Locarnese

Casa San Donato, il Vescovo: 'Ho sempre chiesto di verificare'

'Quando mi arrivavano le lamentele dei dipendenti, avvisavo i nostri rappresentanti nel Consiglio di Fondazione'

(Ti-Press)
6 febbraio 2018
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«Tutte le volte che mi sono arrivate delle lamentele non le ho mai lasciate cadere nel vuoto. Anzi, ho usato gli strumenti che mi sono concessi: sono intervenuto con i nostri membri nel Consiglio di fondazione, dicendo loro di fare tutte le verifiche del caso. Loro mi hanno sempre rassicurato. Al di là di questo non vedo cosa potessi fare». Mons. Valerio Lazzeri, vescovo di Lugano, era dunque al corrente dell’aria pesante che per anni ha spirato nei corridoi di Casa San Donato a Intragna. Ma è un fatto che alla fine le “verifiche del caso” le ha poi dovute fare il Laboratorio di psicopatologia del lavoro, il cui “audit” ha spinto il Consiglio di fondazione a decidere per l’allontanamento della direttrice.

Un concatenarsi di eventi, fino alla svolta conclusiva, che Manuele Bertoli, presidente del governo (rappresentato anch’esso nel gremio), commenta così: «In termini generali trovo abbastanza triste che debba intervenire il medico cantonale per dirimere una problematica che è di competenza di un Consiglio di fondazione». Termini generali che toccano inevitabilmente la situazione specifica. Una situazione segnata negli anni dalle reiterate lamentele di una buona parte degli impiegati della casa per anziani a proposito della sua conduzione, sempre rimaste lettera morta in Consiglio di fondazione, salvo poi trovare riscontro nell’audit cantonale. A questo proposito il presidente del Consiglio di Stato riflette sul fatto che «evidentemente in questo caso il Consiglio di fondazione non ha gestito quella situazione come avrebbe dovuto, visto che a un certo punto ha dovuto farsi dire da altri cosa fosse necessario fare». Ora, per Bertoli, «una riflessione profonda va evidentemente fatta». Il ministro socialista fa un passo indietro e ricorda che, «come consigliere di Stato non deputato a questo dossier, ho visto passare in governo i problemi segnalati, ma soltanto quando v’è stato il coinvolgimento dell’Ufficio del medico cantonale. Prima ne leggevamo soltanto sui giornali, come tante ne leggiamo». Nel privato sociale, aggiunge, «così come in tutti gli altri ambiti, statali e non, le situazioni difficili vanno risolte per tempo e non lasciate lì, immaginando che le cose possano cambiare». Un cambiamento «può accadere – riconosce Bertoli – ma è difficile, in particolare quando si generano degli scontri fra fazioni».

‘Doppia rappresentanza da risolvere’

C’è, poi, un’altra questione sollevata dal presidente del governo: quella della presenza nel CdF di un delegato (il dottor Tarcisio Bianda) che rappresenta sia il Cantone, sia la Curia: «Ritengo che la questione della doppia rappresentanza vada risolta. Può essere sostenuta in una situazione transitoria o contingente, ma normalmente la rappresentanza dello Stato dev’essere dello Stato e basta. È una questione di trasparenza, pulizia e chiarezza dei ruoli». Bertoli precisa comunque che «il rappresentante non è un commissario, ma uno dei membri del Consiglio di fondazione, il quale deve assumersi la responsabilità della situazione assieme agli altri membri». Mons. Lazzeri ricorda che «il dottor Bianda era stato nominato prima dalla Curia, e soltanto dopo dal governo. Io avevo sollevato la questione, almeno oralmente, ma poi la cosa è rimasta lì. Avevo anche riflettuto sull’opportunità di rivedere gli statuti per introdurre uno o due nuovi membri per distribuire bene le rappresentanze, ma non ho la competenza di procedere in questo senso».

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