Mendrisiotto

Fatti 'umanamente imperdonabili, ma non voleva ucciderli'

La difesa della 38enne – accusata d'aver tentato di uccidere marito e due dei quattro figli – si è battuta per una pena considerevolmente ridotta

20 dicembre 2018
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La madre «ha commesso dei fatti umanamente imperdonabili ed è la stessa madre, in primis, a non poterseli perdonare». Durante l'arringa si è espresso così, questa mattina, l'avvocato Pascal Cattaneo, patrocinatore della madre 38enne alla sbarra per aver, in centinaia di occasioni, maltrattato violentemente i propri figli. Violenze tali, perpetrate nell'abitazione di Chiasso, da arrivare a ipotizzare nei sui confronti il reato di tentato omicidio intenzionale (in alternativa ripetute lesioni gravi o, ancora, esposizione a pericolo della vita altrui). Azioni, le sue, per la quale ieri durante la requisitoria – davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio presieduta dal giudice Mauro Ermani – la procuratrice pubblica Valentina Tuoni ha chiesto che vengano scontati 9 anni di detenzione (più l'espulsione dalla Svizzera per 10 anni). Secondo la difesa, però, la donna non ha tentato di uccidere il marito (brandendo un coltello puntandoglielo al collo, ferendolo) e i due figli (il più grande e il più piccolo). «Lei sapeva che quanto faceva non era giusto, che avrebbe causato del dolore ai propri figli». Ma, si è chiesto il legale, «era altrettanto in grado di comprendere che questo suo agire avrebbe potuto comportare la morte dei figli?». A mente della difesa la risposta è «no». Per Cattaneo, citando i rapporti di periti psichiatrici, ha affermato che «la signora non è un mostro, una madre snaturata; bensì una persona, una madre, una moglie che non ha saputo, e non lo poteva fare, affrontare la situazione con mezzi adeguati». Il riferimento è al suo vissuto, alla scemata responsabilità di grado medio, al livello intellettuale che rientra nel grado di ritardo mentale lieve: condizione catapultata in una «situazione di iperstress». Da qui, dunque la richiesta di proscioglimento dall'accusa di tentato omicidio intenzionale e una «pena considerevolmente ridotta e contenuta in al massimo 4 anni».

Il marito diserta l'aula

Davanti alla Corte, questa mattina, doveva esserci anche il marito, accusato di ripetuto abbandono (nei confronti dei figli), di ripetuta coazione, di vie di fatto e di violazione del dovere di assistenza o educazione. Doveva, perché, in realtà, non si è visto per cui si è proceduto in contumacia. Decine e decine di casi di violenza nei confronti della moglie pendono a suo carico, rimproverandogli inoltre di non aver fatto abbastanza per proteggere i propri figli in balia della madre. L'uomo, ha sottolineato l'avvocato Stefano Camponovo, aveva un «sentimento di dipendenza affettiva» nei confronti della donna: «una sorta di sottomissione anche fisica». Quattro gli anni richiesti dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni. La difesa si è invece battuta per una pena «contenuta in due anni, sospesi per un periodo di prova di cinque». 

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