Ticino

Premi casse malati, alle famiglie restano sempre meno soldi

Carlo Marazza, ex direttore Ias, spiega che l'assicurazione malattia sta mettendo in ginocchio il ceto medio basso. Fallimenti più sorvegliati

Carlo Marazza (foto Ti-Press)
13 aprile 2018
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Carlo Marazza ha lasciato a marzo la direzione dell’Istituto delle assicurazioni sociali che preleva 1,4 miliardi di franchi di contributi sociali, eroga 2,4 miliardi di prestazioni assicurative e sociali l’anno e conta 380 collaboratori. Lo Ias è diventato il centro di competenza ticinese in materia di sicurezza sociale per assicurati, aziende e istituzioni. Avs, invalidità, prestazioni complementari, disoccupazione, assegni familiari, assicurazione malattia, prestazioni cantonali sono stati il pane quotidiano per Marazza che ha lavorato con Berna e con 4 consiglieri di Stato (Bervini, Martinelli, Pesenti, Beltraminelli), definendo obiettivi in materia di sicurezza sociale e garantendo il servizio a migliaia di affiliati che pagano e assicurati che ricevono le prestazioni. Nessuno meglio di lui conosce luci e ombre della sicurezza sociale, una passione maturata sui banchi universitari a Ginevra dove ha studiato diritto. Se l’Avs è ancora in buona salute e necessita degli adeguamenti, per Marazza l’emergenza sono le conseguenze della spesa sanitaria che ha raggiunto 80 miliardi e che «incide sempre più sul reddito disponibile delle famiglie».

Perché l’emergenza sociale numero uno sono i premi di cassa malati? 

Dal 1996 ad oggi sono aumentati del 140% circa. I premi incidono sempre più sul reddito disponibile di una famiglia. Con due figli maggiorenni agli studi, una famiglia paga più di 20mila franchi l’anno come premio standard e meno di 15mila se ottimizzasse al massimo. Il ceto medio basso e non solo necessita dell’aiuto dei Cantoni per pagarli. Una fattura per il Ticino, considerati anche i premi per i beneficiari PC Avs/Ai, da quasi 300 milioni annui. Siamo già in emergenza, i redditi non aumentano o molto meno rispetto ai premi e restano sempre meno soldi disponibili. Fino a quando possiamo continuare così?

Ridurre i costi della salute è un mantra che sentiamo da decenni: quali le soluzioni? 

Ad esempio sono stati ridotti i prezzi sui medicamenti. Sono in atto sforzi importanti, anche in Ticino, per ottimizzare l’offerta. Infatti, non si può intervenire né sull’evoluzione demografica (ossia l’invecchiamento della popolazione e l’ultimo anno di vita è quello più costoso) né sul progresso della medicina, che ci fa vivere meglio. Le necessarie cure di lunga durata pesano sempre di più, al punto che non solo la Lamal bensì anche le prestazioni complementari sono diventate un’assicurazione di cure. Urgono soluzioni federali anche di sicurezza sociale e non solo sanitarie per la funzione di garanzia delle cure (oltre all’opportuna diminuzione dei premi per i giovani adulti che entrerà in vigore nel 2019).

Quanto frenano le lobby della sanità a Berna?

In una tale emergenza non c’è lobby che tenga, bisogna mediare e trovare soluzioni per il finanziamento della Lamal, i Cantoni ci mettono delle pezze ma non si può continuare così.

Aumenta anche il numero di chi non è più coperto, o sbaglio? 

In Ticino sono 3’500 gli assicurati sospesi dalle casse malati che ricevono cure solo in caso d’urgenza. Abbiamo fatto un gran lavoro coi Comuni, che va sostenuto per capire tra i morosi chi abusa della solidarietà altrui e chi è davvero nel bisogno e va aiutato.

La lotta agli abusi ha investito diverse energie del suo team? 

Abbiamo recuperato diversi milioni intervenendo contro gli amministratori di società fallite o su quelle aziende che creano liquidità non pagando gli oneri sociali. S’interviene su diverse società, quando si indebitano in modo sospetto si può fare istanza al pretore, attivare una procedura speciale e chiedere il fallimento.

E di falsi invalidi, ne ha incontrati tanti? 

Sono una minoranza, le segnalazioni sono l’1% dei beneficiari di rendita. Si controlla e ci sono le sanzioni: chi viene preso rischia di perdere la prestazione e deve rimborsare quanto percepito indebitamente. È stato utile poter usare in casi speciali dei detective per sorvegliare assicurati sospettati di abusi: una misura poi sospesa, che il parlamento ha reintrodotto lo scorso mese.

Come sta di salute l’Avs?

Dal 1948, ogni terzo giorno feriale del mese, ogni pensionato riceve l’Avs. In quanti Paesi è così? L’Avs è un simbolo della Svizzera, funziona bene e va difesa a livello istituzionale e politico. I principi e valori dell’assicurazione, della solidarietà, del federalismo, del servizio pubblico la caratterizzano, come pure lo Ias. Principi e valori che ci uniscono agli altri Cantoni. Un patrimonio che fa onore alla Svizzera e va sostenuto.

Vari giovani sono in assistenza: è forse la generazione che rischia di continuare a formarsi, passando da uno stage non pagato all’altro e rischiando di far saltare il sistema? 

Il mondo del lavoro è positivamente più flessibile ma anche più precario (con lavori su chiamata, sottoccupazione e salari bassi). La prassi dello stage senza reddito (lavoro gratuito), in voga in Italia, per ora sembra ancora limitata da noi, dove ci sono però distorsioni del mercato, come il dumping salariale. È più difficile per un giovane formato trovare un lavoro interessante in Ticino rispetto ad altri Cantoni. Infatti sempre più giovani laureati non rientrano in Ticino e ciò rappresenta un rischio per il cantone.

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