Locarnese

Fuoco in cantina, e in casa armato fino ai denti

Imputato per tentato assassinio plurimo, nel 2017 incendiò uno stabile a Solduno. Nell'appartamento fucili, pistole, pugnali, mitra, munizioni e il 'Mein Kampf'

((Ti-Press))
9 marzo 2018
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La domanda ricorre in tutti i traslochi: “Come saranno i nuovi vicini?”. Magari fosse possibile conoscere in anticipo le stranezze di chi sta dall’altra parte del muro. Soprattutto se il vicino custodisce tre pugnali, due baionette, due Beretta 9 millimetri, una Glock calibro 17, un revolver Smith & Wesson, una Colt Mk, due fucili d’assalto, un Winchester a pompa, un semiautomatico Franchi, una carabina semiautomatica, una mitragliatrice, caricatori e munizioni in quantità industriale, tre bottiglie di polvere da sparo e una copia del ‘Mein Kampf’, best seller di Adolf Hitler. Fino a quando il presidente della corte Marco Villa, dal banco delle Criminali di Locarno in Lugano, non emetterà la sentenza, l’imputato del processo di cui parliamo potrà sempre appellarsi al diritto di collezionare armi. Ma soltanto mettendo il suddetto arsenale in relazione con quanto contenuto nell’atto d’accusa della pp Chiara Borelli si può capire appieno il rischio corso dagli inquilini di uno stabile di via Franzoni a Solduno, svegliati all’alba del 2 marzo del 2017 da una deflagrazione proveniente dalle cantine, sature di benzina. Trenta sfollati, 4 a rischio intossicazione e danni allo stabile per circa 470mila franchi. Il 56enne accusato dei fatti (attualmente in espiazione di pena), difeso dall’avvocato Deborah Gobbi, si sarebbe dovuto presentare ieri mattina in aula per rispondere di assassinio plurimo, tentato, incendio intenzionale, rappresentazione di atti di cruda violenza (scaricati online), pornografia, contravvenzione alla Lf sulle armi. Ma ha disertato l’aula. «Sarà una seduta sui generis», ha esordito il presidente della corte Marco Villa, riferendo che «lo scorso 5 marzo in carcere, al momento della colazione, una guardia ha scorto l’imputato contro l’armadio nella posizione di un impiccato». Ricoverato al Civico di Lugano per accertamenti fisici e psichici, senza necessità di rianimazione, gli è stata successivamente riconosciuta «la capacità processuale». Ancora parole di Villa: «Non mi esprimo su un eventuale gesto dimostrativo. Non sta a me dirlo. Constato soltanto l’impossibilità che il processo abbia luogo». Un secondo rifiuto, nella nuova udienza che si terrà molto presto, porterebbe a un giudizio in contumacia.

‘Niente scrupoli e modalità perverse’

L’uomo avrebbe agito “sapendo del pericolo che ciò comportava agli inquilini”, la cui sorte “anche letale gli era indifferente”. Per l’accusa, un gesto eseguito “in assenza di scrupoli e con modalità e movente particolarmente perversi”, per “sete di vendetta e controllo”. Vendetta scaturita dalla “diffida per mora nel pagamento di una pigione“, vista dall’uomo come una “ritorsione nei suoi confronti” per le lamentele nei confronti di uno stabile definito “merdaio”. Nello specifico, violazioni di orari e turni in lavanderia e una vasta gamma di rumori molesti: “il ticchettio di un rasoio sul lavabo alle 6 di mattina”, “lo strimpellare al pianoforte della bambina di un’inquilina”, “il trapano alle 22 di sera”, “assembramenti di oltre 16 persone in locali di 20 mq”. Per l’accusa, la premeditazione starebbe nella cancellazione “delle email relative alle controversie con l’amministrazione”, nello spostamento della documentazione cartacea “in cantina dove sarebbe bruciata”, nella proroga per lasciare i locali il 2 marzo 2017, “sapendo invece che la notte tra l’1 e il 2 marzo 2017 avrebbe appiccato il fuoco”. Dopo avere incendiato le cantine, sempre per l’accusa, l’uomo aveva intenzione di rientrare in casa per uccidere la coinquilina (ex compagna), affetta da gravi patologie psichiatriche. Un’azione che si sarebbe potuta estendere anche ad “eventuali inquilini e/o terzi che fossero intervenuti”. Lo dimostrerebbero le pistole, il fucile d’assalto e quello a pompa ritrovati carichi. La detonazione, che avrebbe “risucchiato” l’uomo costringendolo a fuggire, e il fumo generato dall’incendio sarebbero stati la salvezza degli inquilini, svegliati da entrambi e spinti a chiamare i soccorsi. Ai quali l’imputato, visto compromesso l’intero suo piano operativo, si sarebbe consegnato, sperando di passare inosservato...

 

Il commento

Un arsenale in casa. Le nostre domande
di Matteo Caratti


L’atto d’accusa per assassinio plurimo tentato di cui riferiamo a pagina 12 fa tremare le vene ai polsi. Un tizio non sopportando più i coinquilini del palazzo (per es. per il ‘ticchettio del rasoio sul lavabo alle 6 di mattina’) ha deciso di vendicarsi incendiando l’immobile in cui viveva con altre famiglie, cospargendo in piena notte – alle 4 di mattina, mentre tutti dormivano! – di benzina le cantine e poi appiccando il fuoco. Pensava pure di eliminare la sua ex amica ed eventuali inquilini che fossero intervenuti in suo aiuto. Come? ‘Semplice’ quando si ha un arsenale in casa. Diverse pistole, fucili (d’assalto e pompa) e persino una mitragliatrice con tanto di colpi. Fra gli altri reati a processo non mancano la rappre- sentazione di atti di cruda violenza e la pornografia, e fra gli oggetti sequestrati c’è persino il ‘Mein Kampf’. Nessuno vorrebbe avere un simile vicino di casa. Solo il caso (il botto una volta appiccato l’incendio) ha fatto scappare il presunto assassino e svegliare gli inquilini. Potevamo essere qui a raccontare di una strage, simile a quelle che accadono negli Usa. Certe persone con problemi gravissimi, anche solo con sé stessi, come fanno a possedere tranquillamente un vero e proprio arsenale in casa? E – altra domanda speculare alla precedente – quanto è protetta la comunità da casi certamente limite (ma non impossibili) come questo? Speriamo che il processo aiuti anche a dare delle risposte.

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