Bellinzonese

Una fiaccolata chiede 'Giustizia per Alessia'

Castione-Bellinzona, oltre cinquanta persone con la madre Rita Argiolas: appello alla Procura affinché faccia altri approfondimenti sulla morte della figlia

La fiaccolata è terminata davanti a Palazzo delle Orsoline
22 settembre 2019
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“Giustizia per Alessia, vittima innocente”. Oltre cinquanta persone ieri pomeriggio hanno dato corpo a una fiaccolata silenziosa che da Arbedo ha raggiunto il centro di Bellinzona. Il luogo scelto per appendere lo striscione è la cancellata di Palazzo delle Orsoline, sede della politica cantonale; ma il messaggio è rivolto al terzo potere, quello giudiziario che sta indagando per l’ipotesi di ‘omicidio colposo’ sul decesso della sedicenne Alessia Tosoni di Castione, finita sotto il treno alla stazione di Taverne mentre stava tornando a casa da scuola il 21 settembre 2017 (erano due anni ieri).

Tre medici verso l'assoluzione

Avuta notizia che il procuratore generale Andrea Pagani sarebbe intenzionato a chiudere l’inchiesta da lui aperta con un decreto d’abbandono nei confronti di tre medici che avevano avuto in cura la giovane durante un difficile periodo della sua vita, la madre Rita Argiolas con un’azione pubblica chiede oggi che si faccia tutto il possibile per andare a fondo della questione. Interpellata dalla ‘Regione’ ribadisce la propria convinzione secondo cui la responsabilità della tragedia sarebbe da attribuire all’agire di più persone e servizi intervenuti contemporaneamente nell'arco di nove mesi (gennaio-settembre 2017): da una parte due operatori del Servizio medico-psicologico (Smp) del Sopraceneri che avevano seguito la ragazza dal gennaio 2017 sino al decesso, dall’altra l’Autorità regionale di protezione (Arp) di Bellinzona che ne aveva deciso lo spostamento al centro Pao di Mendrisio per tre mesi escludendo la madre dai diritti genitoriali, e con loro infine anche il medico di famiglia che tre giorni prima del decesso aveva prescritto uno sciroppo pur sapendo che fosse incompatibile con lo psicofarmaco in fase di assunzione, a tal punto da creare possibili stati confusionari.

'Una testimone finora rimasta inascoltata'

Stato in cui la ragazza si sarebbe trovata nel pomeriggio del 21 settembre 2017 mentre rientrava a casa in treno: salita alla stazione di Lamone-Cadempino, era scesa a quella successiva di Taverne mostrando segni di malessere. Questo almeno secondo quanto ha raccontato alla madre un’allieva della stessa scuola che effettuava il viaggio in treno insieme alla figlia. «Questa ragazza ­– spiega Rita Argiolas – è pronta a testimoniare. A supporto di quanto racconta, ho l’ultimo messaggio vocale inviato da Alessia quando si trovava sul treno e nel quale spiega di non stare affatto bene. La testimone mi ha riferito che anche alcuni giorni prima mia figlia avrebbe detto a qualche insegnante di non essere troppo lucida a causa dei farmaci che stava assumendo. Ma nessun maestro ha voluto confermarmelo. Solo il giorno prima di morire Alessia mi aveva accennato della poca lucidità. A questo punto ho scritto al pg Pagani perché desidero essere ascoltata, ma lui ha risposto picche. Inizialmente si era dichiarato molto disponibile nei miei confronti, ma ora sembra non voler sentire ragione».

Perizia medica contestata, senza successo

Non da ultimo, tramite l’avvocato che sta seguendo la pratica la madre ha pure contestato le conclusioni della perizia medica chiesta dal procuratore generale a tre specialisti d’Oltralpe sull’agire dei medici ticinesi che avevano prescritto due psicofarmaci (Lyrica e successivamente Prozac) per controllare depressione, ansia e comportamenti suicidali, nonché negli ultimi giorni lo sciroppo anti tosse. Il pg ha tuttavia respinto l’istanza probatoria consistente in 27 domande poste dal patrocinatore legale sul rapporto che esclude ogni responsabilità dei tre dottori indagati. Da notare che uno dei periti avrebbe pubblicato uno studio favorevole alla somministrazione di Prozac a minorenni per la cura dei disturbi depressivi e ansiogeni; questo mentre parte della letteratura medica e lo stesso foglietto informativo del farmaco evidenziano possibili effetti secondari, fra cui la tendenza al suicidio. Dal canto loro i periti scrivono che in base ai rapporti medici letti la cura tramite Prozac aveva dato esito positivo e che l’umore della ragazza era tornato stabile. Quanto all’antitosse Bexine, conclude la perizia, “a fronte di possibili controidincazioni se assunto insieme” al Prozac, Alessia Tosoni “non sembra aver presentato segnali di sindrome serotoninergica” che si può manifestare in maniera immediata alterando il comportamento e compromettendo il sistema neuro-vegetativo-muscolare. Inoltre, concludono i periti, “i testimoni dell’incidente non hanno riferito un comportamento anormale” nella giovane. «Tutti i testimoni tranne una», replica la madre Rita: «Farò tutto il possibile per ottenere giustizia. Quella perizia è chiaramente di parte e chiedo che se ne faccia un’altra. E se sarà necessario denuncerò l’Arp».

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