Ticino

La realtà del (tele)lavoro

In rampa di lancio nel settore pubblico, è pratica già diffusa nelle aziende. Con soddisfazione

11 luglio 2018
|

Secondo Fabio Regazzi, presidente dell’Associazione imprenditori ticinesi (Aiti) «il telelavoro è un’opportunità, sia per il privato sia per il pubblico». Telelavoro che, a partire da settembre, sarà protagonista di un progetto pilota nell’Amministrazione cantonale, come anticipato dalla ‘Regione’ nell’edizione del 14 giugno. Un test, una valutazione che nasce in risposta a una mozione dei granconsiglieri liberali-radicali Natalia Ferrara e Nicola Pini, che chiedeva al Consiglio di Stato di attivarsi ‘’affinché la pubblica amministrazione autorizzi uno o due giorni di telelavoro settimanale’’.

Se quindi per il settore pubblico siamo al primo passo, sebbene importante, nel privato questa pratica è già realtà. Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio, da noi interpellato afferma di essere a conoscenza «di diversi casi dove è stato praticato, magari anche solo parzialmente, e in generale le esperienze sono positive. Di principio è un’opportunità, uno strumento che è interessante e nella misura del possibile va promosso». Ma c’è un rovescio della medaglia, per Albertoni. Ed è il fatto «segnalato da diversi dipendenti» che il telelavoro da solo «rischia di portare a un ‘isolamento sociale’ (vedi articolo sotto, ndr), mancando lo scambio quotidiano con i colleghi, e questo rischio non va sottovalutato. Quindi – continua il direttore della Camera di commercio – ben venga questo strumento, ma per situazioni puntuali, magari considerando due giorni di lavoro a casa sui cinque feriali».

Una ventata di novità in un ambiente, quello dell’imprenditoria, alle volte un po’ conservatore, o quantomeno un po’ statico. Infatti, commenta Albertoni, «non è un caso che la Legge sul lavoro cominci a mostrare segni di età. Non perché vanno smontate le certezze e le conquiste sociali, ci mancherebbe, ma perché è stata realizzata 54 anni fa, e qualche ritocco non ha modificato la sua impronta un po’ industriale, passate il termine». Oggi la realtà non è più quella, la società è diversa, i cambiamenti, anche di paradigma, diventano inevitabili e «noi dobbiamo cercare di farci trovare pronti. Con le aziende stiamo parlando dell’adattamento dei modelli di business, che riguardano anche i modi di lavorare». La politica, però, non può più restare a guardare: «Ha il compito importante di mettere mano a qualche norma, perché non c’è alcun pericolo ad ammodernare. Noi non vogliamo smantellare lo stato sociale, ma avere disposizioni che siano al passo coi tempi. Oggi, queste disposizioni, fanno fatica» rileva Albertoni.

Chi ha sperimentato nella propria impresa il telelavoro è Fabio Regazzi. «Nella nostra azienda abbiamo avuto due collaboratrici rimaste incinte – ci spiega il presidente di Aiti – e, motivati da questa situazione, abbiamo creato un ‘home office’ presso le loro case, una linea diretta che le ha messe in collegamento con l’azienda». C’erano timidezza e scetticismo all’inizio, «ma alla fine è andata bene, la cosa funziona e andiamo avanti così anche perché c’è il vantaggio, non indifferente in questa fase della loro vita, che si risparmiano trasferte, traffico e chilometri in strada». Questa esperienza ha portato Regazzi a essere convinto che «se ben organizzato e gestito con intelligenza il telelavoro possa essere una soluzione innovativa e affidabile. Non posso che perorare questa causa, perché se è chiaro che c’è sempre un po’ di reticenza davanti a questi cambiamenti, al giorno d’oggi, con tutti i mezzi tecnologici che abbiamo a disposizione e le opportunità che il mondo dell’informatica ci regala sarebbe un peccato non insistere. Bisogna avere coraggio insomma, «perché bisogna superare questa mentalità un po’ arretrata e conservatrice e aprirsi al futuro» chiosa il presidente di Aiti.

Morellato (syndicom): ‘Bisogna fare attenzione’. Pardini: ‘Sì, se limitato e gestito’

«Se ben regolamentata, può essere un’opportunità per i lavoratori – sostiene Nicola Morellato, segretario regionale syndicom –. Chiaro che attorno a questo tema molto attuale ci sono delle criticità non semplici da affrontare: chi ne ha diritto, quali sono le mansioni che possono essere svolte in questa modalità, sono richieste che partono dai collaboratori oppure delle misure imposte? – s’interroga Morellato, che prosegue –. Bisogna fare molta attenzione, visto che si tratta di una situazione non ancora collaudata e che la Svizzera non vanta una buona legislazione a tutela dei dipendenti». Per Giorgio Pardini, responsabile nazionale del settore telecomunicazioni del sindacato, la questione si pone soprattutto per quel che riguarda la ‘socialità’ all’interno dell’azienda, con rischi reciproci per datori di lavoro e personale. «L’impiegato va collocato nell’azienda dove lavora per favorire la condivisione con i colleghi, deve partecipare alla vita aziendale. Studi recenti dimostrano che questa forma (il telelavoro, ndr) può portare a una diminuzione della produttività quando vengono a mancare gli scambi intellettuali tra le persone». Sui pericoli per i telelavoratori «è fondamentale che il lavoro da casa sia solo una parte della prestazione del collaboratore, massimo due o tre giorni alla settimana, i nostri contratti collettivi prevedono ciò». I problemi più noti, secondo Pardini, riguardano il controllo degli orari di lavoro (autogestione del tempo), l’ergonomia della postazione e la confidenzialità del materiale con cui entra in relazione la persona che svolge attività lavorativa da casa». Telelavoro come forma di precariato? «No, finché parliamo di personale regolarmente assunto, a cui viene concessa questa forma di collaborazione». La sua previsione per il futuro è che «dopo una prima ondata di forte propensione a questo ‘lavoro mobile’ da parte delle grandi aziende, osserviamo una tendenza al richiamo delle persone in ufficio, poiché veniva meno la coesione del team e le possibilità per un vero e proficuo confronto tra i collaboratori». In conclusione, «il telelavoro può essere visto come una chance se limitato e adeguatamente gestito».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE