Bellinzonese

Nuove Officine Ffs, primo mattone da 20 milioni

Dal Cc di Bellinzona sì a larga maggioranza per l'opzione Castione e per il recupero del sedime in centro città. Ora tocca al Gran Consiglio

23 ottobre 2018
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A tempo di record (tre mesi e mezzo dalla pubblicazione a oggi) il Consiglio comunale ha avallato ieri sera con 50 sì (Plr, Ppd, Sinistra e Lega/Udc), 5 no (Verdi, Mps e Pc) e 2 astenuti il messaggio municipale di maggior peso, in tema d’investimenti, della prima parte di legislatura della nuova Bellinzona. Venti milioni in tre rate da destinare alla realizzazione della nuova Officina di manutenzione Ffs a Castione, quartiere che non appartiene alla Città aggregata; più 500mila franchi quale quota parte per avviare lo studio urbanistico previsto nel post-Officine in centro città. Qualora pure il Gran Consiglio stanziasse i 100 milioni di sua pertinenza in base all’accordo tripartito sottoscritto lo scorso dicembre con Città e Ferrovie, lo stesso Cantone e il Comune diverrebbero proprietari di 55-60mila metri quadrati dell’attuale complesso industriale che ne misura 114mila. Il tutto nell’ambito di una vasta riqualificazione con cui le Ffs realizzerebbero edifici residenziali e Città-Cantone strutture nelle quali inserire formazione, amministrazione, parco tecnologico, spazi pubblici, appartamenti intergenerazionali e aree aperte ad uso pubblico.

Charles Barras, relatore della Gestione, ha ricordato quali sono gli elementi che hanno indotto la commissione a sostenere all’unanimità il messaggio: dalla convinzione che il progetto sostenga lo sviluppo socio-economico regionale e della Città, alla convinzione delle Ffs nel ritenere necessario uno stabilimento nuovo al Sud delle Alpi, alla possibilità di inserire a Castione parte delle attuali attività industriali svolte a Bellinzona nonché aziende terze, alle garanzie relative all’impiego a Castione di 200/230 operai e di non licenziare nessuno degli attuali 400, assicurandone la riqualificazione professionale con 8 milioni di franchi. Quindi una richiesta: «Il Centro di competenze partecipi attivamente alle fasi di trasferimento».

Il capogruppo Plr Fabio Käppeli ha ribadito che «questo è uno dei progetti strategici più importanti per lo sviluppo economico della città e del Ticino. La scelta di un nuovo stabilimento è quella che offre più garanzie a lungo termine. Quanto al numero di operai, i 200/230 previsti inizialmente potranno poi crescere». Ivan Ambrosini a nome del gruppo Ppd ha evidenziato che la contropartita per Città e Cantone è l’ottenimento di una porzione di terreno nel quale creare opportunità di formazione e lavoro in un comparto centralissimo: «Sarà un prolungamento naturale della città e bisognerà inserirlo armoniosamente nell’area urbana». Sulla stessa lunghezza d’onda Lelia Guscio a nome del gruppo Lega/Udc, che in modo quasi unanime ritiene l’investimento consono alla crescita socio-economica voluta per la Città aggregata: «È un treno che passa una volta sola! C’è l’esigenza di rimanere al passo coi tempi in un settore in continua evoluzione e che necessita di spazi consoni, oggi non disponibili per eseguire la manutenzione dei moderni treni Giruno». Quanto al comparto di competenza Città-Cantone, «l’accordo prevede che non ci sia speculazione edilizia».

Renato Züger intervenendo a nome della Sinistra ha riassunto l’ultimo decennio: «A 10 anni dallo sciopero e a 5 da una convenzione che nel 2013 non ha portato granché, dobbiamo chiederci cosa fare. La proposta concreta che ci troviamo sul tavolo vede la messa a disposizione di 120 milioni che danno un maggior potere contrattuale a Cantone e Città nei rapporti con le Ffs. Una soluzione che richiede garanzie riguardo ai posti di lavoro e all’uso futuro dell’attuale sedime industriale». Giulio Deraita (Lega e dipendente Ffs) ha spiegato che le Officine di manutenzione, per motivi di costi, si realizzano oggi preferibilmente ai terminali, «perciò Castione è il luogo ideale». Henrik Bang (Sinistra) ha parlato dell’inadeguatezza tecnica delle attuali Officine a gestire i futuri convogli, ciò che dal pubblico ha suscitato la reazione di Gianni Frizzo (‘Giù le mani’) che gli ha suggerito di informarsi; Luigi Calanca (Lega) ha infine invitato a considerare tutte le conseguenze del trasferimento, pensando in particolare agli interessi dell’agricoltura.

