Ticino

Autismo: formazione Supsi all'orizzonte

L'associazione 'Autismo Svizzera italiana' sta anche scattando una fotografia per capire i reali bisogni di chi ha in cura persone affette dal disturbo

Ti-Press
15 settembre 2018
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Le parole non arrivano, lo sguardo sfugge, le coccole sembrano non piacergli. Questione di carattere o il bambino ha delle difficoltà nello sviluppo? È determinante per genitori, pediatri e insegnanti saper leggere i segnali. Chiedere aiuto, ricorrere a misure terapeutiche appropriate. Perché oggi l’intervento è possibile e dà i suoi frutti, anche quando la diagnosi è tremenda: autismo. Un disturbo insito e non una malattia psichiatrica da trattare coi farmaci, com’era ritenuta in passato. «Un cambio epocale che permette oggi di avere diagnosi precoci, già entro i 2 anni di vita». Patrizia Berger è la presidente dell’associazione ‘Autismo Svizzera italiana’ (Asi), da decenni impegnata nella sensibilizzazione e nel sostegno delle famiglie confrontate con questo problema. Il prossimo appuntamento è la giornata cantonale, incentrata sul tema dell’inclusione, in programma mercoledì 26 settembre e aperta a tutti (iscrizioni al sito www.autismo.ch entro il 17 settembre).
Il lavoro di informazione continua, anche perché l’incidenza è stimata in un nuovo nato ogni 100, ma le cifre in Ticino non corrispondono... Segno che l’omertà del passato è ancora realtà? «Direi piuttosto che si tratta di una difficoltà nel guardare la diagnosi con più fiducia – annota Berger –. Come associazione facciamo fatica a coinvolgere le famiglie con i bambini, perché questo è un disturbo che si svela nel tempo: vedere che il mio bambino che credevo sano ha dei problemi, fare poi i conti con una diagnosi che fa ancora molta paura, richiede un lungo periodo di accettazione». Terapie e metodi però oggi esistono e prima si inizia meglio è, così da poter modificare certi comportamenti ed evitare che il bambino crescendo si chiuda verso il mondo che fa fatica a conoscere. «Per le famiglie oggi c’è una grande speranza di poter intervenire in modo precoce con terapie adeguate», insiste la presidente, che per esperienza personale conosce bene i progressi fatti negli ultimi decenni.

Diagnosi precoci, interventi mirati, il tutto per favorire la socializzazione del ragazzo autistico. La scuola è altrettanto pronta ad accoglierlo? «Un grosso problema sta nelle risorse: purtroppo non ce ne sono a sufficienza per seguire tutte le famiglie nel modo che si vorrebbe» valuta Berger, precisando che laddove è possibile il bambino viene inserito nelle classi e seguito in maniera personalizzata. «Perciò l’altro grande capitolo è quello relativo alla formazione dei docenti, dei docenti di sostegno e di quegli operatori che seguono personalmente l’allievo». In questo ambito qualcosa si sta muovendo, grazie al coinvolgimento della Supsi. «Come Asi abbiamo grande fiducia che in Ticino si possa avviare una formazione non solo per i professionisti, ma anche per le famiglie – aggiunge ancora la presidente –: come fa un genitore confrontato con un bambino con reazioni completamente diverse dagli altri a sapere come comportarsi? L’istinto materno e il buon senso non bastano... Ci sono tecniche studiate apposta per favorire una buona crescita e un buon rapporto col genitore, altrimenti la famiglia stessa si ritrova ad avere problemi di inclusione». Per comprendere al meglio quali siano i reali bisogni di chi si prende cura delle persone affette dal disturbo, l’Asi sta promuovendo dei questionari. «Vogliamo una fotografia del fenomeno – conclude la presidente –. La Supsi si occuperà poi di svolgere una ricerca in base ai dati, così da individuare cosa occorre fare in futuro. Questo per noi è prioritario. Ed è il momento giusto per farlo: la sensibilità politica che oggi avvertiamo potrebbe davvero permetterci di concretizzare quanto ancora manca».

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