Locarnese

Veronica e Remo in viaggio verso Oriente (in bicicletta)

Da dieci mesi, i due cicloturisti sono sulla strada verso est. Li raggiungiamo in Vietnam, dove si sono fermati per far riposare le gambe

Veronica e Remo in sella alla bicicletta
29 gennaio 2020
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«Mentre pedaliamo, lontano da ogni insediamento, sulla sponda del fiume scorgiamo un vecchio pescatore. Non appena ci vede, con incredibile agilità, si alza e ci viene incontro con un grosso pesce ancora boccheggiante. Vuole regalarcelo: ci spiega come cucinarlo e quanto sia delizioso. Decliniamo; ma lui insiste. Poi ci offre un tè. Attorno non ci sono case, né auto o bici; chissà dove vivrà questo vecchietto che rinuncerebbe al suo pesce per noi…». Sono momenti come questo vissuto in Pamir che Veronica ricorda vividi e che l’hanno fatta riflettere non poco durante il lungo pedalare verso oriente.

Dieci mesi fa, infatti, la gordolese Veronica Soldati e il suo compagno Remo Wild (appenzellese) sono partiti verso est in sella alle loro biciclette. Raggiungiamo Veronica via Skype, mentre i due si trovano a Nha Trang (in Vietnam): «Le gambe chiedevano venia» dopo oltre 13mila chilometri di itinerario, e noi ne abbiamo approfittato per farci raccontare quello che potremmo definire senza troppi giri di parole il “Viaggio (con lettera capitale) che ti cambia”.

Veronica (1990), ha studiato scienze ambientali e agronomia, in seguito ha lavorato per Bio Suisse. Remo Wild (1989) ha anche studiato scienze ambientali e poi ha lavorato in un ufficio di consulenza ambientale nei Grigioni.

Tredicimila chilometri, dodici Paesi

Gordola e Coira sono gli ultimi loro domicili svizzeri. Dopo essersi licenziati,  si sono lanciati nell’avventura di dare anima e carne a «quell’idea di percorrere in bicicletta quella strada cosparsa di carovane, cammelli, merci, idee…» che è la Via della Seta. L’idea ronzava in testa a Veronica da parecchio tempo: «Credo sia stato mio papà, con i suoi libri e quando mi portava ad ascoltare le storie di ciclisti, a mettermela in mente».

Partiranno nell’aprile del 2019, dalla Grecia, pianificando il viaggio fino in Cina, quali tratte e che Stati visitare con le biciclette cariche di quattro borse ciascuna, con pentolame e in «più tenda e ukulele portati da Remo». «Il Vietnam è il 12esimo Paese che visitiamo, dopo aver attraversato Grecia, Turchia, Georgia, Armenia, Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan, Cina e Laos», racconta Veronica. Salendo fin'oltre 4’500 metri di altitudine, sulla catena montuosa del Pamir, un altopiano molto vasto dell’Asia Centrale.

‘80% testa, 20% corpo’

Le gambe devono essere sicuramente buone, ma la preparazione è soprattutto mentale: «80 per cento testa, 20 per cento corpo», dice Veronica, ricordando uno svizzero fra i pionieri, a livello nazionale, del cicloturismo. Per il resto, racconta, che molto utili sono chat e forum di cicloturisti, dove è possibile reperire informazioni. «Non ci siamo preparati specificamente per il viaggio; siamo entrambi abbastanza sportivi».

Sportivi o super sportivi, è innegabile che a un certo punto la fatidica domanda del “chi-me-l’ha-fatto-fare” arriva: «Durante le prime settimane di viaggio, me la sono posta quasi tutti i giorni», racconta. Arrivati in Turchia – la porta d’Oriente –, piano, piano lo shock svanisce e i due trentenni continuano il loro viaggio con qualsiasi condizione meteorologica, dormendo in tenda sotto le stelle – «ci piace la libertà che ci dà» – oppure, solo quando nei centri abitati, negli ostelli.

Il viaggio lo fanno le persone

Il legame fra la riuscita del viaggio e gli incontri vissuti lungo il suo itinerario è molto stretto, spiega Veronica. In particolare, dalla Turchia in avanti (raggiungendo l’apice dell’ospitalità in Iran), i due ciclisti hanno sempre trovato «porte e cuori aperti». «Il viaggio non lo fanno i panorami, che indiscutibilmente sono mozzafiato, remoti ed eterni, tanto che ci si rende conto di durare un nulla nella storia. Il viaggio lo fanno le persone».

Ascoltare le storie, stare a stretto contatto e imparare come vivono altri popoli è estremamente affascinante e arricchente, tanto che Veronica dice che pedalando si è trovata spesso a rilfettere su quanto visto e vissuto. Un’esperienza che aiuta a decostruire gli stereotipi di cui siamo intrisi e vedere tutto quello che c’è fra il bianco e il nero.

Questione di visti

«Il visto più ostico da ottenere, prima di quello russo, è quello cinese: in teoria si può fare solo da Berna e tre mesi prima di entrare, ma noi lo abbiamo fatto a Teheran. Gli altri li fai più o meno tutti per strada…». Passare le frontiere e i controlli dipende da chi si trova piantonato lì in quel momento. Veronica racconta che l’esperienza più difficile è stata entrare in Cina, nella Provincia dello Xinjiang, «dove gli uiguri sono perseguitati e messi in campi di lavoro. Lì passi ore sotto controllo, bagagli, fotografie nel telefono, si viene anche filmati e bisogna rispondere a molte domande… ci abbiamo messo otto ore a entrare in Cina».

Malinconia di casa

In Cina, «in un momento di malinconia, soprattutto mia» rivela, si sono resi conto che hanno voglia di tornare a casa. «Ma non vogliamo volare, quindi è più complicato del previsto». Il piano, spiega, è risalire, andare in Cina e da Shanghai prendere una nave per il Giappone, andare in Russia, salire sulla Transiberiana e infine pedalare dalla stazione russa fino a casa, «arrivandoci a fine estate».

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