Locarnese

Ponte di Cratolo, il 'lifting' non piace

Tra Cavigliano e la Valle Onsernone conclusi gli interventi di risanamento dello storico manufatto. Le critiche a livello di estetica non mancano

((archivio Ti-Press))
15 gennaio 2019
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Che ne è di quel pittoresco ponte stradale sul riale di Cratolo, in territorio di Terre di Pedemonte (sulla strada della Valle Onsernone), immortalato in passato anche in diverse cartoline e foto d’epoca? Il lavoro di ristrutturazione e consolidamento dell’antico viadotto (risale al XIX secolo), promosso dal Cantone, si è concluso nelle scorse settimane. Ma il lungo cantiere, una volta tolte le impalcature, ha messo a nudo quella che, a detta di molti, è una bruttura senza precedenti. Di che lasciare perplesse non solo le autorità comunali, bensì anche diversi automobilisti che giornalmente vi transitano e che si sono rivolti al nostro giornale per denunciarne l’infelice scelta. Un classico “pugno in un occhio”, parrebbe di capire. Le autorità onsernonesi, come ci conferma il sindaco Cristiano Terribilini, non hanno mai nascosto le loro perplessità al riguardo delle scelte adottate. «Oltre al problema estetico, vi è anche il fatto che, contrariamente a quanto avvenuto altrove, negli altri ponti della Valle, l’incrocio di due vetture risulta ancora difficile se non impossibile. I due alti e spessi parapetti laterali, in calcestruzzo, oltretutto ostacolano la visuale a chi scende verso Cavigliano. Mi chiedo poi, in caso di abbondanti nevicate, com’è che i mezzi callaneve potranno liberare facilmente il fondo stradale. Ricordo che il progetto iniziale era esteticamente ben più valido. Poi c’è stato il coinvolgimento dell’Ufficio dei beni culturali, che aveva mosso delle osservazioni all’elaborato. Il risultato, purtroppo, non soddisfa. Come biglietto da visita all’imbocco della valle non è certo quello che ci aspettavamo di trovare una volta tolto il cantiere». Concorde nel definire il look moderno del ponte “una bruttura” il sindaco di Terre di Pedemonte, Fabrizio Garbani Nerini: «Non riesco a capacitarmi di questo intervento. A Camedo un analogo caso ha portato alla rovina, estetica, di un altro manufatto di pregio. Mi domando come sia possibile tutto ciò. Se penso alle resistenze che autorità comunali e privati cittadini incontrano, nel quotidiano, per lavori di ristrutturazione di edifici eseguiti nei nuclei dei paesi, quando per ricavare una finestra da una costruzione occorrono decine di pareri di commissioni ambientali e di tutela del paesaggio, tutto ciò mi lascia veramente perplesso».

Da una foto d’epoca…

Da parte sua il Dipartimento del territorio, per bocca dell’ingegner Marco Frangi, alla testa dell’Ufficio gestione dei manufatti, così spiega le scelte adottate: «Si tratta di un manufatto di un certo valore storico e architettonico. L’intervento di ripristino, resosi necessario, doveva tenere in considerazione esigenze stradali e di valorizzazione dell’opera. Come da prassi, abbiamo interpellato l’Ufficio dei beni culturali che ci ha fornito, tramite un consulente, le indicazioni del caso. Addirittura siamo partiti da una vecchia foto dell’epoca per creare un qualcosa in chiave moderna che rispettasse, il più possibile, le caratteristiche concettuali originarie».

Anche il mancato allargamento a due corsie è da ricondurre alla volontà di non snaturare la simmetria e il valore storico del ponte, dal momento che alle due estremità vi è sufficiente spazio per l’incrocio dei veicoli. L’impressione è che per i ponti – strutture di collegamento funzionali, costruzioni architettoniche non di rado di un certo pregio e spesso parti integranti del territorio collinare e montano – norme di sicurezza stradale ed esigenze di tenuta non sempre collimino con l’estetica.

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