Luganese

Il Cardiocentro della discordia

Nel 2020 è previsto che il Cardiocentro Ticino passi all’Ente ospedaliero cantonale. Un confronto tra Edo Bobbià e Matteo Quadranti

8 ottobre 2018
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È il 1995, Eduard Zwick dona 30 milioni di franchi per costruire a Lugano le fondamenta dell’Ospedale del cuore con la volontà – sostenuta dall’associazione ‘Sanità forte per tutti’ – di accompagnarlo sotto le ali dell’Ente cantonale dopo 25 anni. Nell’avvicinarsi del 2020 l’associazione Grazie Cardiocentro Ticino, attraverso un’iniziativa popolare elaborata volta a creare una Fondazione non profit, vorrebbe evitare quella fusione. Fra sostenitori dello status quo e propugnatori della volontà di Zwick, ne esce un cantone spaccato. In questa nostra intervista le posizioni delle associazioni Grazie Cardiocentro (Edo Bobbià) e Sanità forte per tutti (Matteo Quadranti).

Non parrebbe, guardandovi, che nella querelle Cardiocentro-Eoc vi sia una questione meramente politica. Entrambi siete esponenti del Partito liberale radicale. Le due prese di posizione, opposte, sono trasversali?

Quadranti (Sanità forte per tutti) – Credo proprio di sì. Ci sono altri partiti con posizioni diverse al loro interno.

Bobbià (Grazie Cardiocentro) – Confermo. Che qui siano presenti due liberali è un caso e ciò non porta scompensi al partito perché da sempre il Plrt mette in discussione anche tesi diverse. Nelle due associazioni figurano esponenti degli stessi partiti o movimenti. Per quanto mi riguarda ho assunto il ruolo di coordinatore a titolo volontario rispondendo all’invito di alcuni amici che, grazie al Cardiocentro, hanno avuto salva la vita.

Ciò dimostra che il Cardiocentro è una questione di… cuore prima che di tessera…

Bobbià – Ne sono sempre più convinto. Sui tavoli per la raccolta delle firme per la nostra iniziativa riscontriamo una grande adesione: il Cardiocentro rappresenta un qualcosa al quale è sbagliato rinunciare in questa sua forma.

Quadranti – Che il Cardiocentro sia utile e sia servito per evitare che tanti pazienti ticinesi fossero obbligati ad andare in Svizzera interna è indiscutibile; il nostro obiettivo è proprio quello di rafforzare questa struttura, garantendole un futuro, tanto che nelle trattative vi è la conferma di volerlo mantenere dov’è, con il personale che c’è (amministrativo, medico, infermieristico ecc.). Semplicemente cambia l’aspetto finanziario. Io capisco che sia una ‘questione di cuore’ per chi questo Cardiocentro l’ha gestito, ma ha gestito – ricordo – un patrimonio che si voleva poi andasse all’ente pubblico.

L’iniziativa popolare non rischia di confondere i cittadini che, già dalla presenza di una stessa entrata dei due istituti di cura, hanno sempre guardato a una cosa sola?

Bobbià – Credo che la nostra iniziativa sia moderata e dia ai cittadini la possibilità di fare una scelta ben precisa: lasciare il Cardiocentro nella struttura e nella forma attuale o porlo sotto lo Stato, ovvero statalizzare un istituto non profit a favore di un’egemonia che personalmente non condivido. Il tutto senza, possibilmente, scadere in polemiche personali. È un po’ come voler difendere la posizione della Svizzera nell’Unione europea.

Quadranti – Sono paragoni che qui non ci stanno... L’Ente ospedaliero vuole la struttura così com’è. L’unico punto sul quale c’è discussione è la gestione finanziaria. Ovvero l’Eoc, lavorando il Cardiocentro con i soldi delle casse malati, vuole sapere, entrando il Cardiocentro a far parte di una struttura pubblica, come è gestito, va e gira il denaro pubblico: dal Consiglio di fondazione ai medici alle ricerche che vengono fatte. E credo che sia più che legittimo nell’interesse del paziente ticinese che è anche contribuente ticinese. L’autonomia clinica e gestionale continuerà, non c’è evidentemente più un’autonomia finanziaria, ma se è tutto nella norma non vedo quale sia il problema.

Tutta l'intervista alle pagine 2 e 3 del giornale

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