Locarnese

Dal liceo di Locarno a Palazzo federale: cronaca di una lezione di civica extra muros

5 gennaio 2018
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a cura degli studenti di economia e dirittoclassi 4B, 4C e 4D, Liceo cantonale di Locarno

Locarno, lunedì 11 dicembre, squilla il telefono del nostro sore. Ci dice che è fermo alla stazione di Giubiasco e che alcuni treni sono stati soppressi e le Ffs stanno accumulando notevoli ritardi. Ci dice anche che i marciapiedi delle stazioni sono pieni di pendolari infreddoliti e un po’ arrabbiati. È un lunedì particolare in Ticino; c’è tanta neve come non se ne vedeva da un po’. Una copiosa nevicata annunciata con largo anticipo, che però sembra aver colto di sorpresa le Ffs. La partenza è perciò rinviata alle ore 8.50. Così, nell’ora di attesa, ci infiliamo nei bar vicini per prenderci un caffè. Puntuale arriva il treno delle Fart che ci accompagnerà fino a Domodossola. Sembrano più organizzati rispetto alle Ffs. Un viaggio lento di una cinquantina di chilometri, che attraversa paesaggi incantevoli resi ancora più idilliaci dalla neve. A Re, spicca la basilica della Madonna del Sangue, con le sue imponenti dimensioni, la sua pietra color grigio e le cupole innevate che sembrano tanti panettoni messi insieme. Pellegrini non se ne vedono a quell’ora e con quel tempo.
Il coraggioso tracciato della Centovallina continua a salire fino a Druogno per poi scendere lentamente e puntare su Domodossola. Lì cambiamo treno e ci infiliamo in quello che ci porta a Berna. Il ritardo che accumuleremo all’arrivo sarà di soli quattro minuti. Miracolo svizzero!

Berna e la casa di Albert Einstein

Poco dopo mezzogiorno eccoci a Berna. Parte il nostro programma formativo. Eh sì, non è una passeggiata scolastica, ma sono vere e proprie lezioni extra muros. Meta principale Palazzo federale. Usciti dalla Bahnhof, fra i molti bus e tram che transitano, intravediamo il 19 che ci porta diretti all’ostello. Prendiamo le camere, depositiamo i bagagli e ci vestiamo, per volere del sore, con un abbigliamento consono al rispetto della maggior istituzione politica federale. Fa molto freddo, ma siamo gasati.
La nostra prima meta è la casa bernese di Albert Einstein. Qui una guida con un italiano molto traballante ci racconta la storia del più celebre fisico che soggiornò nella capitale per diversi anni. In questo modesto appartamento, Einstein elaborò una delle teorie più rivoluzionarie che cambiò la storia della fisica. Sulle anguste rampe di scale che portano al piccolo appartamento incrociamo persone che arrivano da molto lontano. Lo si intuisce dalle loro lingue: spagnolo, cinese e inglese. Forse c’era anche qualche giapponese, ma non siamo riusciti a capirlo bene. Finita la visita cerchiamo un suggestivo bar per un caffè, che da quelle parti costa più del doppio che da noi. Per riscaldarci siamo disposti a spendere quasi cinque franchi per un caffè.
Eccoci finalmente sulla Piazza federale. L’imponente Palazzo ci attende. Ma prima di entrare, dobbiamo ancora aspettare. Lì sono precisi, se ci siamo annunciati per le 17.30 non è possibile entrare prima. Il sore si fa avanti, cerca di contrattare l’entrata anticipata con le guardie. Noi ci mostriamo infreddoliti, alcuni cercano di battere i denti per rendere ancora più significativa la nostra momentanea situazione. Niente da fare. Sono precisissimi e poco flessibili. Tentativo andato a vuoto. Così decidiamo di prendere ancora un bel po’ di freddo. Un altro caffè ci avrebbe portato fuori budget. Puntualmente, alle 17.30, siamo davanti all’entrata che si affaccia sull’Aar, un panorama molto bello.

Palazzo federale: dove si fa la vera politica?

