Cantone

Fiorenzo Dadò: ‘Affronteremo il problema che sappiamo’

Il presidente del Ppd, martedì sera al Comitato cantonale del partito, ha evitato riferimenti diretti al caso ‘Argo 1’ cercando invece di galvanizzare la base

31 gennaio 2018
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Uno sguardo, critico, al passato e un altro, pieno di promesse, al futuro. Che è dopodomani, le elezioni cantonali 2019. Il presente, si potrebbe dire con una battuta, in casa popolare democratica non esiste. O perlomeno non è degno di nota per l’Ufficio presidenziale, se non per allusioni. Quel presente – la vicenda che gira attorno ad ‘Argo 1’, il mandato pubblico fantasma che ancora oggi, a distanza di oltre tre anni, non si spiega – se c’è, aleggia soltanto. Non atterra. Non ci pensa apparentemente Fiorenzo Dadò, presidente cantonale del Ppd, tirato in causa nell’affaire per una cena a Bormio, a lui offerta dal responsabile di ‘Argo 1’; lo stesso uomo che s’è visto assegnare un mandato d’oltre 3 milioni da Paolo Beltraminelli, direttore del Dss, senza il consenso del governo. Presidente e ‘ministro’ popolari democratici che ieri sera a Breganzona si sono presentati alla tribuna del Comitato cantonale – c’erano almeno 150 delegati – senza nulla dire sul presente, appunto, sulla vicenda che li coinvolge e riguarda, direttamente, l’intero partito. Ma così doveva andare e così è andata. Dopo mesi che la “base” non tornava a confrontarsi con il vertice, Dadò ha parlato una ventina di minuti iniziando con il dire che «ho incontrato diversi problemi non sempre semplici sulla strada» in questo primo anno al vertice del partito. Problemi anche ereditati perché, ha aggiunto, mi sono ritrovato in mano «un partito malconcio». Si trattava dunque di cambiare rotta e così è stato «con costanza e obiettività per un progetto serio, concreto e di speranza».
Si è iniziato col riorganizzare il settimanale ‘Popolo e Libertà’, scongiurando il fallimento della gloriosa testata “azzurra” che si è trasformata in mensile a giorni nelle case. Insomma, c’è stato – è sempre Dadò che parla – «un cambio decisivo di marcia per la comunicazione». È stata poi coinvolta la base girando per il cantone e da tempo sono attivi alcuni gruppi di lavoro che stanno riflettendo sul programma elettorale. E il problemino legato ad Argo 1? «Il Ppd c’è e non ha intenzione di lasciarsi sopraffare dalle polemiche» è la risposta indiretta del presidente. E chi vuol capire, capisca. Insomma, si tira dritto. Prova ne sia che già c’è un piano per le elezioni 2019 con l’obiettivo di confermare i 17 seggi in Gran Consiglio e quello in Consiglio di Stato. Poi, oddio, «la strada è in salita per diversi motivi» aggiunge il presidente. Già. Magari per uno in particolare e il rischio, lo ammette lo stesso Dadò, è scendere sotto il 20 per cento che vuol dire fuori dal governo. Va male, comunque, anche perché «pesano alcune posizioni del nostro partito prese negli anni». Torna il passato. «Non era facile... e oggi lo è meno». Si può capirlo... «Serve un clima costruttivo e la Direttiva è il primo luogo di confronto». Anche perché avviene a porte chiuse, aggiungiamo noi, al riparo dagli sguardi e dalle orecchie dei media (che Dadò ieri sera, va detto, non ha tirato in ballo come invece è capitato lo scorso dicembre). I prossimi passaggi? Ci sarà un mini sondaggio – così l’ha definito il presidente – fra la base per capire che aria tira. Magari sui temi da affrontare, ma non è detto che ci “scappino” anche alcune domande generali. In primavera intanto verrà costituita la “Commissione cerca” per i candidati 2019 che saranno definitivi in autunno. E verranno scelti «con calma». Tutto sarà fatto contro «i tentativi di dividerci» e alla fine Dadò butta lì una frasetta sibillina: «Affronteremo il problema che sappiamo...». Scatta l’applauso finale, timido. Nessuno interviene, si passa alla riforma socio-fiscale (forse al voto a fine aprile, Beltraminelli dixit). Fine del primo tempo.

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