Mendrisiotto

Delitto di Stabio: 'Volevo solo farla stare zitta'

Michele Egli durante l'udienza per l'uccisione della cognata: 'Urlava come mai aveva fatto. L'ho colpita con una bottiglia per farla tacere. Poi ho usato la sciarpa'

Prima dell'apertura del dibattimento (Ti-Press)
15 maggio 2018
|

Michele Egli, alla sbarra per l’uccisione della cognata Nadia Arcudi il 14 ottobre 2016 a Stabio, ha raccontato i tragici minuti che hanno portato all’uccisione della maestra. Dopo averla raggiunta nella sua abitazione di Stabio per consegnarle il 'buono' per il concerto dei Coldplay – 'buono' che è rimasto nel suo zaino –, la situazione è presto degenerata. «Le ho chiesto come stava e mi ha risposto che non stava bene per la questione delle perizia della villetta – ha ricordato l'imputato –. Si è messa a urlare. Non riuscivo a replicare, ero come pietrificato e non riuscivo a muovermi o parlare».

Quel giorno, ha fatto notare il giudice Amos Pagnamenta, Nadia era convinta di ricevere i biglietti per il concerto, perché si è comportata in modo così aggressivo? «Non me lo so spiegare. Mi potevo immaginare che avremmo parlato della perizia, con me non aveva mai urlato in quel modo». Le intenzioni di Egli erano quelle di consegnarle il 'buono', nonostante l'annullamento della cena in famiglia. «Come prima cosa volevo vederla perché ci tenevo sempre. E visto che la cena era stata spostata, mi sentivo in colpa e dandole il 'buono' speravo di rimediare».

'Colpita con una bottiglia'

Nel momento in cui Nadia Arcudi si è voltata verso la scrivania, Egli ha cercato un oggetto. «Non volevo più sentire quelle urla. È stato un attimo, non ho realizzato che in quel momento aveva smesso». La vittima è stata colpita alla nuca con una bottiglia che l’imputato aveva nello zaino. Fatto che durante l’inchiesta non ha ammesso da subito. «Mi vergognavo di avere quella bottiglia nello zaino del lavoro: non avevo bevuto una birra ma volevo usarla per autoerotismo».

Stordita dopo il colpo ricevuto – «non mi sembrava di averla colpita troppo forte, mi sono stupito che la bottiglia si sia rotta» – Nadia Arcudi ha raggiunto il letto. «Continuavo a pensare che doveva smettere di urlare». Egli si è così «tolto la sciarpa che indossavo e gliel’ho messo messa attorno al collo e alla bocca: volevo solo farla stare zitta, ma non ho mai pensato di strangolarla». Un’azione durata almeno un paio di minuti e terminata solo quando Nadia ha smesso di muoversi.

Non riuscendo a sollevare il corpo senza vita della cognata, Egli ha spostato l’auto nel garage, ha preso una fascetta per legare i polsi della vittima, ha messo il corpo in due sacchi della spazzatura e lo ha trasportato a Rodero. «Vicino a Stabio non ho trovato punti adatti e ho pensato che se il corpo fosse stato trovato in Italia sarebbe stato più complicato risalire alla vittima. Quella sera ho commesso molti errori banali».

Egli ha poi raggiunto la moglie e la suocera al ristorante. «Non avevo molto appetito: per strada mi sono fermato a vomitare nel bosco e anche a cena non stavo bene». La notte l’ha invece trascorsa in modo tranquillo. «È come se avessi avuto un blocco mentale: mi sono sfogato solo lunedì quando ero in Sicilia (per il funerale di un parente, ndr) e ho ricevuto la telefonata che mi annunciava il ritrovamento del corpo».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