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Covid-19 e disagio psichico, una coesistenza delicata

'Una situazione che mette a dura prova tutti'. Intervista a Sara Fumagalli, direttrice medica e sanitaria della Clinica di Orselina

La Clinica Santa Croce di Orselina (foto Ti-Press)
7 aprile 2020
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"L’attuale emergenza sanitaria sta mettendo a dura prova tutta la popolazione e fra questa anche chi ha disagi psichici, che si trova nella maggior parte dei casi incapace di affrontare autonomamente la situazione". Così la direttrice medica e sanitaria della Clinica Santa Croce di Orselina Sara Fumagalli, nonché psichiatra e psicoterapeuta Fmh. L'abbiamo intervistata per capire come le persone con disagio psichico e chi le accompagna stiano vivendo queste settimane influenzate dal coronavirus e quali disposizioni sono state attuate. Precisa, prima d'iniziare, che di casi Covid-19 nella struttura non ce ne sono, tuttavia "non possiamo escludere che in futuro potrebbero essercene. In questo caso provvederemo con l'apertura di un'ala dedicata con tutte le misure di prevenzione per proteggere pazienti e personale".

Dottoressa Fumagalli, come l'emergenza sanitaria condiziona il disagio psichico?

Questo dipende da più aspetti: in parte dal fatto che diversi disagi psichici hanno come temi predominanti quello della paura della malattia, del contagio, dell’incontro con l’altro come esperienza pericolosa e temibile. In altri casi il problema è l’isolamento e la solitudine: parlo per esempio di situazioni depressive dove l’imposizione di una quarantena potrebbe essere insostenibile e andare ad aggravare un malessere preesistente. Nei casi più delicati, invece, esistendo un deficit della capacità di comprendere la realtà, risulta inverosimile rendere attenti e critici i pazienti, che in questo caso andranno probabilmente ospedalizzati.

Quindi come fare?

Nonostante ciò tutta la popolazione, anche la più fragile da un punto di vista psichico, non può esimersi dall’impegno collettivo di rispettare e cercare di comprendere le normative vigenti: perciò anche nel nostro campo è fondamentale spiegare, aiutare a comprendere e ad accettare, accogliere domande e dubbi, rassicurare, e offrire i suggerimenti e i contatti che sono attivi in Cantone per sostenere la popolazione.

In generale, avete notato un aumento delle richieste d'aiuto?

Sicuramente la richiesta di aiuto e sostegno psichico è notevolmente aumentata, sia da parte della popolazione, sia dal personale sanitario stesso. Sono sicuramente in prima linea medici di famiglia e pronto soccorso, ma è stata ottima la riorganizzazione dei servizi psichiatrici e psicologici portata avanti dal medico cantonale, che ha unito le forze di pubblico e privato, attivando una task force per i sanitari e una hotline per i pazienti. Noi in particolare offriamo un servizio di picchetto a Santa Chiara e alla Carità, oltre che disponibilità telefonica per urgenze.

Dal canto vostro, state effettuando molti ricoveri?

Finora, la richiesta di ricoveri stazionari è in riduzione: questo perché parte della popolazione è in isolamento o quarantena e perché l’indicazione cantonale è di rimandare ricoveri non urgenti. Ci vengono pertanto segnalati prevalentemente casi di gravi scompensi psichiatrici che necessitano effettivamente un approccio medico ed infermieristico urgente.

Quali sono i casi critici?

Sussistono gravi situazioni cliniche in cui è pressoché impossibile fare rispettare le misure preventive, come in scompensi psicotici o bipolari: questi sono i casi più difficili da gestire in questo momento: cerchiamo di utilizzare gli spazi di ricovero protetti o le camere singole come possibilità di isolamento.

La Clinica ha quindi visto una riorganizzazione? Quali procedure seguite?

Anche noi come clinica specialistica psichiatrica, ci siamo riorganizzati e in modo piuttosto radicale e rapido: dalle prime indicazioni fornite dall’Ufficio del medico cantonale abbiamo bloccato visite, congedi, inserito misure preventive fra pazienti e operatori, sospeso formazioni, assembramenti di ogni genere, modificato le attività terapeutiche privilegiando il rapporto uno a uno, e da allora continuiamo ad aggiornare le nostre procedure secondo le indicazioni cantonali. Devo dire che, dopo un'iniziale difficoltà, adesso sembra essersi creato un clima di adattamento alle restrizioni, e questo facilita le cure psichiatriche in un ambiente il più possibile protetto da un rischio di contagio.

 

Sul fronte del personale cos'è cambiato? Il numero è adeguato?

Ci sono state modifiche degli orari di lavoro e dei turni: come ogni struttura anche noi abbiamo avuto casi di personale in malattia o in isolamento senza mai tuttavia compromettere il contingentamento necessario per delle cure psichiatriche di qualità. Sicuramente questa emergenza ha avuto dei risvolti positivi, ci ha permesso di riscoprire risorse del personale inaspettate: persone, con diverse funzioni, dotate d'impegno e motivazione lodevoli. Ogni giorno il personale si espone al rischio di contagio e non ultimo temono di essere a loro volta contagiosi, per i pazienti e per i propri cari. Le misure preventive e l’aggiornamento continuo delle procedure rappresentano probabilmente un aiuto. Nonostante il carico emotivo con cui lavoriamo ogni giorno nessuno si è tirato indietro, di fronte alla paura hanno prevalso responsabilità, dedizione e capacità di sacrificio, e sono riconoscente a ognuno degli operatori che lavorano qui. Tutti lavorano al meglio e questo si ripercuote sui pazienti: un’evidenza di cui non ci dimenticheremo anche dopo l’emergenza.

L'emergenza sanitaria, a suo parere, porterà con sé delle conseguenze sulla condizione psichica delle persone?

Ipotizzo, man mano che si tornerà alla normalità, che emergerà verosimilmente in modo prepotente anche il malessere psichico: come sempre è accaduto quando l’allarme per la sopravvivenza è superato riaffiorano la stanchezza, il malessere psichico e la paura che si sono taciuti in emergenza. Teniamo anche in considerazione che viviamo in una società abituata a essere onnipotente, prestante, ipercontrollante e con aspettative di vita buone: il confronto repentino con la propria fragilità e caducità, con limiti e restrizioni avranno sicuramente delle conseguenze. Quello che mi auguro è che questa esperienza porti tutti noi a rivisitare le proprie proprietà e i propri obiettivi personali, reimparare una capacità riflessiva e di ascolto e ad accettare le proprie fragilità consapevoli che è proprio da queste che possiamo imparare, da soli o accompagnati, ed evolvere.

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