Locarnese

Arte-cemento 1-0: è la 'partita' di Ecru Team

'Zeos' e 'aies' - uno futuro medico, l'altro illustratore - raccontano il loro progetto (sostenuto dai Comuni) come 'street artists'

15 novembre 2019
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Ci sono cose che non si sanno ma dicono tanto di un contesto. Ad esempio che gli pseudonimi degli “street artists” – i cosiddetti graffiti (le firme) che osserviamo in calce ai murales – cambiano, si evolvono, mutano nel tempo in base alla crescita dell’artista. Rimane però la linea, perché lo stile di base è quello, e resta riconoscibile.

Un’altra cosa cui non si pensa è che l’arte di strada è lavoro vero perché costa fatica e notti in bianco. Come quando l’opera è su una grande superficie pubblica ai lati di una strada a forte percorrenza. Allora bisogna lavorare sotto la luna, per 8, o anche 10 ore, specificamente durante un periodo limitato di tempo, ad esempio la settimana concessa due anni fa a Gioele e Dario per dare colore e “senso” alla grande parete del sottopasso situato dopo l’uscita dalla Mappo-Morettina, in direzione di Locarno. «Per quello spazio lungo circa 50 metri e alto 5 – spiega Gioele – la Città ci aveva chiesto qualcosa incentrato su Locarno, magari pensando anche al Festival del film. Sulla base di quelle indicazioni abbiamo scelto un leopardo che traina un rullino cinematografico costituito da piccole immagini iconografiche del Locarnese: i paesaggi, la funicolare e altri temi». Il risultato è un gigantesco e senz’altro apprezzabile “biglietto da visita” che la regione intera presenta oggi ai visitatori in entrata a Locarno.

Con Dario Gagliardi – 25 anni, di Mendrisio (in arte “Zeos”) – Gioele Martinoli (23enne losonese, in arte “aies”) forma l’Ecru Team, squadra di “street artists” che un paio di Comuni del Locarnese – la Città e Tenero-Contra – più Mendrisio nel Sottoceneri, stanno scegliendo con una certa regolarità per dare una linea artistica a superfici pubbliche in cemento armato. «I Comuni ci contattano e generalmente indicano un tema da seguire, o se non lo fanno è implicito che è necessario adattarsi al contesto in cui andiamo ad operare», dice Gioele.

Così dal complesso di edifici del serbatoio dell’Azienda acqua potabile di Locarno emerge un quadro – ovviamente – idrico, fatto di un intrico di rubinetti, balene, polipi e pinguini: due settimane di lavoro documentate da un filmato di 4 minuti poi “postato” su YouTube in una clip, realizzata anche con l’ausilio di un drone. Nota Gioele che «l’appoggio della rete è fondamentale per farsi conoscere. Abbiamo una pagina Facebook (Ecru Team) e anche un profilo Instagram (“aiesoner”), che ben si presta trattandosi di un “social” basato sulle immagini. Grazie alle condivisioni il nome gira e si aprono nuove prospettive d’impiego, anche con i privati, non solo con i Comuni».

Sempre a Tenero, in via Brere, è stato realizzato il soggetto unico più grande firmato dall’Ecru Team: un enorme personaggio che volteggia in aria e a dispetto dei suoi 25 metri di lunghezza suggerisce l’idea stessa di leggerezza. E nello stesso comune ci sono il pescatore e lo “zoo di Tenero”, con i personaggi di fumetti e cartoon in stile “pop-art”. Una scelta non casuale, se consideriamo che Gioele frequenta il terzo anno della scuola per illustratori di Lucerna. Quanto a Dario, se lanciassimo il concorso “indovina il mestiere”, pochi tenterebbero la risposta “studia medicina”. Lo facessero, vincerebbero, perché Dario in effetti sta per diventare medico. «Il lavoro come “street artists” non ci manca ed è in aumento – riflette Gioele –, ma da lì a farne una professione a tempo pieno ce ne passa. Pensare in questi termini basandosi sul Ticino è impossibile, e sarebbe durissima anche ampliando il campo d’azione alla Svizzera intera. Bisognerebbe lavorare in un orizzonte internazionale».

Focus sul contenuto

C’è, poi, il tema del senso del murale realizzato nei termini descritti rispetto alla sua genesi, fatta di protesta e, soprattutto, illegalità. Lavorare istituzionalmente – chiediamo a Gioele – non è un po’ un surrogato “debole” di una... nobile tradizione anti-istituzionale per eccellenza? «Perché? – chiede di rimando “aies” –. Originariamente in effetti il graffito nasce come espressione di protesta e si sviluppa in primo luogo a New York negli anni 70 come manifesto delle individualità. L’obiettivo, per i “writers”, era mettere in evidenza la firma, renderla “marchio” e farla apparire sempre di più e sempre più in grande. Il nostro approccio è diverso e si basa proprio sull’arte, sul contenuto. Non è più solo bandiera di sé stessi, anche se in parte questa componente rimane, ma è molto sullo sfondo. È un approccio più debole rispetto al precedente? Per noi no».

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