Bellinzonese

Mps sull'ex dipendente Abad: la replica dell'Associazione

'Stigmatizziamo nuovamente l'utilizzo volutamente distorto e diffamatorio di quanto accaduto'. Il Movimento aveva criticato l'adire le vie legali nei confronti della donna

Matteo Pronzini, Mps (Ti-Press)
8 gennaio 2019
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Prosegue il botta e risposta tra l'Associazione bellinzonese per l'assistenza e cura a domicilio (Abad) e l'Mps, che lo scorso 2 gennaio era tornato a rimarcare i comportamenti dell'associazione in materia di gestione del personale, relativamente al caso di una ex dipendente.

Questa la replica di Abad, pubblicata integralmente:

"Negli scorsi giorni gli organi di stampa hanno dato spazio al nuovo comunicato del Movimento per il socialismo, tramite il quale si tenta nuovamente di avvalorare la tesi, già più volte sostenuta, di una presunta cattiva gestione all'interno della nostra associazione, che sarebbe caratterizzata da spirito persecutorio nei confronti di dipendenti ed ex-dipendenti.

Di fronte a tali accuse strumentali e all'evidente manipolazione della realtà, riteniamo opportuno portare a conoscenza dell'opinione pubblica la realtà dei fatti.

Negli scorsi mesi la nostra associazione aveva deciso di adire le vie legali nei confronti di una sua ex dipendente; davanti all'accusa, con evidenti risvolti di natura penale, di avere modificato tramite l'abuso di mezzi di comunicazione elettronici, il contenuto di una sua lettera in cui chiedeva una diversa suddivisione delle percentuali lavorative, con l'aggiunta per mano di terzi e secondo quanto sosteneva l'ex collaboratrice, "di parole da me mai scritte, tra cui la frase e ritengo il nostro rapporto di lavoro concluso", a tutela della propria rispettabilità e nell'intento di fugare qualsiasi dubbio su possibili responsabilità di natura penale, ABAD aveva deciso di rivolgersi alla magistratura.

Abbiamo ora preso atto che la Corte dei reclami penali ha ritenuto che quanto affermato dall’ex capo-équipe «non può essere considerato un’affermazione tale da nuocere alla reputazione» dell’ABAD, «né un’espressione atta ad offendere il suo onore». Da parte nostra accettiamo serenamente tale decisione.

Ciò che per noi rappresenta un elemento di fondamentale importanza è in ogni caso la considerazione fatta dai giudici secondo i quali dall'esame degli atti, la lettera spedita dall'ex collaboratrice, che lei sostiene essere stata modificata da terzi, non presenta differenze con quella allegata da ABAD quando questa aveva comunicato di non aver accolto la richiesta di una diversa suddivisione delle mansioni, comunicando l’interruzione del rapporto di lavoro.

La stessa querelata (l'ex collaboratrice), sottolineano i giudici della Corte dei reclami penali, "non ha prodotto alcun documento a comprova di quanto da lei sostenuto, ossia l’asserita falsificazione. In definitiva lo scritto incriminato appare semmai essere un tentativo, maldestro, di protrarre nel tempo il rapporto di lavoro, peraltro a termine, sottoscritto con l’ABAD la cui scadenza era in ogni caso già stata fissata".

Fugato dai giudici qualsiasi dubbio sulla correttezza del nostro agire e su quello dei nostri dipendenti, non possiamo fare altro che stigmatizzare nuovamente l'utilizzo volutamente distorto e diffamatorio di quanto accaduto.

A garanzia della massima trasparenza da parte nostra il testo debitamente anonimizzato della sentenza emessa dalla Corte dei reclami penali è disponibile sul sito della nostra associazione (www.abad.ch)".

 

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