Locarnese

Beni culturali in Ticino fra proposte, critiche e ricorsi

L'Associazione Rivapiana di Minusio contesta l'inventario pubblicato dal Municipio. Critiche e ricorsi anche a Locarno, Bellinzona e Lugano

La chiesa di San Quirico a Rivapiana (foto Tipress)
10 aprile 2018
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In materia di tutela dei suoi beni culturali il Municipio di Minusio non ha fatto bene i compiti. Lo sostiene, in una piccata lettera inviata allo stesso esecutivo (e in copia alla stampa), l’Associazione Quartiere Rivapiana, che “contesta fermamente il contenuto dei documenti messi in consultazione il 2 marzo”. Documenti che altro non sarebbero se non “la ripresa di quanto inviato al Comune dall’Ufficio dei beni culturali del Dipartimento del territorio, affinché il Comune, secondo direttive dello stesso Dt, controlli, completi l’elenco e poi svolga un’approfondita ed esaustiva analisi dei singoli oggetti, ponderandone gli interessi, da dettagliare nel rapporto di pianificazione”. Il Municipio si sarebbe insomma limitato a pubblicare quei documenti, “non ossequiando direttive e procedure cantonali”. Questo modo di agire, secondo l’Associazione di quartiere, “conferma la scarsa attenzione da parte dell’esecutivo comunale verso la questione dei beni culturali, nonché l’utilizzazione impropria dello strumento dell’informazione e della partecipazione”. Inoltre, “constatando che i termini per il completamento delle norme di Pr riguardanti la tutela dei beni culturali richiesti dal governo nel luglio 2008 continuano ad allungarsi”, l’Associazione “chiede formalmente al Municipio di iniziare a tutelare i beni culturali proposti dal Cantone per il tramite di una ‘zona di pianificazione comunale’, in modo che durante tutta la fase di approfondimento tecnico, ancora necessario per arrivare all’adozione del Consiglio comunale, i beni esistenti siano salvaguardati, evitandone demolizione o altro”.

‘Una scheda per ogni oggetto’

Nella lettera l’Associazione nota che “il Municipio non ha il permesso di pubblicare questi documenti facendoli passare come se fossero l’ossatura portante della proposta di variante di Pr, già solo per una questione di competenze”. E non è chiaro “quale ruolo abbia avuto lo studio privato di pianificazione che ha firmato la variante di Pr”. Una procedura pianificatoria di questa importanza, aggiunge, “necessita giocoforza di un’entrata in materia ben approfondita da parte dell’autorità comunale e del suo pianificatore incaricato”. Questo, tramite “una lettura territoriale attenta, critica e raffinata degli oggetti censiti, indicando con chiarezza e metodologia i motivi che giustificano l’esclusione di eventuali determinati edifici o manufatti”. Per farlo “risulta necessario elaborare una scheda descrittiva per ogni singolo bene culturale degno di protezione e conservazione”, evidenziandone “importanza storica e artistica, importanza scientifica, ideale e materiale, tecnica, storica, paesaggistica e urbanistica, stato di conservazione, ecc.”. A Minusio il dossier messo in consultazione comprende fra l’altro il rapporto tecnico degli Studi Associati Sa, il preavviso della Sezione sviluppo territoriale, il Perimetro di rispetto archeologico cantonale, l’elenco dei beni culturali protetti in vigore, nonché quelli di edifici e manufatti censiti al 28 febbraio 2017 e di cappelle e affreschi protetti dal Pr e il Piano del paesaggio. Interpellato per una eventuale giustificazione, il municipale Paolo Kähr non si esprime nel merito notando semplicemente di «non aver ancora visto la lettera, dato che il 5 aprile non c’è stata seduta di Municipio. Ne prenderemo atto, credo, domani (stasera, ndr)».

