Locarnese

Robert e Évelyne Gallay: due mondi, lo stesso museo

Con la guerra poco oltre il confine, il Ticino di 80 anni fa nelle opere donate al Museo Valmaggia dal figlio Alain

Robert Gallay: 'Prato', olio su tavola
13 aprile 2019
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Quanto ancora disorienta, oggi, parlare di vita d’artista. Quanto avrà disorientato gli abitanti della Lavizzara, durante gli anni della guerra, vedere all’opera Robert e Évelyne Gallay, artisti ginevrini incantati dalla vita di montagna che dal 1939 al 1946 scelsero Prato come campobase delle proprie escursioni d’arte. Da lì, muovendosi a piedi, in bicicletta, con l’autopostale o con il treno, misero su carta, tela o pellicola fotografica più o meno l’intero Ticino, Vallemaggia in primis (per questioni di permanenza) e poi tutto il resto, dal Mendrisiotto alla Valle di Blenio.

A distanza di tanto tempo, il figlio di Robert ed Évelyne, l’80enne (da soli due giorni) etnoarcheologo Alain Gallay, la moglie Edith e le figlie Beatrice e Miriam hanno deciso di donare quel patrimonio artistico al Museo di Valmaggia. «Come contropartita – ha spiegato nell’incontro di presentazione il suo presidente Elio Genazzi – il Museo valorizzerà l’insieme dei quelle opere, dal grande valore etnografico e storico». L’esposizione temporanea “L’incontro tra due mondi - Robert e Évelyne Gallay in Valmaggia” viene inaugurata domani alle 16, con i saluti ufficiali e la musica del duo Gyrumentha. Il fondo è costituito da una cinquantina di quadri, su tela o tavola, 280 schizzi e circa 400 fotografie.

«Quello di Prato è stato un periodo essenziale per le mie scelte professionali», spiega Alain Gallay, felice della possibilità di «consegnare una parte di opere che corrispondono a un periodo straordinario della produzione artistica dei miei genitori». A quel tempo – un tempo di guerra, di Ridotto nazionale, con gli uomini chiamati al servizio militare – «erano le donne a occuparsi della vita domestica», racconta Gallay rivivendo quell’arco d’infanzia interamente ticinese. «Le opere di mio padre contengono soggetti femminili in grande quantità, testimoniando il ruolo essenziale delle donne nella vita economica del paese». Nel sintetizzare la sensazione del suo gesto, Gallay sente di aver «restituito al Ticino quel che il Ticino mi donò quand’ero bambino».

Doppio colpo di fulmine

Il colpo di fulmine che nel lontano 1939 aveva fatto nascere nei genitori l’amore per queste terre si è ripetuto nel 2017. Nel riabbracciare a Ginevra i propri alunni in occasione di una cena, Alain racconta a uno di essi – già direttore dei musei di Locarno – quegli anni di vacanza in terra elvetica. Riccardo Carazzetti raccoglie l’idea del suo professore di lasciare un corpus d’opere dei genitori a un museo d’importanza cantonale. «Dopo avere sondato opportunità nei musei luganesi – spiega Carazzetti – abbiamo riscontrato interesse immediato da parte di Cevio, le cui mostre permanenti sono un fiore all’occhiello, non da meno le esposizioni temporanee. È stato un secondo colpo di fulmine». Due anni di preparazione («tempi corti», specifica il direttore) e 100mila franchi complessivi per giungere sino a qui, somma in parte sovvenzionata da sponsor, in parte dal Cantone, confidando anche nella vendita del nutritissimo catalogo.

Dall'idea al lavoro finito

La curatrice dell’esposizione Alice Jacot-Descombes si sofferma su questo incontro tra due mondi, quelli di una Ginevra artistica e quello di Prato, «dove la vita era scandita dall’attività agricola, ma non per questo non si è potuto realizzare questo incontro dal fascino reciproco». Fanno parte del fondo anche scritti, diari, taccuini con i primi schizzi, elaborazioni in mina di piombo, fino ai dipinti veri e propri, «una disponibilità che permette la ricostruzione dell’intero processo di creazione delle opere». È questo il punto forte, oltre alle già citate fotografie, in numero elevato: «Alcune sono esposte – chiude la curatrice – altre sono consultabili sul posto tramite computer». E questo grazie anche al lavoro di ritocco di Beatrice, figlia di Alain.

L’esposizione è visitabile dal martedì alla domenica, tra le 13.30 e le 17. Il rinnovato sito del Museo (www.museovalmaggia.ch), aggiornato anche in chiave di interattività non solo con i soci, ha tutte le informazioni del caso. Le opere dei Gallay sono una donazione, rimarranno dunque al museo. «Valuteremo le possibilità di un’esposizione permanente e, perché no, vista la copertura soprattutto fotografica dell’intero Ticino, non è escluso che questa mostra possa avere un suo futuro itinerante», conclude Genazzi, rivolgendosi ad Alain: «Che ne dice di partire da Ginevra?».

 

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