Mendrisiotto

Una morte, tanti interrogativi e un colpo di scena (della difesa)

(Francesca Agosta)
9 novembre 2017
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Chi ha cagionato la morte del giovane paziente della Clinica psichiatrica di Mendrisio? È stata la negligenza dei quattro psichiatri comparsi oggi, giovedì, davanti al giudice Siro Quadri della Pretura penale di Bellinzona a portare, nel maggio del 2014, al decesso il 28enne ricoverato in uno dei reparti della struttura? Gli interrogativi resteranno sospesi sino a domani, venerdì, quando prenderanno la parola il procuratore pubblico Zaccaria Akbas e i quattro difensori dei medici, due capiservizio (uno dei quali, nel frattempo, pensionato) e altrettanti medici assistenti, da metà 2016 circa non più alle dipendenze dell'Osc.

La sola per certezza, per ora, è lo psicofarmaco che, sommato ad altri medicamenti, la mattina del 7 maggio 2014 si è rivelato fatale per il giovane, ricoverato dal 22 aprile e sofferente di una grave patologia psichiatrica, tanto da ordinarne anche la contenzione al letto. La ricostruzione degli ultimi sei giorni di vita del 28enne, figlio adottivo di una famiglia del Sopraceneri, è stata dolorosa soprattutto per i suoi genitori, presenza silenziosa in aula. A farli sobbalzare, durante l'istruttoria, il capovolgimento di fronte operato dalla difesa. Gli avvocati, Luca Marcellini, Roberto Macconi, Luigi Mattei e Goran Mazzucchelli, hanno, infatti, insinuato il dubbio che il paziente possa essersi procurato e aver assunto da solo altri psicofarmaci (uno in particolare) e altre sostanze, potenziando così gli effetti dei principi attivi. Una tesi suffragata con i risultati dell'esame tossicologico, che ha evidenziatoa detta dei legali, il tenore superiore alle somministrazioni di una sostanza in particolare, causa ultima della morte del paziente. Un caso, il suo, che, per gravità, mai si era presentato prima alla Clinica psichiatrica cantonale.

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