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 Locarno il lavoro che ha preceduto l’emanazione del messaggio municipale ha richiesto uno sforzo non indifferente, ricorda il capodicastero Pianificazione Paolo Caroni: «Con il nostro pianificatore è stata fatta un’analisi di ogni singolo oggetto e ciò ha richiesto un notevole impegno, anche tenendo conto del fatto che molte scelte possono essere opinabili. Esaurito (a dicembre) il periodo di consultazione, l’opera è ora conclusa e a breve uscirà il messaggio con le scelte della Città, su cui dovrà esprimersi il Consiglio comunale». Nell’ambito della consultazione, ricordiamo, “manchevolezze e incongruenze” nonché “informazione e coinvolgimento insufficienti” erano stati rilevati dal Gruppo territorio della sezione socialista, che in particolare aveva criticato “la vetustà e l’incompletezza” del piano catastale utilizzato, dove figuravano “edifici ormai scomparsi da tempo” ma ne mancavano altri di più recente costruzione. Una critica puntuale era anche stata sollevata dagli Amici del Teatro di Locarno a seguito del mancato inserimento dello stabile fra i beni degni di protezione. Comunque, quelli cui fa riferimento il messaggio sono una settantina.

A Bellinzona sono passati quattro mesi da quando, lo scorso 4 dicembre, il Consiglio comunale di Bellinzona ha avallato all’unanimità il messaggio per la tutela di edifici e beni meritevoli di protezione nel comprensorio della “vecchia” Bellinzona. Da allora però l’iter è fermo perché un cittadino – proprietario di un bene inserito nell’elenco – ha interposto ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del legislativo. L’esercizio, ricordiamo, è cominciato nel 2013 dopo le proteste sorte dopo la demolizione del villino Salvioni in viale Franscini (dov’è poi sorto il palazzo sede di TicinoTurismo) e in risposta a una mozione Ppd e a un’iniziativa dei Verdi. Sono 243 gli oggetti proposti dal Municipio: per 66 la tutela è già assicurata essendo inclusi nel Piano particolareggiato del centro storico per il quale si chiedeva, ed è stata approvata dal Cc, una variante. La seconda variante, pure accolta, concerneva il Piano del paesaggio per altri 177 oggetti, scesi tuttavia a 157 poiché 20 si trovano nel quartiere San Giovanni che il Dipartimento del territorio intende sottoporre a protezione cantonale. L’iter prevede ora l’elaborazione di un’Ordinanza comunale che fissi il modus operandi per l'elargizione di eventuali sussidi e l’istituzione di un apposito fondo da cui attingere. Quanto ai 12 ex Comuni aggregati, risulta che in molti casi gli oggetti meritevoli sono già protetti dal Cantone, oppure sono già stati inseriti da tempo nei rispettivi Piani del paesaggio; una valutazione su altri eventuali oggetti meritevoli di tutela sarà svolta nell’ambito del Masterplan che l’esecutivo avvierà entro questa estate come primo passo verso l’elaborazione di un Piano regolatore unico del comprensorio aggregato.

Sul Ceresio iter ultradecennale

Sono 123 i beni culturali da tutelare a Lugano. Dieci sono però contestati al Tribunale amministrativo cantonale (Tram) da altrettanti ricorsi. Fra questi spicca quello inoltrato dalla Cassa pensioni della Città di Lugano (Cpl), che non accetta la salvaguardia dei palazzi del rione Madonnetta situati tra via Marco da Carona e via Ferri. In riva al Ceresio il tema ottiene l’attenzione che merita dalla politica dopo l’ampia risonanza mediatica attorno all’abbattimento di alcuni edifici storici una dozzina di anni fa. L’iter venne avviato dal Municipio nel marzo 2008 con la variante di Piano regolatore relativa ai beni culturali delle sezioni di Lugano, Castagnola e Brè al Dipartimento del territorio. Nel 2009 fu messa in consultazione e all’esecutivo giunsero una trentina di osservazioni. L’incarto arrivò al Consiglio comunale che, nel settembre 2011, lo adottò e ampliò. Dopo la pubblicazione, giunsero 18 ricorsi tutti respinti nell’aprile dell’anno scorso dal Consiglio di Stato, che ordina alla Città di includere altri 22 oggetti.

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