Luganese

Nel futuro di negozi e botteghe c'è il 'compro locale'

Un'indagine dell'Ente regionale per lo sviluppo del Luganese mette in evidenza problematiche e opportunità del commercio di paese.

6 agosto 2020
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È un progetto che marca strettamente il territorio, tanto intimo quanto necessario per ogni singolo cittadino, quello avviato dall'Ente regionale per lo sviluppo. A fuoco si è, infatti, voluto mettere il commercio locale, con i suoi 48 negozi e botteghe sparsi in tutto il Luganese. Obiettivo peraltro non semplice e di facile attuazione quello di mantenere vivo un elemento fondante la comunità di molti paesi, soprattutto in passato, ma oggi più che mai indispensabile per ricucire un tessuto sociale andato via via sfaldandosi.

Dall'aprile dello scorso anno, la direttrice Roberta Angotti Pellegatta ha dunque preso in mano la raccolta di dati, elaborati grazie a un questionario inviato alla cinquantina circa di esercenti. Quindici coloro che hanno deciso di dare il loro apporto concentrato su cinque ambiti di intervento: l'assortimento dei prodotti e i servizi alla clientela, i locali e le infrastrutture, le possibili sinergie e collaborazioni, la comunicazione e la promozione, gli aspetti legali e i regolamenti. «Ci aspettavamo un maggior numero di risposte, magari qualcuno non ha subito colto l'opportunità di questo sondaggio – ci spiega la responsabile –. Auspichiamo però che, avendo ora scritto una nuova lettera, altri partecipino».  

Ventinove misure per una ricetta

Una trentina le misure concrete volte a dare un futuro ai negozi di paese: dal far evolvere l'assortimento per ampliare la gamma dei prodotti alla creazione di un centro di competenza per promuovere le filiere locali, dall'investire sulla formazione del personale alla digitalizzazione, dal rendere più accattivanti gli scaffali dei prodotti alla creazione di un'associazione di categoria. Pochi, 8 su 13, peraltro coloro che non riservano un budget alla comunicazione: «Su questo aspetto c'è sicuramente margine di miglioramento – evidenzia Roberta Angotti Pellegatta –. Bisogna dire però che i negozianti possono fare tutte le promozioni possibili ma se il cliente non ha la sensibilità, non è abituato e non ha il tempo, altro elemento fondamentale, tutto ciò può essere vano. Spesso il cliente cerca, infatti, la praticità, e non è così semplice far capo a un negozio di paese in quanto magari non vi troviamo tutto, magari i prezzi sono più alti. Per questo il negozio di paese deve sempre più andare incontro alle esigenze del cliente, tener aperto in orari diversi, permettere di riservare la spesa online, di ritirarla fuori orario grazie a degli armadietti per esempio. Se si riesce a mettere in atto tutta una serie di condizioni allora riusciremo a vincere la sfida, altrimenti logicamente la grande distribuzione resterà un grosso concorrente».

Non solo, con i grandi commerci, anche le abitudini di consumo sono sicuramente un ostacolo per i negozi di periferia: «Da qui l'importanza dello storytelling, del 'raccontare' cosa ci sta dietro a un prodotto per esempio, al produttore, magari attraverso delle degustazioni e in tutto ciò che non puoi trovare nella grande distribuzione. Perché, teniamocelo ben in mente, se decido di andare al negozietto di paese e spendere qualcosa in più devo poterlo motivare. Perciò è necessario crearvi attorno un servizio. Su questa strada diventa un punto fermo il prodotto locale che nel periodo di lockdown abbiamo peraltro riscoperto un po' tutti».

Approvvigionamento ma anche incontro

Possiamo dire, dunque, che i negozi di paese hanno un futuro? «Lo speriamo! La speranza che possano resistere c'è. È chiaro che va fatto un grande lavoro. Nel contesto soprattutto di paese questi commerci non sono solo una fonte di approvvigionamento ma anche un luogo di incontro. È chiaro che ad oggi sono piuttosto un luogo di incontro per un certo tipo di clientela, una certa fascia di età. Il nostro obiettivo, o meglio la nostra visione, è che siano riconosciuti e utilizzati anche dalle fasce più giovani perché comunque a un certo punto avremo il cambio generazionale. Quindi persa la fascia d'età che adesso utilizza questo tipo di negozi dobbiamo riuscire a coinvolgere anche una fascia più giovane. E questo riusciamo a farlo con, ad esempio, i mezzi di comunicazione, con i pagamenti elettronici, con una serie di attività e iniziative che noi ci siamo immaginati ma che, seppur possono essere progetti fra i più interessanti e innovativi, non possono prescindere dalla sensibilità delle persone. E in questo il lockdown ha aiutato, perché ci siamo aperti a quanto abbiamo attorno e a comprare locale, per questo le premesse sono positive. Qualcuno magari non ce la farà, altri riusciranno a costituire una loro nicchia, altri si evolveranno facendo il necessario per resistere o ripartire».

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