Locarnese

Ponte Brolla, alla riscoperta degli antichi grotti

Un gruppo di lavoro delle Terre di Pedemonte, supportato da enti pubblici, si è attivato per riqualificare queste testimonianze architettoniche del passato

25 febbraio 2018
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La salvaguardia e valorizzazione degli antichi grotti di Ponte Brolla. Di questa lodevole iniziativa, partita quattro anni fa per volontà di Carlo Mina e Renato Gobbi, si occupa l’omonimo gruppo, costola dell’Associazione Amici delle Tre Terre di Pedemonte. Grazie anche all’importante sostegno da parte di enti pubblici che hanno preso a cuore la tematica, questi luoghi freschi di ritrovo e di transito delle genti nel lontano passato (la società rurale) tornano a far parlare di sé. A Ponte Brolla, nascosti in parte tra la vegetazione, ai piedi della montagna, se ne contano una quarantina. Nulla a che vedere con gli attuali esercizi pubblici sinonimo di cucina ticinese tradizionale, sia ben chiaro. Si tratta di semplici “cantine”, seminascoste sotto roccia, raggruppate in un nucleo, appartenenti a famiglie della zona. Persa la loro originale funzione, questi particolari edifici rurali cresciuti quasi in simbiosi col territorio naturale hanno conosciuto, in tutto il Ticino, una notevole diffusione. Su di loro, come detto, si è focalizzata l’attenzione del gruppo anitichi grotti. «L’idea di rilanciare l’immagine di questo luogo – spiega Carlo Mina – è nata quando ci siamo resi conto che queste preziose testimonianze del passato versavano in uno stato di abbandono. Dopo un sopralluogo che ci ha permesso di constatare l’effettivo degrado, ci siamo impegnati buttando sulla carta alcune idee. Varie componenti sono andate in seguito agganciandosi, è nato così un processo in divenire che continua oggi ancora».
Questi manufatti diffusisi in maniera marcata nella seconda metà dell’Ottocento come “primitivi” frigoriferi (le cantine scavate nel terreno fungevano da deposito di conservazione degli alimenti per lunghi periodi, mentre all’esterno un tavolo e delle panchine in sasso consentivano di gustarsi cibi e bevande al fresco), proprio per il loro aspetto architettonico peculiare e la loro funzione sociale hanno risvegliato, in questi ultimi tempi, un po’ ovunque, un notevole interesse. Una sorta di riscoperta di queste piccole costruzioni sorte sotto enormi macigni, nelle quali le antiche famiglie patrizie di Tegna trascorrevano le domeniche, al riparo dal sole sotto gli alberi.
Attualmente nel gruppo di lavoro sono coinvolti, oltre all’ Associazione amici delle Tre Terre di Pedemonte, il Museo Regionale delle Centovalli e del Pedemonte, il Comune, il Patriziato di Tegna, alcuni proprietari privati. Non poteva mancare il supporto del Progetto di Parco Nazionale del Locarnese. Proprio quest’ultimo, su incarico del Comune, ha eseguito uno studio sullo stato di conservazione dei grotti e sui possibili interventi di manutenzione da svolgere. La redazione del documento ha richiesto diversi mesi ma ha permesso di catalogare tutti gli edifici presenti nel perimetro, definire le priorità d’intervento e i possibili sviluppi del progetto.
Promozione e future destinazioni
Al fine di coinvolgere la popolazione indigena in questa iniziativa di riqualifica, sono state promosse diverse attività. Ad esempio durante il periodo dell’Avvento 2016, è stata proposta una serata molto apprezzata con aperitivo, apertura di una finestrella del calendario, allestimento di un presepe preparato dalle Scuole speciali di Locarno e l’immancabile musica. Il prossimo 5 di maggio, invece, si terrà lo spettacolo della compagnia Teatro dei Fauni “Antenati con le radici”, che sarà seguito da un momento in compagnia. Quanto al futuro dell’iniziativa, prosegue Carlo Mina, «L’idea è di trovare un accordo con tutti i proprietari per fare in modo che ognuno faccia la sua parte, assicurando al proprio grotto un aspetto curato e decoroso. Provvederemo, in seguito, alla posa di pannelli informativi per i visitatori (l’accesso all’area, oggi, è facilitato dalla presenza di un sentiero ripristinato di recente) e, magari, chissà, un giorno anche allo sfruttamento delle cantine per lasciar stagionare il formaggio». Le idee non mancano, il necessario sostegno degli enti neppure. Ora serve però l’impegno concreto dei privati, perché il patrimonio costituito dai grotti non può essere smarrito.

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