Luganese

Lugano, abusò dell'ex ragazza: condannato malgrado l'amnesia

Sebbene non se ne ricordi, l'imputato è stato ritenuto colpevole di tentata violenza carnale nei confronti dell'ex ragazza. Prosciolto da un altro caso.

Foto Ti-Press
16 gennaio 2018
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«Non ricordo». Ha rieccheggiato più volte, oggi alle Assise criminali di Lugano, la giustificazione del giovane accusato di violenze sessuali nei confronti di due donne, in altrettante differenti occasioni. Un mantra che ha giocato sia a suo favore che a suo sfavore, ma che non è bastato a scagionarlo completamente dalle accuse: la Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta l’ha infatti condannato a diciotto mesi, di cui nove sospesi per un periodo di prova di due anni.

Vuoti di memoria dovuti al forte consumo di alcol: nel primo caso, all’imputato – residente nel Luganese – è stato misurato un tasso alcolemico del 2,3 per mille, nel secondo addirittura del 2,9. «Non voglio più saperne, mi ha rovinato la vita» ha detto il giovane, commentando il percorso di disintossicazione in atto ormai da sette mesi, cioè dall’arresto. «L’abuso di alcol non è un elemento che lo scagiona, sapeva a quali conseguenze lo portava» secondo la procuratrice pubblica Valentina Tuoni; «è evidente il sospetto che la sua sia un’amnesia selettiva, di comodità» ha aggiunto la patrocinante delle accusatrici private Maria Galliani. «Le amnesie sono state accertate da una perizia medica (che ha stabilito una grave scemata imputabilità dell’accusato, ndr) – invece per la legale della difesa Vanna Cereghetti – e il fatto di non ricordare non gli ha permesso di contestare le accuse mossegli».

Il primo episodio, avvenuto nell’estate 2016, è stato riconosciuto come tentata violenza carnale. Poco più che maggiorenne, il ragazzo ha cercato di stuprare la vittima – all’epoca minorenne, nonché legata a lui sentimentalmente –, non riuscendoci, picchiandola l’ha costretta a un rapporto orale. Il secondo caso sarebbe invece avvenuto nella primavera 2017: vittima, stavolta, una donna di mezza età residente all’estero e in Svizzera in vacanza. L’aggressione sarebbe avvenuta in un sottopassaggio, dove il giovane avrebbe costretto la donna a un rapporto orale. Il condizionale è d’obbligo, perché – malgrado il reato non sia stato contestato dalla difesa – la Corte ha prosciolto l’imputato dal reato di coazione sessuale: «Le dichiarazioni della vittima sono apparse imprecise e non lineari» ha spiegato Pagnamenta. Oltre alla tentata violenza carnale, il giovane è stato invece ritenuto colpevole anche di aggressione ai danni di un coetaneo, danneggiamento (per escandescenze negli uffici della Polizia) e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti, per consumo di droga: in particolare, in due anni e mezzo ha consumato oltre un chilo di spinelli. L’ex ragazza sarà inoltre risarcita per torto morale.

Credibilità delle parti e difficoltà probatorie

«In casi come questi, le difficoltà probatorie rendono decisive le dichiarazioni delle parti. Oltre ai riscontri oggettivi, hanno quindi un ruolo centrale la credibilità e la coerenza di autore e vittima». Questo, come spiegato dal presidente, il principale criterio di giudizio adottato dalla Corte nel cercare di sbrigliare la matassa di questo delicato caso, per cui l’accusa chiedeva 36 mesi e la difesa al massimo 8. Le prove raccolte sono state infatti poche: la videosorveglianza ha permesso sì di ricostruire identità e spostamenti dei coinvolti, ma non nel dettaglio i fatti, principalmente non ripresi. E così – date le amnesie dell’imputato –, a essere presi in considerazione sono stati solo i racconti delle vittime. Per l’episodio del 2016 – emerso però solo dopo gli altri due casi di violenza, data la reticenza iniziale della vittima a sporgere denuncia – la ricostruzione della ragazza è stata ritenuta lineare. Non così per il caso del 2017: «Malgrado verosimilmente qualcosa sia successo in quel sottopassaggio – ha detto il giudice –, non si può giungere a una conclusione certa». È il principio dell’in dubio pro reo: in caso di dubbio, prevale la soluzione più favorevole all’imputato.

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