul terrorismo, trovano appoggio anche da parte di un noto specialista italiano, Fernando (Nando) Dalla Chiesa.

“Se fossi responsabile in Svizzera metterei innanzitutto il Ticino sotto la lente”, afferma in una intervista pubblicata oggi dal quotidiano romando 'Le Temps' il fondatore e direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. Lo farebbe - spiega - perché “il Ticino è chiaramente più esposto degli altri cantoni alle mafie italiane e straniere basate nel nord dell'Italia, a causa della sua frontiera con la Lombardia, la lingua e i contatti sul posto”.

Dalla Chiesa mette in guardia: dalla Lombardia premono non soltanto le mafie italiane, 'ndrangheta in primis, ma anche quelle estere: albanese ("dominante sul mercato degli stupefacenti"), romena (specializzata nei furti con scasso), cinese (concentrata sui giochi d'azzardo e le contraffazioni) e ancora russa, nigeriana, nordafricana, sudamericana, che hanno scelto la regione di confine come centro nevralgico delle loro attività.

"Per il momento - dice Dalla Chiesa - le inchieste condotte in Italia sul crimine organizzato straniero non risalgono alla Svizzera, contrariamente a quelle concernenti la 'ndrangheta o Cosa nostra. Ma la globalizzazione delle mafie è un processo in corso".

Difficile prevedere se queste mafie possano presto emergere anche in Ticino, aggiunge Dalla Chiesa, il cui Osservatorio ha da poco pubblicato il suo "Quarto rapporto sulle aree settentrionali" destinato alla Commissione parlamentare antimafia italiana e dedicato in particolare alla presenza della criminalità straniera. Dipende anche da "come il problema sarà impugnato in Italia dal nuovo governo, e con quali effetti". Quel che è certo è che la Svizzera è "interessante": "Possiede grandi quantità di liquidità e membri delle comunità interessate vi sono già stabiliti. Lo è pure per il riciclaggio del denaro sporco".

Dalla Chiesa rileva che mentre "la criminalità organizzata italiana è più sofisticata, più inserita nella comunità, nell'economia formale e nelle amministrazioni locali", quelle straniere "sono più sotterranee, ghettizzate" e molto più violente.

"In Svizzera e in Europa, si pensa ancora che la mafia riguardi unicamente gli italiani", constata il professore, secondo il quale attualmente "il pericolo del terrorismo è esagerato" mentre "quello delle mafie è minimizzato".

Nando Dalla Chiesa lancia anche una critica alle autorità svizzere in questo ambito. Esse "collaborano con i loro omologhi italiani. Soltanto, i nostri investigatori sono estremamente ben preparati per affrontare il problema, il che non è sempre il caso da voi in Svizzera. Questo può essere frustrante per i nostri esperti".

La centralizzazione a Berna della lotta al crimine organizzato da parte dell'Ufficio federale di polizia (Fedpol) ha sollevato critiche in Ticino. Il consigliere nazionale Marco Romano (PPD) ha depositato lo scorso 27 settembre una interpellanza in cui formula una serie di domande critiche al Consiglio federale (leggi qui).

Anche Romano, sulla linea di Dalla Chiesa, rileva come il rapporto di attività Fedpol 2017 evidenzi un'attenzione rivolta principalmente al terrorismo, mentre sul crimine organizzato nel documento di 52 pagine "si rileva solo un piccolo trafiletto di 25 righe, peraltro contestuale alle forme di riciclaggio di denaro" e la parola "'ndrangheta" ricorre "una sola volta a fronte di decine di citazioni nei precedenti rapporti".

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