Ticino

Lo chef stellato: 'Diventare vegetariano mi ha cambiato'

Pietro Leemann, cuoco di fama internazionale e detentore di una stella Michelin, ci spiega perché ha deciso di non più mangiare e cucinare carne

Ti-Press
23 giugno 2018
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Affonda le sue radici nella tradizione culinaria occidentale (ha lavorato da Fredy Girardet e Gualtiero Marchesi) ma la vera linfa l’ha trovata in Oriente tra Cina, Giappone e India dove ha scoperto una cucina attenta a corpo, psiche e anima. «Mangiando affermiamo chi siamo come persone. Per anni mi sono dibattuto tra essere vegetariano o no. Procedevo per abitudini, ma la cucina dei grandi ristoranti, fatta anche di atti cruenti, mi corrispondeva sempre meno. Da sempre mi sono sentito amico degli animali e ho sempre fatto fatica a cucinarli. Questa incoerenza è durata alcuni anni, poi ho deciso di diventare vegetariano. Cambiare dieta mi ha cambiato dentro. I cibi possono incastrare o rendere liberi», spiega il locarnese Pietro Leemann, patron del Joia di Milano, primo ristorante vegetariano europeo ad aver ricevuto una stella Michelin nel 1996. Fin da piccolo ha respirato l’amore per la cucina grazie a sua madre Ada. Folgorato dalla bavarese alla vaniglia dell’amico di famiglia e grande cuoco Angelo Conti Rossini deciderà di seguire le sue orme. Lo incontriamo a Lugano dove ha tenuto – con il prof. Marco Ferrini, saggista e studioso della cultura indo-vedica – una conferenza sul cibo dell’anima, organizzata dalla Scuola Club di Migros Ticino. La direttrice Mirella Rathlef lo vorrebbe per una serie di corsi di cucina, ma lo chef ‘veg’ per ora non si sbilancia.

Quando la mucca scarica tossine nel latte

«Quando mangiamo in qualche modo esprimiamo chi siamo. Se il cibo è rispettoso dell’ambiente e della persona diventa un elemento spirituale» spiega lo chef. Un rispetto che abbraccia tutte le tappe della vita di quello che ci troviamo nel piatto. Ad esempio – aggiunge – mucche munte fino a pochi giorni prima del parto scaricano tossine nel latte. «Quel latte ci fa male», precisa. E che dire degli allevamenti intensivi di carne che causano sofferenze agli animali e inquinano l’ambiente in modo predatorio. (Un chilo di carne di manzo costa all’ambiente circa 13’000 grammi di gas-serra e un consumo eccessivo, per l’Oms, favorisce il cancro). La sfida è alimentarsi nel rispetto di ogni forma di vita creando meno danni possibili all’ambiente. Esiste davvero un cibo non violento? Anche un pomodoro o una mela stavano meglio sulla pianta piuttosto che tagliuzzati nell’insalata. «Noi esseri umani dobbiamo nutrirci, non abbiamo scelta, ma possiamo optare per farlo con la minore violenza possibile. Con l’animale, che ci assomiglia di più, abbiamo una relazione più empatica rispetto ad un vegetale. E ancora, gli ortaggi coltivati con la chimica hanno subito un trattamento aggressivo, diversamente da quelli biologici», illustra lo chef, che si contraddistingue per un meticoloso rispetto dell’alimento. Il cibo diventa dunque uno strumento di relazione con la natura, con gli altri esseri. «Quando la qualità delle nostre relazioni è buona, la vita fluisce; se c’è aggressività si complica», spiega.

Libertà e tribù alimentari quasi settarie

Oggi quasi tutti apparteniamo ad una tribù alimentare, ciascuno ha cibi che evita per varie convinzioni o credenze. È diverso non mangiare cibi crudi o essere crudista. Non mangiare carne o essere vegetariano. A volte c’è un senso di appartenenza, quasi religioso, in alcuni casi settario, ad un gruppo. Chi ne fa parte è convinto di essere salvo, non contaminato. «Come negli anni 70 si era comunisti o fascisti, oggi questo gioco di ideologia c’è anche sul cibo», conferma lo chef alla ‘Regione’. Ma l’ideologia non ha nulla a che fare con un percorso maturato da dentro per il proprio benessere: «Io ho sentito che l’alimentazione più corretta per me era quella vegetariana. È un mio percorso che non ho mai imposto ad esempio alle mie figlie. Sono trasformazioni determinate da una scelta personale che non va imposta agli altri», conclude.

Rabbia, litigi, ansia 'intossicano' anche il nutrimento più sano

«Voglio far mangiare bene i miei ospiti, hanno diritto ad un cibo sano, che faccia bene. Eccessi di zuccheri e proteine non fanno stare bene le persone». Al ristorante Joia c’è una grossa attenzione alla scelta degli ingredienti («sono tutti biologici, coltivati da amici contadini o nel nostro orto») ma è richiesta anche una particolare attitudine di chi cucina che «deve essere sempre gentile». Non c’è lo stress, la tensione e la competizione tipiche delle cucine stellate. Niente aggressività, ma un’atmosfera pacata. «Il cibo viene offerto e recitiamo delle preghiere in modo che il cibo da elemento materiale diventi spirituale», illustra lo chef. Uno spunto forse particolare per alcuni, ma studiato da tempo, non tutti forse sanno che emozioni tossiche ‘inquinano’ anche il miglior cibo che possiamo avere nel piatto. Mai pranzare e litigare. Il pasto è sacro.

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