Mendrisiotto

Mendrisiotto: medici in prima linea e a rischio contagio

Il presidente del Circolo di Mendrisio Silvio Crestani ci racconta la quotidianità dei camici bianchi e dei loro pazienti

'Il nostro lavoro è totalmente cambiato' (Ti-Press)
1 aprile 2020
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Da settimane ormai sono in prima linea. E stavolta non è una 'fiction'. A dare battaglia al Covid-19 oggi nel Mendrisiotto (come nel resto del cantone) ci sono anche loro, i medici di base. Accanto ai colleghi e agli operatori sanitari impegnati sul fronte ospedaliero cercano di prendersi cura dei loro pazienti, spaventati da una emergenza che ha colto tanti (se non tutti) di sorpresa. La Cina sembrava tanto lontana, invece. Ad atterrire sono soprattutto i numeri che, giorno dopo giorno, scandiscono una quotidianità dolorosa. Anche il Distretto sin qui ha pagato un prezzo alto al coronavirus, in contagiati e vittime. E questo fin dalla scoperta dell'esistenza di un focolaio chiassese.

Tra i contagiati anche dei camici bianchi

Fra chi è risultato positivo al tampone ci sono pure dei camici bianchi: i dottori di famiglia, quanto mai a stretto contatto con i malati. Nella regione sono più d'uno. «Non siamo i soli ad avere registrato dei casi, però. So che è successo pure nelle valli superiori», conferma a 'laRegione' il dottor Silvio Crestani, presidente del Circolo medico di Mendrisio. Di dati ufficiali per ora non ve ne sono, la conta dei sanitari colpiti dal virus è fra le pieghe delle cifre dei bollettini. «A livello cantonale si preferisce non fornire questi dettagli, anche se sarebbe interessante e utile per noi - ci dice il medico, raggiunto nel suo ambulatorio di Stabio - avere, ad esempio, il quadro della situazione regione per regione». Tracciare una mappatura dei contagi, ci fa capire, aiuterebbe.

Medici... digitali e pazienti impauriti

L'osservatorio dei medici di base del Mendrisiotto quale scenario restituisce? «Ci mostra come il nostro lavoro sia totalmente cambiato - ci fa notare Crestani -. In questo periodo, infatti, ci è venuta in soccorso la tecnologia. Tendiamo, in altre parole, a tenere i contatti con i nostri pazienti per via telematica, telefonica o tramite posta elettronica, ma ci serviamo pure del canale whatsapp. Tutto pur di evitare di far muovere le persone, in particolare se hanno più di 65 anni o se sono affetti da patologie che li rendono vulnerabili».

Come stanno reagendo, però, i pazienti, alle prese con un 'nemico' di cui si conosce poco e una vita in clausura? «La percezione chiara è che c'è tanta paura. Taluni sono addirittura terrorizzati - ci risponde il dottor Crestani -. A fronte del 30-40 per cento delle chiamate mirate a saperne di più su sintomi simil influenzali e a informarsi sul Covid-19, la maggior parte delle telefonate, soprattutto fra le persone anziane, testimonia di una evidente necessità di essere tranquillizzati. Ecco che buona del nostro tempo lo impieghiamo, quindi, in questa opera di rassicurazione, oltre cha a spiegare, certo, i termini dettati da quarantena e isolamento, in particolare in presenza di sintomi».

I timori si materializzano pure nelle nuove abitudini sociali. «Non di rado - racconta ancora il presidente del Circolo - alcuni pazienti, costretti a venire in studio per degli esami, pur se in buone condizioni di salute si presentano bardati da cima a fondo, con mascherina e guanti, che faticano a sfilarsi, anche per fare un prelievo. Altri, prima di rientrare a casa disinfettano tutto». Si vive, insomma, in perenne stato di ansia.

Tamponi, 'scarseggiano i reagenti'

D'altro canto, la sensazione, ci mette a parte il medico, è che «molti casi, con pochi sintomi o asintomatici, restino sommersi. Infatti, parecchi pazienti ci chiedono di poter fare il tampone. E anche questo è espressione della paura». Le disposizioni cantonali e federali, però, limitano le analisi e danno la priorità al personale sanitario e delle case per anziani, a farmacisti e impiegati dei laboratori. Gli stessi 'checkpoint' ci richiamano, a volte. Dunque, non è facile spiegare quali sono le regole e qualcuno ci prende anche a male parole. Insomma, è un problema anche far passare il messaggio», confida il dottor Crestani. Anche volendo estendere il controllo sulla popolazione, d'altra parte, non sarebbe possibile adesso garantire a tutti lo striscio. «In effetti - fa capire il presidente del Circolo di Mendrisio -, i reagenti iniziano a scarseggiare».

Camici fai da te

C'è poi un altro aspetto sensibile nella quotidianità dei medici di base: gli strumenti di protezione nel contatto con i pazienti. «Qui ci siamo trovati confrontati con un'altra difficoltà - ammette il dottor Crestani -. Per le mascherine ci è venuto in aiuto l'Ordine dei medici e anche per quanto riguarda i guanti non ci sono problemi. A mancare sono stati, piuttosto, i grembiuli monouso. E a quel punto abbiamo dovuto ingegnarci, inventandoci delle soluzioni alternative, in particolare per effettuare i tamponi in tutta sicurezza. Nel mio caso, ho rimesso in funzione dei vecchi camici di stoffa; che utilizzo una sola volta e con tutte le precauzioni necessarie vengono poi lavati. Ora qualcosa sta arrivando di rinforzo».

Vista a ritroso, si sarebbe aspettato una tale evoluzione del virus? «Con il senno di poi, finché l'infezione era confinata alla Cina, non immaginavo potesse espandersi in un tale modo - annota Crestani -. Una volta raggiunta la Lombardia, però, come medici di base ci siamo allineati sulle posizioni del presidente dell'Ordine Franco Denti, a favore di una chiusura totale. Anche se siamo rimasti inascoltati. Anzi, ci hanno dato dei catastrofisti. Così, purtroppo, abbiamo cumulato due settimane di ritardo. Spiace anche pensando agli sviluppi Oltralpe».

'Come la vedo? In chiaroscuro'

Il presente non ci lascia altra scelta. Guardando al futuro, quale orizzonte vede? «Non sono del tutto pessimista - ammette il medico -. Lo vedo grigio, pensando alla situazione generale, ma più roseo per il Ticino.La popolazione, infatti, ha reagito bene, in particolare dopo il 19 marzo. Quello è stato il momento di svolta, con il 'lockdown'. Resta da vedere, invece, come evolverà Oltregottardo, dove fino a qualche giorno fa circolavano ancora diverse persone nei luoghi di svago. Eppoi confidiamo nella ricerca di terapie efficaci: le premesse appaiono promettenti». Sino ad allora, però, bisogna restare a casa.

 

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