Ticino

Il Ppd ha perso la fortezza

Una ‘batosta’ che va oltre il significato locale. Con la perdita del sindaco, gli ‘azzurri’ ora rischiano il tracollo, psicologico e non.

28 maggio 2018
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Era un test atteso. Non solo a Mendrisio. E perderlo in quel modo, con oltre 1’400 voti di distacco, in casa Ppd brucia parecchio. A maggior ragione se si considera che stava correndo un consigliere nazionale, oltre che municipale e “delfino” designato come nella miglior tradizione del Partito democratico popolare di Mendrisio dove da decenni non si muove foglia senza il consenso del gruppo dirigente locale. Che alcuni anni fa, per dire, aveva cercato di mandare un proprio uomo in Consiglio di Stato forte del “diritto” che spetta a un feudo elettorale. Fallendo. Con la perdita del sindaco, cade un fortino, anzi una fortezza “azzurra” che sino all’altro ieri appariva indistruttibile, immune a ogni attacco. Dove persino la Lega dei Ticinesi si è ammansita, quasi omologata all’andamento consolidato e quasi consolatorio dell’era Croci. Il Ppd franava ovunque, anno dopo anno, ma non a Mendrisio.

E ora? “No, non commento. Non tocca a me. La situazione è molto delicata” ci dice un dirigente cantonale. Fiorenzo Dadò, il presidente, non si nega. Anzi, reagisce (vedi intervista sotto) cercando di non enfatizzare oltre misura un risultato certo negativo, ma che non può e non deve condizionare il partito cantonale. Fa il suo mestiere, e non può fare altro. Consapevole che già c’era materia per complicare il cammino e quest’altra tegola proprio non ci voleva.

Il Ppd, come gli altri, sta riflettendo sulle liste da mettere in lizza il prossimo aprile 2019. Il voto di Mendrisio magari finirà lì, non condizionerà quello in agenda fra un anno. Però peserà, e non poco, sulla scelta dei candidati per il Consiglio di Stato. Giravano voci su una possibile discesa in campo dell’ex sindaco “momo”. Un nome ancora spendibile dopo la “batosta” di ieri, che senz’altro lascerà mugugni per la partenza anticipata?

Che in “casa azzurra” il clima sia agitato, ancor prima del risultato di ieri, è cosa nota, con le polemiche sul caso Argo 1. Il malessere della base – per ora sottaciuto – rischia di esplodere da un momento all’altro, per quanto l’intera dirigenza sia impegnata a gestire la delicata fase di transizione. Una specie di “pace armata” necessaria a evitare il tracollo elettorale. Ma se iniziano a cadere le certezze – il sindaco popolare democratico di Mendrisio era una di quelle – tutto davvero diventa possibile. Anche lo spettro di un tonfo alle elezioni per il Consiglio di Stato, dove il margine per mantenere il seggio si direbbe robusto. Si direbbe...

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