Cantone

Franco Zambelloni: ‘La fragilità della politica’

Intervista sulla responsabilità e il senso del dovere verso valori e leggi. Il filosofo: oggi si rincorrono solo i diritti

29 gennaio 2018
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Responsabilità. Gran bella parola, ricca di sostanza e di suono imponente. Lunga eppur musicale, che sgorga dalla gola senza incepparsi. In gola. Poi magari resta lì e non trova seguito, soprattutto là dove dovrebbe trovarlo per diritto e dovere, nella politica. «Guardi, già Alexis de Tocqueville aveva capito tutto a questo proposito. Si fa un gran parlare di democrazia, ma ogni individuo corre da solo» ci dice Franco Zambelloni, uomo di scuola e di filosofia, che tante ne ha viste anche fra i banchi in non pochi anni d’insegnamento nei licei ticinesi. Lo abbiamo chiamato per chiedere a lui, che non a caso cita il saggista francese – morto nel 1859 – innamorato dell’allora giovane democrazia americana. Non a caso.

Professore, recentemente in Gran Consiglio s’è detto, sapendo di andare contro il diritto superiore: “Noi decidiamo, poi la giustizia
deciderà se abbiamo o no ragione”. E la responsabilità degli eletti?
La questione si pose già con le prime riflessioni sulla democrazia, con Tocqueville appunto e, nel primo Novecento con Ortega. Vedendo come andavano le cose in America, dove c’era una democrazia giovane, Tocqueville annotava una tendenza all’individualismo, allo sfascio progressivo della comunità.
E vede, per avere responsabilità il senso di appartenenza a una comunità è fondamentale. Noi siamo in una società liquida, come da tempo si dice, e il senso della comunità si va sempre più indebolendo.

Non è anche perché questa comunità, la nostra in particolare di frontiera, si sente più fragile rispetto al passato? Nel pesare sulle scelte, in particolare.
Sì, certo. Che ci sia un senso di fragilità circolante è indubbio. Però secondo me c’è un altro fattore che pesa. Nel nostro tempo si parla sempre di diritti e mai di doveri. Il cittadino d’oggi somiglia al cittadino viziato di cui parlava Ortega. Pensa solo ai diritti. In quanto ai doveri si dice “ma sì ci saranno anche, però... ”. Per la mia generazione, quando si veniva educati era chiaro che c’erano diritti ma ogni diritto era anche un dovere. Io non voglio che tu mi offenda, ma anche tu, a tua volta, hai diritto che io non ti offenda. Questa idea che il diritto ha sempre, come altra parte del volto, il dovere, è un’idea che a mio avviso si sta perdendo. Esaurendo.

Cosa è successo? Come mai capita?
Proprio perché, a ben vedere, all’uomo politico si chiede sempre di risolvere i problemi, di semplificare la vita e null’altro, perché questo basta.

Non così una volta...
Direi proprio di no. Una volta ci si rimboccava le maniche e si diceva “beh, se vuoi cavartela datti anche tu una mossa”.

Ricordiamo la frase di John Kennedy: non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese...
Certo. Però credo sia stata l’ultima volta che un uomo politico abbia detto così.... Anche questo riduce drasticamente il senso di responsabilità. Ho visto casi di ragazzi, avuti anche per allievi, che ragionavano più o meno così: perché cercare un lavoro, per qualche mese, se poi tanto posso andare in assistenza? È una mentalità che a poco a poco dilaga, si allarga, coinvolge sempre più.

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