Dai contrari attacchi al sindaco (la sua firma del 2013) e all’accordo tripartito con Cantone e Ffs

Dopo la mano – tesa ieri sera dalla Città alle Ffs – la vera partita si giocherà sul piano cantonale per i 100 milioni che il governo chiede al Gran Consiglio di stanziare. L’Unione contadini venerdì scorso ha ribadito la volontà di lanciare un referendum perché contraria alla conversione di 80mila metri quadrati agricoli riservati dalle Ffs a Castione. Sulla stessa lunghezza d’onda si pongono i Verdi, secondo cui è sin qui mancato uno studio d’impatto oltre che finanziario, economico e sociale, anche ecologico. Ma c’è di più – ha detto il consigliere Marco Noi –, ossia il fatto che Municipio e Commissione della gestione «non si sono chinati sull’impatto generato dalla creazione ex novo di un nuovo quartiere di 4-5’000 abitanti, con nuovi commerci e imprese». Quindi – parlando di idealizzazione, opportunismo politico e paura – una stoccata al sindaco: «Quando Mario Branda afferma che prima di questo progetto non c’era niente di concreto, falsifica la realtà rimuovendo dalla sua memoria che nel 2013 ha messo la firma su un documento con tanto di studio di fattibilità che rappresentava un’intesa elaborata e conquistata con grande fatica tra tutte le parti, maestranze comprese a differenza di oggi, per mantenere sull’attuale sedime un’Officina competitiva e, proprio perché più indipendente dalla direzione centrale delle Ffs, capace di operare sul mercato terzi per la propria sopravvivenza». Quanto successo dopo «è stato un gravissimo errore strategico che espone i due legislativi ad essere ricattabili dalle Ffs. Che come si è visto, sono pronte a delocalizzare». Angelica Lepori Sergi (Mps) non le ha mandate a dire: «Questo treno ci porterà sul binario morto! Meglio sarebbe stato dibattere prima, sul piano cantonale, dell’iniziativa ‘Giù le mani dall’Officina’, che se dovesse essere avallata in votazione popolare farà decadere quanto si discute oggi. Perché l’iniziativa concretizza soluzioni più solide di quanto ci viene proposto da Ffs, Governo e Municipio. Punta a un vero sviluppo industriale e a posti di lavoro garantiti e numericamente maggiori».

Troppi, secondo il comunista Alessandro Lucchini (Unità di sinistra), i dubbi che permangono. Da qui il suo voto contrario: l’accordo tripartito «lascia troppa carta bianca al management delle Ffs che dieci anni fa voleva di fatto liquidare le Officine. L’alternativa è, per il mio partito, l’approvazione dell’iniziativa popolare del 2008, la quale pone in modo inequivocabile il mantenimento delle attuali attività delle Officine e lo sviluppo effettivo del centro di competenza. Perciò riteniamo che si debba tornare a trattare con le Ffs mettendo paletti più chiari per maggiori garanzie in termini di occupazione e volumi di lavoro, e parallelamente definendo meglio i contenuti dell’attuale sedime».

‘In centro sorgerà un quartiere moderno, un esempio per altre realtà urbane’ 

«Un punto fermo c’è: si realizzerà davvero la nuova Officina». Ne è convinto il sindaco Mario Branda rispondendo alle critiche emerse durante il dibattito: «Quanto annunciatoci dalle Ffs, come ipotesi di lavoro che oggi difendiamo, ha rimesso in discussione l’esito delle difficili trattative svolte nell’arco di molti anni e sfocia in un progetto concreto. Trattative, va dato atto a chi vi ha partecipato, che hanno richiesto un grande impegno». Non ripagato però – secondo la maggior parte della politica – dai risultati ottenuti. Poi, come detto, la svolta: quando nel 2017 il Consiglio di Stato ha potuto discutere con le Ferrovie degli investimenti complessivi previsti in Ticino, l’opzione nuove Officine ha ripreso quota. E quanto successo dopo è noto: Castione l’ha spuntata sulle concorrenti valutate dalle Ffs e ora si parla di un referendum quasi certo annunciato dall’Unione contadini ticinese, contraria alla conversione di terreno verde a Castione. Un elemento importante, ha ribadito Branda parlando dell’accordo tripartito firmato lo scorso dicembre, «è che non ci sarano licenziamenti durante la fase di transizione. E che dal 2026 le Ferrovie assicurano 200/230 posti di lavoro a lungo termine, che varranno per i prossimi 50 anni».

E non capita spesso, ha annotato il sindaco, di tornare proprietari di un sedime di 60mila metri quadrati in pieno centro cittadino che si potrà pianificare e ridefinire: «Sarà uno sviluppo sostenibile, in linea con le attese, un quartiere moderno e da esempio per altre realtà urbane». Quanto al parco tecnologico che vi si insedierà, «oggi non possiamo ancora dire quali ditte troveranno casa qui, ma possiamo creare le condizioni per farle arrivare veramente». Perciò rinunciare a questo progetto, «significa rinunciare a posti di lavoro e a uno sviluppo urbanistico e socio-economico che riteniamo di importanza fondamentale per Bellinzona e il Ticino». E in risposta ai Verdi che ritengono l’accordo Città-Cantone-Ffs un tradimento nei confronti delle maestranze delle Officine, Branda ha invitato a guardare alla collettività e alle attese della società: «Sappiamo di fare la cosa giusta per le Officine, per gli operai e per il tessuto economico locale e cantonale».

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