Dopo le imponenti misure di sicurezza dell’entrata, una sorta di slalom fra agenti della sicurezza con un’ermetica tenuta blu, metaldetector di ultima generazione e tapis roulant che fanno rotolare cassettine nelle quali bisogna deporre tutto quello che fa impazzire i rilevatori, ad accoglierci è una troupe della Rsi. Che onore, ci seguirà per due giorni e realizzerà un servizio per l’edizione principale del Telegiornale. Avvisiamo a casa: ci vedrete al Tg. Un momento di gloria che attira gli sguardi di tutti gli altri visitatori su di noi; anche le guardie inclinano gli occhi verso di noi, non mollando però il loro occhio vigile sui passaporti. Prima di imboccare le scale che portano nelle sale del Palazzo, ci soffermiamo su una delle ristampe della carta Dufour. È la prima cartina ufficiale della Svizzera pubblicata nel XIX secolo. Un capolavoro. Saliamo le scale con i gradini di granito ticinese e, fra addobbi natalizi e luci soffuse, ci appare l’imponente atrio del Palazzo. Siamo sotto la cupola. La croce svizzera fa un po’ da madre ai blasoni dei vari Cantoni. Manca solo quello del Canton Giura, che è stato posto poco distante visto che la sua indipendenza è avvenuta nel 1979.
Saliamo dapprima sulle tribune del Consiglio degli Stati, dove incrociamo il simpatico sorriso della nostra presidente Doris Leuthard intenta a rispondere ad un consigliere agli Stati che le aveva chiesto di far transitare più treni merci sulla linea di montagna (quella vecchia del San Gottardo) per lasciare più spazio al transito dei treni passeggeri nella galleria AlpTransit. Non ci sembra una cattiva idea. Dopo gli Stati accediamo alle tribune della grande sala del Consiglio nazionale. Dal grande dipinto intitolato “Culla della Confederazione” emerge una panoramica del lago dei Quattro Cantoni. A guardarlo sembra un’altra stagione rispetto al clima che c’è fuori Palazzo. La sala è un po’ rumorosa, si fa fatica a capire cosa dicono i parlamentari. Qui c’è anche il consigliere federale Alain Berset, prossimo presidente della Confederazione. Non ha nemmeno un foglio sul suo tavolo. È lì solo per ascoltare e rispondere. È in attesa del voto su un postulato che chiede un pensionamento flessibile dai 58 ai 70 anni senza conseguenze negative. Due terzi del parlamento votano contro.
Quello che ci ha colpiti durante la visita delle due camere è l’apparente disinteresse da parte dei deputati nei confronti di chi deteneva la parola. Mentre un oratore esponeva quanto aveva da dire, in sala ognuno sembrava intrattenersi con altri impegni: chi utilizzava il tablet o il telefonino, chi chiacchierava con il vicino di banco, chi si spostava per parlare con esponenti di altri gruppi politici. Molte sedie erano vuote. Ma ecco svelato l’arcano: assenze e scarsa attenzione sono una norma e sono giustificate dalla decisione già presa da parte dei parlamentari a proposito di un determinato tema. Non hanno dunque bisogno di riascoltare di nuovo una lettura di postulati/mozioni. La loro opinione se la sono già fatta. L’importante è essere presenti al momento del voto. Scorgendo seduti su due poltroncine, due deputati di aree politiche differenti che parlavano fra di loro, ci viene detto: “Visto ragazzi? È qua fuori che si fa la vera politica, lì dentro il più delle volte la presenza è solo per votare”.
L’attesa d’incontrare la nostra deputazione alle Camere ci fa salire l’adrenalina. Prima però dobbiamo ancora completare la visita. La nostra preparatissima guida ci illustra il Palazzo in chiave architettonica e simbolica. Iniziamo a cogliere lo spirito di equità e di differenza, caratteristici della Svizzera. La decisione di collocare le due Camere del parlamento sullo stesso piano per sottolineare l’uguaglianza di potere, le 24 tonnellate di bronzo raffiguranti i “Tre Confederati”, le quattro statue che si rivelano essere una rappresentazione delle quattro regioni linguistiche e la famosa cupola che insieme alle le sue vetrate funge da corona per il mosaico che ritrae la croce svizzera, sono tutti simboli che rappresentano il nostro modo di vivere. Sono simboli che troviamo nella vita reale e organizzativa del nostro Paese.

Ora la deputazione: chi romperà il ghiaccio?

Sono ormai le sette di sera quando veniamo accompagnati in una grande sala riunioni. La troupe della Rsi è sempre al nostro fianco, non ci molla. Eccoli che arrivano, ad uno ad uno. Inizieranno loro o dobbiamo cominciare noi con le domande? Chi di noi romperà il ghiaccio? Riusciremo a farci capire? Non ci tremerà la voce? In realtà dovremmo sentirci sicuri perché a scuola avevamo ben preparato l’incontro. I temi da discutere sono diversi. Quello che però ci chiediamo è: “Ma dopo una giornata intensa avranno ancora voglia di parlare con noi?”. Ebbene sì, hanno preso sul serio il nostro incontro.

