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L’incuria mette a rischio i castagni monumentali ticinesi

Da uno studio di Caterina Beffa è emerso che in una ventina di anni la salute di oltre due terzi di questi alberi ha subito un declino (19 sono morti)

la studentessa ticinese davanti a un castagno monumentale ai Monti di Orsino in territorio di Giornico
(Caterina Beffa/Wsl)
27 luglio 2022
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Bisognerebbe occuparsi maggiormente dei castagni monumentali presenti in Ticino, visto che «sono parte integrante del patrimonio culturale ticinese e importanti per la biodiversità». In particolare a causa dell’incuria, molti di questi vecchi alberi stanno infatti soffrendo. Lo dimostra la tesi di master di Caterina Beffa (studentessa ticinese di scienze ambientali al Politecnico federale di Zurigo) che ha analizzato l’evoluzione nel tempo dello stato di salute di un centinaio di castagni giganti presenti nelle valli Riviera, Blenio e Leventina: in una ventina di anni oltre due terzi degli alberi hanno subito un declino (19 sono addirittura morti), mentre gli altri non sono peggiorati o hanno beneficiato di un miglioramento.

Campo d’indagine inesplorato

I castagni monumentali (ovvero che hanno una circonferenza del tronco superiore ai 7 metri e che possono quindi superare i 500 anni di vita) sono oltre 300 in Ticino e nel Moesano, stando all’inventario redatto intorno al 2002 da Patrik Krebs, ricercatore nella sede di Cadenazzo dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (Wsl). Un lavoro importante visto che si tratta di «un campo d’indagine inesplorato», afferma a ‘laRegione’ il ricercatore. «Spesso quando si effettuano studi scientifici sugli alberi senescenti ci si concentra su pochi esemplari. In questo caso, invece, vi è la possibilità di analizzare un’intera popolazione». Studi come quello di Beffa «permetteranno di ottenere una base statistica per individuare in modo più chiaro quali sono i fattori che entrano in gioco nel determinare i cedimenti strutturali, il peggioramento della salute e i ritmi di accrescimento a livello del tronco. Tutte questioni ancora aperte e davvero poco indagate».

Una prima tappa

Grazie al lavoro di Krebs, Beffa ha quindi potuto confrontare i dati di circa un terzo di questi alberi inventariati (101 per l’esattezza) con quelli da lei raccolti nell’ambito della sua tesi di master, cercando di capire come è cambiato il loro stato di salute nel ventennio intercorso e da cosa dipendono tali cambiamenti. Concretamente la studentessa ticinese ha misurato la circonferenza del tronco, il volume e il vigore della chioma, le condizioni della corteccia, la stabilità strutturale dell’albero – considerando la presenza di crepe e cavità, la verticalità o inclinazione del tronco, il grado di equilibrio o simmetria assiale delle branche principali, e il rapporto tra l’altezza dell’albero e la robustezza del pedale – e le condizioni dell’area circostante. Questo studio rappresenta solo una prima tappa di un disegno più grande: l’intenzione è infatti quella di svolgere lo stesso lavoro su tutti i castagni giganti inventariati.

‘Alcuni sembrano immortali’

Dall’analisi di Beffa è emerso che il 67% dei castagni analizzati ha subito un declino della salute generale, il 26% ha conservato lo stato di salute e il 7% ha addirittura beneficiato di qualche miglioramento. Ed è proprio quest’ultimo dato ad aver sorpreso la studentessa ticinese: «In generale, stando al processo naturale della senescenza, la salute degli alberi con il passare del tempo dovrebbe peggiorare. Invece, alcuni di questi castagni giganti sembrano immortali: pur diventando vecchi, riescono sempre in un qualche modo a crescere e riprendere vitalità. Anche se delle parti importanti dell’albero muoiono, altre parti rinascono generando polloni [rami che spuntano spesso ai piedi della pianta, ndr]. Questo mi ha colpito molto».

