Locarnese

Ermani severo con l’ex Pg

Nel processo ai due agenti alle Correzionali di Locarno, dure critiche del presidente del Tribunale penale a Noseda

(Ti-Press)
22 novembre 2018
|

Mai come nel processo di martedì ai due agenti di Polcantonale accusati di aver picchiato un uomo nell’ambito di un controllo stradale si sono affastellati importanti spunti di riflessione. Sono emersi dagli interventi delle parti e dello stesso presidente della Corte di Assise correzionali, giudice Mauro Ermani, che è anche presidente del Tribunale penale. A proposito della genesi dell’indagine, innanzitutto, Ermani ha apertamente parlato di «ipocrisia» riferendosi all’agire dell’ex procuratore generale John Noseda. Questo perché «non si avoca a sé stessi gli incarti e poi li si dà da fare a una segretaria giudiziaria». Il motivo è certamente da cercare nel bisogno di coerenza rispetto al messaggio pubblico che si intende dare scegliendo di prendere personalmente in mano, come responsabile del Ministero pubblico, un incarto che riguarda l’agire della polizia; ma lo è anche, più prosaicamente, nel risultato pratico del passaggio di consegne. Infatti, il parere apparso ampiamente condiviso in aula è quello secondo cui l’indagine è purtroppo stata condotta male, violando in modo sistematico il principio basilare del coinvolgimento degli accusati e delle loro difese. «Condurre un’inchiesta come è stato fatto è poco meno che un’indecenza – ha rincarato nella sua arringa Brenno Canevascini, legale di uno dei due agenti –. È stato accoltellato il Codice di procedura penale. Le prove a discarico degli agenti non sono state raccolte; lo sono state soltanto quelle a loro carico».

Canevascini: ‘Se parlassi io...’

A questo proposito va peraltro rilevato un aspetto: prima di capire chi fossero gli agenti coinvolti nel controllo è passato molto tempo. Innanzitutto perché le richieste in tal senso giunte dall’avvocato italiano della presunta vittima non avevano ottenuto risposta. Poi, ci era voluto altro tempo per riuscire a “decodificare” il video a circuito chiuso fornito dall’ospedale La Carità di Locarno, in cui si potevano finalmente identificare gli agenti e li si vedeva prima ammanettare l’uomo nei pressi dell’uscita del nosocomio, e poi accompagnarlo al veicolo di servizio (quello sbagliato) dove in un gioco di ombre non si capisce ancora oggi se vi sia stato il pestaggio asserito dalla presunta vittima, oppure se il concitato gesticolare degli agenti fosse soltanto dovuto ad una reprimenda. Fatto sta che prima di avere accesso, tramite un software, alle immagini, il Ministero pubblico aveva dovuto rivolgersi al Centro sistemi informativi del Cantone. Non è tutto. Durante l’istruttoria dibattimentale Ermani ha anche criticato il «tentativo di componimento bonale» gestito dall’ex pg, orientato ad «archiviare il procedimento penale», per evitare che la vicenda andasse oltre il passo della querela. «A ciò si è prestato chi rappresenta lo Stato», si è rammaricato il giudice. In sostanza l’idea era quella di trovare un accordo fra le parti; accordo che poi per motivi pubblicamente non chiariti non era stato raggiunto, ma che ha spinto Canevascini ad usare altre parole durissime: «Sono legato al segreto professionale – ha detto –. Ma se, in qualità di presidente della Commissione di disciplina degli avvocati, dovessi dire tutto quel che c’è da dire, cadreste dalle vostre sedie».
Il risultato del tentativo di “componimento bonale” era stato altro tempo perso, il prosieguo del procedimento e, dulcis in fundo, la clamorosa richiesta di risarcimento per torto morale e perdita di guadagno (più le spese legali) avanzata martedì in aula dall’avvocato della presunta vittima, Stefano Will: 100mila franchi; richiesta accompagnata dal brusio di disapprovazione della quindicina di colleghi dei due agenti che erano giunti a Palazzo di giustizia per dar loro man forte.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE