Ticino

Morto Soffiantini: il sequestro e i soldi a Roveredo e Chiasso

L'imprenditore bresciano era rimasto prigioniero nel 1997 per otto lunghi mesi ed era stato rilasciato dietro il pagamento di un riscatto di 5 miliardi di lire

La 'Regione' del 29 marzo 2003
12 marzo 2018
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È morto l’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini. Aveva compiuto 83 anni il 6 marzo. Nel 1997 fu vittima di un sequestro e rimase nelle mani di rapitori 237 giorni, dal 17 giugno, quando venne prelevato dalla sua abitazione di Manerbio, fino al 9 febbraio 1998, quando venne liberato ad Inpruneta, in provincia di Firenze dopo il pagamento di un riscatto di 4 milioni di dollari, pari a 5 miliardi di lire dell'epoca. Nel 2003 era rientrato in possesso di gran parte dei cinque miliardi delle vecchie lire pagati come riscatto dai suoi familiari. Si tratta dei circa tre milioni di franchi sequestrati nell’autunno ’98 dal Ministero pubblico ticinese in due banche della Svizzera italiana. Nel marzo di 15 anni fa l’industriale era giunto in Ticino, nello studio bellinzonese del suo patrocinatore legale in Svizzera, l’avvocato Franco Gianoni, per disporre il trasferimento del denaro in Italia.

I tre milioni di franchi recuperati

I tre milioni e rotti, come detto, costituivano il grosso del riscatto versato per il rilascio. Una parte della somma era depositata in un istituto di credito a Chiasso; un’altra in una banca di Roveredo, nei Grigioni. I soldi erano stati individuati dall’allora procuratore generale Luca Marcellini sulla scorta anche di informazioni giunte dall’Italia. Ma i risvolti elvetici del sequestro non si erano esauriti lì. Per riciclaggio finì infatti sotto inchiesta nell’ottobre del ’98 un imprenditore mesolcinese, che trascorse pure una ventina di giorni in detenzione preventiva, in relazione al denaro intercettato e sequestrato nella banca di Roveredo. Nel luglio 1999 l’uomo venne però scagionato con decreto d’abbandono. I conti svizzeri su cui si trovava il denaro erano intestati fra gli altri ad Antonio Carlo Maria Mannironi, penalista sardo di Nuoro, e a Francesco Zizi, allevatore italiano di cavalli. Entrambi sono stati condannati nel 2000 a Roma per riciclaggio.

Gli otto mesi nelle mani dei sequestratori in Toscana

È la sera del 17 giugno 1997 – ricostruisce Wikipedia – quando l'imprenditore tessile Giuseppe Soffiantini, 62 anni, viene prelevato a forza dalla sua casa di Manerbio da una banda capeggiata da Mario Moro, ex pastore nativo di Ovodda da tempo residente a Ginestreto (fraz. di Sogliano al Rubicone), e da due rapinatori pregiudicati: Giorgio Sergio e Osvaldo Broccoli, ambedue di Cesena. I qiali, dopo aver legato e imbavagliato la collaboratrice domestica e la moglie, Adele Mosconi, e rinchiuse in una cantina, caricano a forza Soffiantini su un'auto Fiat Croma guidata da Agostino Mastio, originario di Galtellì ma trasferitosi a Perugia. Il rapimento era stato architettato da Mario Moro con la collaborazione di un altro basista, Pietro Raimondi, di Manerbio, conosciuto in prigione. Dopo il prelievo, i banditi consegnano l'ostaggio ad Attilio Cubeddu e Giovanni Farina che lo rinchiudono in diversi covi tra le montagne appenniniche della Calvana e le campagne fra Grosseto e Siena. Solo dopo un tentativo di fuga, molteplici problemi di salute, la morte dell'ispettore dei Nocs Samuele Donatoni in un fallito colpo di mano contro i rapitori a Riofreddo e il taglio della cartilagine di entrambe le orecchie (una delle quali venne recapitata con una lettera negli studi del TG5. La sera stessa la missiva fu letta in diretta da Enrico Mentana), i sequestratori rilasciano Soffiantini previo pagamento di un riscatto.

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