Ticino

Tra allievi e docenti chi si sente in pericolo rischia insonnia, ansia

La psicoterapeuta, esperta in traumi, spiega le conseguenze della strage evitata e come i genitori possono aiutare i loro figli

La psicoterapeuta Simona Spinedi Schoepf esperta in traumi
12 maggio 2018
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Una strage evitata all’ultimo secondo che può lasciare i suoi segni, anche a distanza di tempo, nei docenti, compagni di classe (e loro genitori) e tutti quelli legati al 19enne: c’è chi reagisce, chi ha paura a tornare alla Commercio, chi è scoppiato in lacrime in classe dicendo: ‘La scuola era l’unico luogo dove mi sentivo protetta, ora non è più così’. E questo è proprio il punto. Chi si sente vulnerabile e in pericolo avrà più chance di sviluppare la sindrome post traumatica da stress. Due alunni della stessa classe possono reagire in modo diverso a questa situazione. «C’è chi conclude nella sua testa che le autorità hanno reagito tempestivamente e a scuola si sente al sicuro, perché il Ticino non è l’America e tutto è sotto controllo. E c’è chi invece pensa che potrebbe succedere di nuovo ed è solo per un colpo di fortuna se il compagno non ha portato a termine i suoi piani di morte. Nel secondo caso, il senso di vulnerabilità rischia di creare problemi», spiega alla ‘Regione’ Simona Spinedi Schoepf, psicoterapeuta, specializzata in traumi (‘Practitioner Emdr’).

Quali reazioni può aspettarsi chi ha evitato il peggio?  È una situazione eccezionale, non bisogna sorprendersi se ci sono reazioni eccezionali. C’è chi avrà bisogno di parlarne di continuo e chi starà zitto. Ciascuno deve poter avere il grado di ascolto che necessita, accettando anche i silenzi. Vittime indirette possono essere tutti gli allievi, genitori, corpo docente, insomma chi gravita attorno alla scuola.

Ma come si metabolizza tutto ciò?  Ci sono reazioni acute ad un forte stress (difficoltà a dormire, concentrarsi o mangiare, agitazione, immagini intrusive senza controllo) che durano fino a 6-8 settimane dopo l’evento. Importante è potersi esprimere, fare attività fisica aerobica, non bere alcol e non prendere ansiolitici… se dopo 6-8 settimane i sintomi non passano, meglio andare da uno specialista. Meglio affrontare queste emozioni perché si rischia di sviluppare, anche anni dopo, la sindrome post traumatica da stress, ossia un’ansia invalidante e reazioni sproporzionate di allerta come se il pericolo fosse imminente. È come se il tempo si azzerasse.

Se un allievo non vuole andare a scuola, cosa può fare un genitore?  Occorre ascoltare ciò che esprime, non lo manderei in classe a tutti i costi, cercherei di contestualizzare i fatti, spiegando ad esempio che ci sono più rischi di incidente d’auto che di strage a scuola. La paura non deve paralizzare, prima si rientra nella routine, meglio è.

Come gestire un caso simile? In modo tempestivo. Aprendo canali telefonici di ascolto, avendo persone presenti da cui andare senza appuntamento. Gli allievi (e tutti quelli coinvolti) hanno bisogno di sentirsi accompagnati.

E chi ha segnalato il compagno e il suo comportamento sospetto?  Ha fatto la cosa più giusta per se stesso, per i compagni, ha reso un gran servizio a tutta la comunità, ma anche al potenziale aggressore, che ha bisogno di cure.

Alla scuola c’è la polizia: securizza o fa l’effetto contrario?  Securizza se gli agenti spiegano in modo chiaro agli allievi perché sono lì. Altrimenti c’è chi può pensare che non sia finita e ci sia ancora pericolo.

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