Locarnese

Alain Poroli: ‘Vi racconto la mia Piazza senza tempo’

In nome della critica, che ‘ha senso solo se costruttiva’, l’ideatore della Rotonda illustra il suo nuovo concetto di villaggio, crocevia tra passato, presente e futuro

(Ti-Press)
25 settembre 2018
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Ci eravamo lasciati lo scorso 21 agosto con la domanda “Tornerebbe a lavorare alla Rotonda?”. E con la risposta: “La rifarei, ma con il Festival, perché ho sempre detto che la Rotonda è del Festival”. Il tutto, a margine di un’intervista alla ‘Regione’ nella quale, dell’attuale villaggio festivaliero, lo storico ideatore Alain Poroli parlò di “potenziale senza idee”, snaturato nella sua idea originaria. Un mese dopo, la risposta di Poroli sarebbe la medesima, ma siccome «la critica ha senso soltanto se è costruttiva», dice l’architetto, al suo j’accuse estivo si affianca ora una proposta chiamata “La piazza senza tempo”. «Non è un progetto vero e proprio, è piuttosto un concetto che serva di stimolo» spiega Poroli. «Invierò al Festival quest’idea con l’eventuale disponibilità a ingegnerizzarla, ma soltanto per loro. Perché quando entrano in campo i privati, l’aspetto culturale è in pericolo». Disponibilità condizionata anche dalla «possibilità di lavorare in squadra». “La Rotonda era la naturale espansione popolare del Festival”, si legge nel documento nel quale l’architetto ha riassunto la sua nuova visione. “A quel tempo l’avevo immaginato come il luogo per il Festival off. Oggi lo vedo come un viaggio nel tempo che solo la magia del cinema e dell’immagine virtuale possono regalare. Il pubblico deve poter vivere esperienze multisensoriali”. Esperienze da svolgersi in una piazza dalla quale si diramano 3 strade, quelle del presente, del passato e del futuro. “La struttura dell’allestimento va pensata come una scenografia che diventa un set cinematografico. Per sua natura solida, quanto basta per il suo tempo di vita, che costi il minimo e che dia il massimo effetto”; la piazza, in quanto luogo d’incontro, va immaginata minimalista (“panchine, un poco di verde, una fontana”).

Dalla polenta ai cuochi robot

Tre strade, tre temi (presente, passato, futuro), sei tipologie di contenuti: food, drink, market, music, art, movie. Alcuni esempi: in ambito “food”, il passato recupera la memoria di gusti antichi (polenta, minestroni, farina di castagne); il presente propone slow-food e fast-food di qualità preparato da giovani chef; il futuro offre insetti, formaggio e carne vegana, alimenti ‘spaziali’ (il cibo degli astronauti in orbita) e quello dei cuochi robot, «come già succede a New York». Per la categoria “drink”, si va dagli antichi distillati alle birre artigianali odierne a quelle prodotte partendo dal pane di recupero; nel “market” si va dal romantico brocante di un tempo all’odierna attenzione per il riciclo, fino alla virtual reality che permette d’indossare virtualmente un capo prima di acquistarlo. In ambiti “art”, la riproposizione della fiera ambulante che andava di borgo in borgo conduce agli odierni graffiti, fino alle videoinstallazioni; in ambiti “movie”, invece, si va dal film muto (‘sonorizzato’ dal vivo) al presente di un pubblico ‘dentro’ la scenografia, dai videogame su schermi di cemento (i muri della Rotonda) ai registi di strada interattivi. Nel futuribile, tornano i robot in zona “music”, come band al completo, suonante.

Quel vecchio progetto di smaltimento rifiuti

In questo nuovo concetto, Poroli vede la possibilità di animare la sua Piazza del tempo “organizzando durante il giorno dei casting all’interno delle 3 scenografie con ditte professionali”. Casting, provini, ma anche “riprese vere e proprie fatte dai registi di strada, nuova figura nel mondo del cinema del futuro”. Finanziariamente, l’architetto individua apporti economici nel “bacino degli sponsor di videogame che sono tantissimi e ricchissimi” e nei “diritti per le riprese all’interno di questo set cinematografico” (social inclusi, “per incassare sul numero di visualizzazioni”). In ambito ecologico, l’architetto rilancia la già ricordata (e bocciata, anni fa) “ditta produttrice di stoviglie in plastica biodegradabile che ha sviluppato una macchina che trasforma i propri piatti, forchette, cucchiai e bicchieri in terra vegetale”, dal più rapido smaltimento. «Quello di agosto – conclude Poroli – pensavo fosse uno sfogo soltanto mio. E invece ho trovato e continuo a ricevere consenso da giovani, meno giovani, famiglie di ogni provenienza e ceto sociale, che mi descrivono la loro esperienza in quello spazio come “entriamo, facciamo il giro e usciamo”. Uno spazio «amorfo, nel quale nessuno spende più».

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