Il ghiaccio ormai è rotto. Fioccano le domande, inizia il dibattito. I temi vanno dai premi delle casse malati, alle relazioni fra Svizzera e Ue, al diritto internazionale rapportato a quello nazionale, alla riforma del sistema sociale, all’importanza della democrazia diretta e alla concordanza politica. È bello percepire le differenti visioni del mondo e i diversi modi di pensare quando riceviamo le loro risposte. È bello soprattutto sentir discutere in maniera civile. Ma quello che ci è piaciuto ancora di più è stata la loro naturalezza: quando ci parlavano, sentivamo la loro umanità. Sono quasi le otto di sera, stiamo ancora discutendo, alcuni parlamentari avrebbero anche altri impegni, altri invece vogliono stare ancora con noi. Così alcuni ci accompagnano in un bar vicino per continuare a discutere. Sono quasi le nove di sera, se non avessimo fatto presente la nostra fame, i parlamentari si sarebbero intrattenuti ancora. Ma da quelle parti oltre una certa ora non si trova più niente da mangiare. Meglio cercare un ristorante. Impossibile trovarne uno per stare tutti insieme. Ci suddividiamo così in due o tre gruppi, alla ricerca di un ristorantino tipico. Non possiamo farci sfuggire i classici rösti. Alcuni hanno osato la fondue di formaggio. Il clima richiama queste specialità.
Sono quasi le undici. Il freddo non ci molla. “Sore, dobbiamo per forza rientrare?”. Niente da fare, gli ordini sono ordini, il prof. non cede. Riprendiamo il 19 e rientriamo all’ostello. Non abbiamo sonno però. Il sore ci propone un briefing per preparare le interviste del giorno dopo alla Rsi. Siamo nettamente fuori orario, ma ne vale la pena. Non sentiamo il peso dei muri scolastici. Ci ritroviamo così nell’ospitale saletta d’entrata dell’ostello e cominciamo a discutere. Siamo oltre la mezzanotte e alle sette dobbiamo alzarci.

Ritorno a Palazzo e le interviste per il Tg

Puntuali alla colazione delle 7.30 ci apprestiamo a ritornare a Palazzo. Due volte in due giorni. Il solito rito della sicurezza ci attende. Puntuale arriva anche la troupe della Rsi per le interviste. In cinque hanno deciso di sfidare la telecamera, che mette non poca soggezione. Telecamera e luci sono posizionate in un corridoio di Palazzo. ‘Vai prima tu. No, vai prima tu. Va bene vado prima io.’ Partono le domande. L’adrenalina ormai ha raggiunto l’apice. Saremo al Telegiornale principale della Rsi. Poi ci aspetta ancora un denso programma. Due conferenze nella sala delle commissioni. Un privilegio avere a nostra disposizione questa sala enorme e molto bella per una mattina intera. Sono due i temi che discuteremo, però senza i politici. Il primo riguarda il plurilinguismo in Svizzera e lo facciamo con Nicoletta Mariolini delegata della Confederazione per il plurilinguismo nell’Amministrazione federale. È competente, va a ruota libera e ci dà molte informazioni. Siamo rimasti un po’ delusi quando ci ha detto che lo svizzero-tedesco è la lingua più parlata nel mondo del lavoro in Svizzera, una lingua che pochissimi di noi sanno. La seconda conferenza è sul tema delle lobbies. Ad introdurcelo è un esperto: Angelo Geninazzi, collaboratore della società Furrer Hugi. Pure lui competente e chiaro nel suo intervento. Fioccano le domande. Avremmo voluto discutere ancora, ma eravamo già oltre l’orario stabilito e alle 13.30 dovevamo entrare al Kunstmuseum.

Infine un tocco d’arte

Nel museo visitiamo due mostre: quella della collezione del trafficante d’arte nazista Hildebrand Gurlitt, che espone opere su carta, e quella della Fondazione Hahnloser che conta artisti come Vallotton, Cézanne, Van Gogh, Renoir e Manet. Grazie al tempo a disposizione, siamo sconfinati anche nella mostra permanente, un altro gioiello del museo! Sono quasi le nove del martedì. Eccoci di nuovo in stazione a Locarno. Tutti a casa, domani si inizia già alle 8.10.
Che dire ancora. Per questa nostra esperienza vorremmo ringraziare tutta la deputazione ticinese che ci ha offerto quest’unica occasione e privilegio, i relatori, la troupe della Rsi che ci ha seguiti per due giorni, chi ha organizzato questa uscita e la direzione del Liceo di Locarno, che ci ha permesso di uscire, varcare le mura scolastiche per fare un’importante lezione di civica.
La forza della Svizzera sono anche queste cose.

Ecco la lista degli allievi delle classi 4° B, C e D di economia e diritto del Liceo di Locarno che si sono recati a Berna coi prof. Roberto Stoppa e Paolo Beretta:

Al Shweiki Sami Enea, Ambrosini Céline, Angelov Nikola, Benhamza Karim, Biasca-Caroni Leonardo, Brovelli Gaia, Brusa Giulia, Caloz Julie, De Liso Marco, Foiada Silvia, Kirchlechner Nathalie, Losa Manuel, Mosquera Alejandra, Ossola Emma, Salvi Jamal, Simonini Alessio, Soldati Alessia, Starnini Lisa, Verdone Alex, Yacoub Syria, Cistova Iana, Degiorgi Giulia, Den Elzen Dennis, Drzajic Doriano, Filippi Donato, Fioroni Ivan, Gianora Julia, Giaquinto Alessia, Ion Sarah, Kanalga Johannes, Leu Sharon, Lorenzini Vanna, Mai Elisa, Mazzei Simone, Moledo Enea, Moltrasio Justin, Morniroli Simone, Rossi Sofia, Salmina Niccolò, Vosti Oliver

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