Luganese

Aprendo le porte all'handicap

Fiorenzo Ardia e una vita spesa, da volontario a responsabile, al laboratorio Al Ronchetto

(Ti Press)
7 luglio 2018
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La svolta avvenne nel 1979. Un giovanissimo Fiorenzo Ardia, insieme all’amico Teo (Matteo Besomi, ndr) aveva «il pallino di cambiare il mondo». Per farlo organizzavano delle bancarelle per raccogliere fondi da destinare ai poveri. Un giorno sulla loro strada passa Manuela Zali, «la storica responsabile del Laboratorio Al Ronchetto di Lugano, della Fondazione Diamante, insieme alle colleghe Agnese, Lorenza e Valeria, a spasso con il Mario, l’Emilio, la Luigia, la Nena... e mi dice ‘avrei un sogno, portare questi ragazzi al mare che non hanno mai visto’. Io e il Teo ci siamo guardati e abbiamo risposto: ‘Manu noi abbiamo i soldi!’. Da lì è partito il progetto campi vacanza. L’unica condizione che aveva messo era di far capo non a case-colonia, ma ad alberghi ‘come tutti quanti, dobbiamo aprire certe porte’, ci richiamò l’obiettivo Manuela».
Nel frattempo Fiorenzo finisce le Magistrali e fa il maestro per tre anni. Nel 1982 torna (e vi resta fino a giovedì scorso per meritata quiescenza) Al Ronchetto, nella sede dell’omonima via al civico 16a, che da atelier del tempo libero diventava laboratorio occupazionale, pranzo compreso: «Si lavorava 45 ore la settimana, anche il sabato pomeriggio, ma un bel gruppo di giovani volontari permetteva a turno a qualche operatore di riposare». Qui, ultima la sede di via dei Faggi a Pazzallo, è stato per 25 anni responsabile.
Il mondo dell’andicap può essere
impegnativo fisicamente ed emotivamente: è sempre stato tutto
facile in questi quarant’anni?
Fisicamente, ricordo, quando ho cominciato che avevamo tre ragazze in carrozzina, per cui era molto impegnativo, bisognava adagiarle, spostarle, nutrirle. Dal punto di vista più emotivo è chiaro che è stato tosto perché ogni utente che ho conosciuto aveva un proprio carattere e profilo, una propria caratteristica. La comunicazione, inoltre, non è sempre facilitata, per cui trovare il canale giusto con tutti per riuscire aad attivare delle interazioni, delle empatie, degli scambi non è stato sempre evidente ed è stata anche per questo una sfida continua, ma una bella sfida.
Ha incontrato andicap diversi...
Dall’andicap fisico, all’andicap mentale e psichico, che è molto impegnativo, seppur meno nei gesti quotidiani. Le persone sembrano più autonome, sembrano mostrare una vita più simile alla tua, ma poi hanno un côté laborioso.
Andicap e apertura al mondo: crede che ci si è riusciti?
Qualche preconcetto c’è e ci sarà sempre. Mi viene in mente un episodio. Eravamo in un agriturismo in Umbria. Una sera arrivò una coppia a bordo di un’auto di lusso, persone molto distinte che sfoggiavano una certa ricchezza. Chiesero alla gerente una camera per dormire un paio di notti. Poi guardandosi attorno ci videro. Decisero ‘seduta stante’ di andarsene. Mi ricordo che la proprietaria li rincorse e disse loro ‘sono contenta che ve ne andiate, perché persone così maleducate e insensibili non ne voglio nel mio agriturismo. È un esempio che fa capire che qualcosa è cambiato e ci sono tante persone attente. Il fatto di andare, di uscire, aiuta e sensibilizza, e cambia il mondo.
Quanto ha contato per lei la fiducia delle famiglie?
Mi chiedevo proprio in questi giorni: Fiorenzo, ma cosa porti a casa? Io porto a casa volti, porto a casa persone, porto a casa rapporti certo non sempre facili e idilliaci ma pur sempre rapporti, contatti e scambi. Ho conosciuto famiglie splendide confrontate con la fatica di un parente portatore d’andicap ma con un cuore grande!
Un ricordo fra i più cari?
Riassumerli in uno? Sono veramente tanti, fatti anche di piccole cose. Ho tanti ricordi fatti di momenti di festa, di momenti tristi, belli, brutti, dove abbiamo incontrato anche la morte, vissuti come l’addio a un fratello o una sorella. Oggi basta un suono, una parola, una canzone spesso per farmeli ritornare...
Le nostre istituzioni sono presenti?
Viviamo una realtà privilegiata. Spero che si riesca comunque a parlarsi sempre di più anche con le altre associazioni ed enti così da collaborare su diversi fronti, penso per esempio al trasporto combinato degli utenti. Si lavora ancora tanto a compartimenti stagni, per questo credo si potrebbe fare di più.

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