Locarnese

'I promotori del Parco ora mirano alla Rovana'

Dure critiche dei cacciatori della Diana Valmaggese al progetto. A 10 anni di distanza dalla bocciatura di Cevio, le 'doppiette' rinadiscono la loro opposizione

(Ti-Press)
6 marzo 2018
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È trascorso un decennio dalla decisione della Vallemaggia di non abbracciare il progetto di Parco nazionale del Locarnese. Eppure, di quello che – a detta del presidente della società cacciatori Diana Vallemaggia, Aaron Balli – costituisce un controverso progetto, si parla ancora. «Siamo riusciti, grazie all’impegno di chi ha approfondito il tema, a evitare di trovarci dentro fino al collo in qualcosa che, oggi ancora, si prende troppo alla leggera. Questo progetto – ha commentato sabato, dinnanzi ai numerosi soci accorsi per l’assemblea annuale, svoltasi al Centro scolastico Ronchini di Aurigeno – sarebbe un nuovo modello di gestione del territorio e passaggio di poteri che altro non farebbe che dare nuova linfa a gruppi di protezionismo scriteriato, calpestando le libertà individuali, le tradizioni e quel che resta della nostra cultura contadina e venatoria che, ancora oggi, caratterizza la nostra comunità». Tornando con le lancette del tempo alla consultazione che sancì l’uscita di Cevio dall’iniziativa (ente che, allora, abbracciava il 40% del territorio della progettata riserva ambientale), Balli ha rimarcato «l’intenzione, dichiarata, dei promotori di voler riassorbire il territorio della Rovana e, quindi, di ricongiungere Bosco Gurin (unico Comune ad aver aderito al Parco, ndr) all’attuale perimetro». Un piano d’azione che, secondo il numero uno della Diana Vallemaggia, non fa che calpestare la volontà popolare. Altro tema sul quale si è soffermato, nel suo lungo intervento, quello della progettualità. Egli ha contestato l’affermazione secondo la quale “votare ‘no’ al Parco equivale a condannare il distretto all’immobilismo : «Questi signori non vedono tutti gli investimenti che sono stati fatti in valle o che sono in progetto e nemmeno sono coscienti dei mezzi oggi a disposizione per i finanziamenti di progetti promossi da associazioni ben più prossime alle nostre comunità rispetto a un parco di modello europeo. Pensare che possa essere il Parco stesso a finanziare i progetti di natura conservativa nei nostri comprensori è una vera e propria eresia! Il denaro è pubblico e il Parco non fa altro che trattenere una fetta abbondante dei contributi a favore di tutti i propri mandati e mandatini di studio». Lodando la propositività e le virtù di patriziati, enti e associazioni valmaggesi, Aaron Balli ha ribadito la contrarietà della Diana Vallemaggia (e di altre consorelle) alla riserva verde: «Se veramente fosse un affare per le regioni coinvolte, pensate veramente che gli svizzero-tedeschi, abituati a lasciar solo le briciole al Ticino, si sarebbero lasciati sfuggire tale opportunità?».

Catture, tra alti e bassi


Tra gli altri temi discussi dai cacciatori valmaggesi figura quello delle catture. Stando ai dati forniti, nel caso del camoscio sono stati 160 i capi abbattuti (numero stabile); discorso che vale anche per i caprioli (46 catture); i cervi uccisi sono stati lo scorso anno 83 (2147 in tutto il Ticino), un numero record. Discorso un tantino diverso per quanto attiene al cinghiale, dove si è registrata una netta diminuzione delle catture tramite campicoltura, mentre nella caccia normale si è assistito al fenomeno inverso. Numeri altalenanti, infine, quelli della caccia bassa. Sono stati abbattuti più fagiani, mentre beccaccia e pernice fanno segnare un calo. Un’ultima annotazione riguarda una ricorrenza: la Diana Vallemaggia compirà infatti gli 85 anni nel 2019. Un traguardo che il sodalizio, forte di oltre 320 soci, intende festeggiare in modo degno.

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