Locarnese

L'Alpe Cardada e i suoi (quasi) eremiti

Storia di Claudio ed Elisabeth Ranucoli, saliti in quota a gennaio per dar vita al progetto patriziale di agriturismo

10 luglio 2018
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La nuova vita è un violento temporale sopra il Trosa «che ci fa sentire piccoli così»; è un tramonto sul lago osservato dalla croce dell’Alpe Cardada «per rimetterci in pace con il mondo». È accogliere escursionisti locali e turisti in quota, premurarsi di farsi trovare pronti, quali nuovi arrivati, rispetto alle aspettative di chi per decenni aveva frequentato il luogo con la precedente e fortunata gestione Varalli. La nuova vita, per Claudio ed Elisabeth Ranucoli, è reinventarsi ogni giorno, tenendo fede a un impegno preso sul lungo termine, affrontando i piccoli e grandi inconvenienti che sono propri di un’avventura di questo tipo e che si arricchirà di nuovi importanti scenari. La nuova vita è, infine, tenere assieme lo staff, motivarlo, giocare di squadra nel senso di essere interscambiabili «perché a un cameriere capita di dover andare a tagliare l’erba, o sbrigare altre faccende che normalmente la professione non prevede».

Claudio ed Elisabeth hanno assunto la gestione della capanna all’Alpe Cardada (ristorazione e 58 posti letto) da pochi mesi. È stata affidata loro dal Patriziato promiscuo di Brione s/Minusio, Mergoscia e Minusio, desideroso di puntare maggiormente sul concetto di agriturismo, ben disposto a sfruttare in ottica contadina il territorio circostante e intenzionato a investire anche in una struttura per la produzione casearia. Al centro del progetto, i nuovi gerenti, che la 'Regione' ha incontrato all’Alpe in una giornata di sole: «Un’eccezione, finora – ha commentato Claudio Ranucoli –. Diciamo che se l’inverno doveva marcare presenza, l’ha fatto egregiamente. Siamo entrati in capanna a gennaio e da allora neve, freddo e acqua ci hanno costantemente tenuto compagnia, anche nel corso della primavera. Un ottimo collaudo, accompagnato da tanti chili sulle spalle e camminate impegnative nella continua spola fra piano e Alpe. L’esperienza non è stata insomma banale».

Non lo è stato di certo quel sabato in pieno inverno che Elisabeth e Claudio non dimenticheranno mai. «Fuori c’era un tempo da lupi e noi chiusi dentro a guardare dalla finestra, sperando che il vento cambiasse. A un certo punto sentiamo bussare alla porta: erano dei viandanti. “Avete aperto?”, ci chiedono. “Ovvio!”, rispondiamo, “accomodatevi”. Poco dopo arrivano altre due persone, poi altrettante. Li abbiamo serviti tutti al meglio, con quello che c’era in capanna. E abbiamo parlato, ci siamo conosciuti come forse non avremmo potuto fare in altre più affollate circostanze. Un momento bellissimo di condivisione». Come accennato – e pubblicamente annunciato nei mesi scorsi –, il progetto del Patriziato promiscuo è destinato ad ampliarsi. Attualmente lo sviluppo è allo studio.

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