Ticino

Ppd, il mese più lungo

Convocato il ‘parlamentino’ per la fine del mese. 'Estremamente necessario creare le condizioni per un chiarimento interno'

Foto Ti-Press
11 gennaio 2018
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Una ventina di giorni. L’ultimatum se l’è dato lo stesso Ufficio presidenziale fissando la data del Comitato cantonale del partito che si terrà, appunto, il prossimo 30 gennaio al Liceo diocesano in Breganzona. Entro questa data è “estremamente necessario creare le condizioni per un chiarimento interno”. In caso contrario, la situazione potrebbe precipitare con conseguenze incalcolabili per la causa “azzurra”. Questa è l’aria che tira, non solo fra i “semplici” militanti.

Sono mesi che non si discute più davvero nel Ppd, sulla gestione del partito. L’ultimo “parlamentino” risale al 6 settembre dello scorso anno ed era stato quasi interamente dedicato alla votazione popolare sull’introduzione della civica nelle scuole. Tema nobile e importante – i delegati in quell’occasione avevano persino smentito il proprio gruppo parlamentare sostenendo il no, salvo poi perdere al referendum – ma decisamente lontano dai tuoni e fulmini piovuti sul partito con il caso ‘Argo 1’ già scoppiato in primavera e lì da esplodere – dieci giorni dopo, il 16 settembre – con le rivelazioni giornalistiche della Rsi sulla cena consumata a Bormio (Italia) da Fiorenzo Dadò e la sua compagna, pagata dal responsabile della società di sicurezza. Da allora, il vertice del partito si è difeso e protetto senza più convocare il Comitato cantonale, generando un disagio sempre più crescente vuoi per le novità su ‘Argo 1’, uscite a pizzichi e mozzichi, vuoi per la reazione del presidente cantonale che prima di Natale ha raggiunto tutte le case ticinesi con un volantino patinato dove si attaccavano i “nemici” senza portare nuovi argomenti.

Non contento, Fiorenzo Dadò ha poi coinvolto l’Ufficio presidenziale che ha reagito veemente sul foglio di partito, ‘Popolo e Libertà’. Sempre senza avvertire la necessità di un chiarimento interno al Ppd. Bene sarebbe stato, annota qualcuno, convocare un Comitato cantonale straordinario, magari a porte chiuse – come già capitato in un recente passato, dopo le dimissioni di Giovanni Jelmini – per dirsi quello che si vuol dire, senza remore di sorta. Perché d’accordo la “cattiva stampa”, ma parlarne a più occhi, fra pareti sicure e insonorizzate, avrebbe perlomeno sgombrato il campo dagli equivoci e dalle insinuazioni. Così non è stato, la dirigenza ha tirato dritto e ora convoca il “parlamentino” solo per discutere sulle prossime votazioni cantonali e federali del 4 marzo... All’ordine del giorno figura solo un iniziale e vago “Intervento dell’Ufficio Presidenziale”. Se gli animi già erano agitati, alla lettura della convocazione per l’appuntamento del prossimo 30 gennaio si sono a dir poco infiammati ed è partito il tam-tam. Nessuno, in casa Ppd, ha evidentemente l’interesse d’incendiare la casa, di fare un salto nel vuoto, a poco più di un anno dalle elezioni cantonali (se l’ultima volta abbiamo perso un seggio, questa volta ne perdiamo cinque, è il commento più frequente fra i popolari democratici), ma certo il “chiarimento interno” non è più rinviabile. Tradotto fuori dal politichese, il segnale giunto in questi giorni all’Ufficio presidenziale è il seguente: datevi da fare, create le condizioni per discutere francamente (in Direttiva?) sul futuro e fatelo prima del 30 gennaio, in caso contrario il confronto si terrà comunque ma davanti ai giornalisti, pubblicamente, perché non si può certo pretendere di uscire dal Liceo diocesano di Breganzona facendo finta che in questi mesi non sia successo niente. Questo è il messaggio recapitato a Fiorenzo Dadò che questa volta non può prendersela col “fuoco nemico” perché i colpi sono tutti “azzurri”.

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