Ticino

Rimborsopoli, vie e procedure da seguire

Consiglieri di Stato e cancelliere possono essere chiamati a restituire le indennità illecite

6 marzo 2018
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Quali sono le vie e le procedure da seguire per chiedere l’eventuale restituzione di versamenti privi di base legale? Di più: ci sono leggi che prevedono e regolano questa possibilità? A chiederlo ai giuristi del Gran Consiglio è stata la Sottocommissione delle finanze, incaricata di far luce, per quanto concerne eventuali questioni amministrative, sullo spinoso tema dei rimborsi ai consiglieri di Stato e al cancelliere. Per Gionata Buzzini e Tiziano Veronelli, rispettivamente segretario generale e consulente giuridico del Gran Consiglio, sì (cfr. ‘laRegione’ del 3 marzo). Al cancelliere si possono chiedere indietro rimborsi versati illecitamente. È scritto nell’articolo 39 della Legge sugli stipendi degli impiegati dello Stato e dei docenti (LStip) che, nel suo primo capoverso, recita: ‘‘Nel caso in cui un dipendente abbia beneficiato di compensi salariali oppure indennità ai quali non aveva diritto, tale importo in eccesso deve essere reso al datore di lavoro’’. Un articolo inserito nel 2016 in occasione della revisione totale della LStip, con il Consiglio di Stato che addirittura precisò come così facendo si stesse codificando in legge ‘‘una prassi consolidata’’. Una prassi che, si ricorda nel rapporto richiamando all’art. 62 del Codice delle obbligazioni, ‘‘presumibilmente era basata sul concetto dell’indebito arricchimento’’. Ed è proprio per questo che quanto previsto dall’articolo 39 della LStip ‘‘è, di per sé, sufficiente a fondare l’obbligo del dipendente di restituire allo Stato quelle indennità prive della necessaria base legale, giacché si tratterebbe in tal caso di prestazioni alle quali il dipendente ‘non aveva diritto’’’. Tutto questo discorso si applica ‘‘indiscutibilmente’’ anche alla figura del cancelliere, essendo un dipendente dello Stato. E, secondo la legge, ‘‘spetterebbe, se del caso al Consiglio di Stato, quale autorità di nomina del cancelliere, esigere da quest’ultimo l’eventuale rimborso di prestazioni cui egli non aveva diritto’’.

Sì, ma i tempi? C’è un termine entro il quale non è più possibile chiedere la restituzione di quanto indebitamente ricevuto – in questo caso – sotto forma di benefit? A regolamentare la questione per il Consiglio di Stato è la Legge sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici. L’articolo 27, rilevano Buzzini e Veronelli nello scritto inviato alla Sottocommissione finanze, prevede che ‘‘la pretesa di risarcimento dell’ente pubblico contro l’agente pubblico (un consigliere di Stato ad esempio, ndr) si prescrive in un anno’’ a partire da quando chi ha l’autorità di pretendere tale risarcimento viene a conoscenza del fatto. In ogni caso, si può agire solo ‘‘entro 10 anni’’ rispetto a quando l’atto viene compiuto. Concretamente: il tempo andrebbe contato – sempre rimanendo sul tema dei rimborsi – ‘‘quantomeno per il forfait riguardante le spese telefoniche (300 franchi mensili), dal giorno in cui l’Ufficio presidenziale ha preso conoscenza, attraverso le due note a protocollo (44/2011 e 103/2016) pubblicate ufficialmente dal Consiglio di Stato sul proprio portale web, del danno e del suo autore’’. Per il cancelliere, il quale ricordiamo sottostà alla LStip, il termine di prescrizione è più ampio: 5 anni dalla ‘‘presa di conoscenza dell’esistenza di compensi non dovuti’’. Semplificando, per lui e i consiglieri di Stato passati e presenti, poche settimane fa. Era infatti il primo febbraio quando il Movimento per il socialismo ha denunciato l’esistenza della ormai famosa nota a protocollo 44/2011, quella mai passata dall’Ufficio presidenziale e che conteneva le spese telefoniche e i due salari extra più il dono fino a 10’000 franchi alla fine del mandato. 

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