STABIO

Un diverbio per la siepe. E finisce con la ricusa

Condanna definitiva (per ingiuria) per la municipale di 'Stabio C'è'. Che rinuncia al confronto in aula con un imprenditore. Lui la spunta anche in Cantone

Stabio, Comune sanguigno (Ti-Press)
19 giugno 2019
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Era già tutto deciso. Anzi, era stata anche fissata la data dell’udienza in Pretura penale, a Bellinzona. Annunciata battaglia, ieri mattina la municipale di Stabio Liliana Della Casa si sarebbe presentata davanti al giudice per difendersi dall’accusa (contestata) di ingiuria. Tutta colpa di una siepe troppo rigogliosa, di un taglio d’imperio ordinato dal proprietario confinante e di una ruggine ormai datata con un imprenditore locale, Giordano Cadei (cfr. ‘laRegione’ del 12 gennaio 2018). Sta di fatto che in un inizio di dicembre (era il 2017) c’era scappato un “… idiota…”; e a giro di posta era partita la querela, destinataria proprio la rappresentante di ‘Stabio C’è’ nell’esecutivo. Per finire, però, il confronto in aula non c’è stato. Dopo aver impugnato il decreto d’accusa (a firmarlo nel gennaio 2018 l’allora procuratore generale John Noseda), facendo leva su un possibile errato accertamento dei fatti – lei negava di aver proferito un insulto –, una settimana fa circa la municipale ha ritirato l’opposizione. Decisione che, di fatto, rende esecutiva la condanna: una pena pecuniaria di 5 aliquote giornaliere da 230 franchi l’una (detta altrimenti 1’150 franchi), sospesa per due anni. Archiviata (sul piano giuridico) la vertenza, l’impressione è che sulla querelle (dal sapore pure politico) non si sia scritta ancora la parola fine. Non a caso la municipale in quella storia di arbusti si era sentita «provocata», come aveva dichiarato a ‘laRegione’, leggendo fra le righe la volontà di «distruggere la mia carriera politica». E approdare di fronte al pretore, di sicuro, avrebbe fornito più di un argomento.

‘Si valuterà caso per caso’

Certo, a pesare oggi resta un decreto del Ministero pubblico, ma non solo. L’imprenditore ha, pure lui, portato alle istanze superiori una richiesta di ricusa (‘archiviata’ dall’autorità locale); e il Consiglio di Stato il marzo scorso gli ha dato ragione. Un verdetto che, di botto, ha trasformato una faccenda privata – anche se al centro di una denuncia – in un ‘affaire’ pubblico. Insomma, quando sul tavolo dell’esecutivo arriverà un incarto che evoca Giordano Cadei, ci si dovrà ragionare su: non ci si potrà più permettere di sorvolare sulle implicazioni del caso. Nodo gordiano, la carica rivestita dall’esponente di ‘Stabio C’è’, capodicastero Edilizia pubblica e privata, pianificazione e strade.

«Viste le ultime decisioni – ci confermano dal Palazzo civico –, il Municipio dovrà valutare caso per caso le richieste o le domande di costruzione che fanno riferimento all’imprenditore». Del resto, la Loc, la Legge organica comunale, parla chiaro e vale per tutti (i municipali). E allo stesso modo è limpido l’articolo 50 della Legge sulla procedura amministrativa (LPAmm) sui motivi di una ricusa. Se le persone “possono avere una prevenzione nella causa, segnatamente in seguito a rapporti di stretta amicizia o di personale inimicizia con una parte o con il suo patrocinatore” devono lasciare la sala prima che la decisione in merito venga presa. Difficile negare che tra la municipale e l’imprenditore non vi sia dell’astio (sfociato, come riferisce lo stesso Cantone, in una procedura penale). Così, il governo ha riconsegnato gli atti all’esecutivo, affinché, preso atto degli ultimi accadimenti (anche sul fronte penale) e dei dossier pendenti, riconsideri il tutto, “valutando – ribadisce il Consiglio di Stato – caso per caso secondo le indicazioni dottrinali e giurisprudenziali” l’applicazione delle norme e, in particolare, del fatidico (è il caso di dire) articolo 50 della LPAmm.

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