Ticino

La Rainbow chiese spiegazioni

Argo 1 scelta per il prezzo. Ma nel 2015 i dubbi sulla serietà della ditta furono sottoposti a Beltraminelli

30 gennaio 2018
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Stamattina la Cpi, la Commissione parlamentare di inchiesta sul caso Argo 1, riceverà il rapporto che l’avvocato ed ex procuratore pubblico Marco Bertoli ha consegnato mercoledì al Consiglio di Stato. A illustrarlo ai deputati/inquirenti dovrebbe essere lo stesso perito, al quale lo scorso ottobre il governo si è affidato per cercare di sciogliere dal profilo amministrativo alcuni nodi dell’incarico diretto attribuito nel 2014 dal Dipartimento sanità e socialità all’agenzia Argo 1 per la sorveglianza di centri d’accoglienza per richiedenti l’asilo. Un mandato, rinnovato negli anni (fino ai primi del 2017) senza risoluzione governativa, ovvero senza l’ok del Consiglio di Stato e costato complessivamente 3,4 milioni di franchi. Situazione d’emergenza sul fronte dell’alloggio per rifugiati, prezzi inferiori, competenze...: queste le principali motivazioni ufficialmente addotte dal Dss nel tentativo di spiegare come mai a un certo punto è passato dalla Rainbow alla Argo 1. Motivazioni ritenute dal già magistrato Bertoli non tali da giustificare il cambiamento di agenzia, non sufficientemente plausibili da giustificare il mandato alla Argo 1.

Stando a nostre informazioni, Rainbow avrebbe chiesto a un certo punto agli allora vertici della Dasf, la Divisione dell’azione sociale e delle famiglie del Dss, le ragioni del mancato rinnovo del mandato. Non era in discussione la qualità del servizio reso fino a quel momento: nella risposta, lapidaria, giunta all’agenzia di sorveglianza si sarebbe fatto riferimento esclusivamente al costo. Con la Argo 1 lo Stato ci avrebbe risparmiato. Nel 2015 vi fu un incontro con il titolare del Dss Paolo Beltraminelli, in occasione del quale la Rainbow manifestò delle perplessità sulla scelta di Argo 1: il ministro non vi diede seguito, probabilmente ritenendoli dubbi espressi dalla controparte.

C’è poi la questione della risoluzione governativa. Secondo la perizia, sembra poco credibile che i funzionari che avevano gestito direttamente l’incarico alla Argo 1 non fossero consapevoli della mancanza del via libera del Consiglio di Stato. Un punto sul quale le dichiarazioni rese nella primavera del 2017 davanti alla sottocommissione Vigilanza della Gestione da Claudio Blotti e Renato Scheurer, all’epoca dei fatti rispettivamente direttore della Dasf e capo dell’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento, sono state di segno opposto. Blotti ha sostenuto che non ci si era mai accorti di nulla. Scheurer ha asserito il contrario e cioè che, perlomeno dal 2015, si era coscienti dell’assenza della risoluzione governativa, necessaria a legittimare quel mandato. Dopo l’audizione di Beltraminelli, Scheurer ha cambiato versione. Sta di fatto però che il mandato originale alla Rainbow fu assegnato con risoluzione governativa, dopo una scrupolosa verifica delle credenziali. Come mai con la Argo 1 questo non è avvenuto? E l’assenza dell’ok del Consiglio di Stato riguardava solo l’incarico per la sorveglianza oppure anche i mandati per la preparazione e la fornitura dei pasti e per il servizio di lavanderia?

Una volta sentito il perito e letto il suo rapporto, la Cpi deciderà come procedere. Sarà lei a rispondere al quesito di fondo: perché si scelse la Argo 1? Restano poi da chiarire le circostanze per cui a un certo punto Scheurer corregge il tiro sulla risoluzione governativa, cosa che avviene alcuni giorni dopo l’audizione (ai primi di giugno del 2017) di Beltraminelli in Vigilanza, dove fra l’altro il ministro viene messo al corrente delle versioni discordanti di Blotti e dello stesso Scheurer. In quell’audizione Beltraminelli ha affermato fra l’altro che in governo ai tempi non giunse alcuna segnalazione da nessun Dipartimento sul mandato Argo 1.

Alla Cpi insomma il lavoro non mancherà davvero.

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