L’incuria sbilancia le chiome

Resta però il fatto negli ultimi 20 anni oltre due terzi di questi alberi ha subito un peggioramento. Quali sono i motivi? «In passato – spiega Krebs – la tradizione della castanicoltura era così sviluppata che garantiva, con un grande investimento di forza lavoro, frequenti interventi di potatura al fine di controllare e bilanciare le chiome, come pure per ottenere legna da ardere e da opera. Se invece si lascia sviluppare un albero del genere senza alcuna cura, la chioma tenderà a essere sbilanciata. E, visto che il tronco inferiore è quasi sempre cavo, in una giornata di vento o d’inverno a causa del peso della neve, possono facilmente avvenire dei cedimenti strutturali». Ad aver sorpreso il ricercatore del Wsl è stata infatti la tipologia delle morti di questi castagni: in 18 casi su 19, si è constato lo schianto a terra dell’intero albero, quando, invece, ci si poteva aspettare che fosse la vecchiaia o una malattia a determinarne il lento declino.

Eventi climatici estremi sempre più frequenti

Insomma, l’abbandono sembra essere la causa principale del peggioramento di salute dei castagni monumentali. Ma anche «gli eventi climatici estremi sempre più frequenti» possono, secondo Beffa, avere un influsso importante. A sbilanciare la chioma, come detto, sono infatti ad esempio i forti venti e le tempeste. Ma anche la siccità ha degli effetti negativi, visto che è mal sopportata in particolare dai castagni. A ciò vanno poi aggiunti anche le malattie o i parassiti, come il cinipide che nel recente passato ha fortemente condizionato la salute di questi alberi.

Rimuovere alberi concorrenti e potatura selettiva

Ma quindi cosa bisognerebbe fare per migliorare le condizioni di salute dei castagni monumentali? Innanzitutto, «la rimozione degli alberi concorrenti avrebbe un effetto positivo», sottolinea Beffa. «Anche la potatura selettiva dei rami morti o destabilizzanti può incrementare notevolmente le speranze di sopravvivenza dell’albero poiché permette di ridurre il pericolo di cedimenti strutturali. Inoltre queste potature, se ben eseguite, possono concentrare e risvegliare le forze vitali dell’albero soprattutto a livello delle parti strutturali più sane e più basse».

Ettari di castagneti ripristinati grazie ai Comuni

Misure che dovrebbero essere messe in atto perlomeno per gli esemplari di maggiore pregio. Chi se ne dovrebbe occupare? Secondo Krebs, nel recente passato l’ente pubblico ha già finanziato «interventi anche su larga scala che hanno permesso il risanamento di molte decine di ettari di castagneti da frutto. In particolare, vi sono alcuni Comuni ticinesi e del Moesano molto attivi in quest’ambito. È invece più difficile fare affidamento all’iniziativa privata». Il ricercatore del Wsl stima però che «a metà del Settecento in Ticino vi fossero quasi 12’000 ettari di selve castanili, mentre oggi ve ne sono circa 4’000 perlopiù in stato di abbandono».

Importanti per la cultura e la biodiversità

Visto il tasso di morte dei castagni analizzati, Beffa aggiunge che, se la tendenza rimane questa, «in un secolo scompariranno tutti dal territorio ticinese». Ora la speranza è che questa previsione non si avveri, anche perché questi alberi sono importanti sia a livello culturale, sia nell’ambito della biodiversità: «Gli alberi molto vecchi riescono a ospitare diversi habitat e quindi anche diverse specie. Sono inoltre una testimonianza del passato, della cultura del castagno che c’era in Ticino». Dal canto suo Krebs aggiunge che «la gente è affezionata a queste figure arboree: sono dei simboli viventi di una cultura tradizionale che abbiamo persino represso per molti decenni e che adesso cerchiamo di recuperare anche per meglio capire quali sono le nostre radici».

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