Bellinzonese

In mille col vescovo al Gottardo: 'No a tutti i muri'

Don Lazzeri alla messa del Primo Agosto: contro l'esasperazione dei nazionalismi, dei protezionismi e dei 'sovranismi'

Ti-Press/Crivelli
1 agosto 2018
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Mille fedeli hanno partecipato questa mattina alla tradizionale messa del Primo Agosto sul passo del San Gottardo celebrata dal vescovo Valerio Lazzeri, assistito da una quarantina di prelati. L’omelia è stata l’occasione, partendo dalle letture scelte per l’occasione, per riflettere sul particolare momento che si sta vivendo di fronte ai fenomeni migratori e alla reazione che essi generano nei cittadini, nella società e nelle istituzioni.

Le barriere politiche ed economiche e il confronto con l'altro

«Viviamo un'epoca – ha detto don Lazzeri – in cui rinasce, non solo da noi, ma un po' dappertutto in Europa e nel mondo, il bisogno dell'affermazione di sé, della propria cultura, della propria cosiddetta identità. Si esasperano, un po' dappertutto, i nazionalismi, i protezionismi e i ‘sovranismi’. S'investono le migliori energie per innalzare muri, mentali o reali, che dovrebbero difendere quello che si ritiene essere il proprio mondo, la propria visione delle cose, la propria cultura e il proprio modo di vivere e di stare sulla terra. Molto spesso però si scambia la difesa della patria con un irrigidimento, una contrazione su di sé. Ci illudiamo che barriere politiche ed economiche sempre più impenetrabili potranno evitarci il faticoso ma indispensabile confronto con l'altro, con tutto ciò che si tende a dipingere solo come una minaccia per il proprio benessere e la propria stabilità».

Riflesso autoprotettivo

Ricordando la tendenza a identificare il proprio paese con la luce o chi la deve far brillare nel mondo, il vescovo ha esortato ciascuno a considerarsi invece una lampada, accesa e messa sul candelabro da un altro: non per illuminare se stesso, ma affinché chi entra veda la luce. «È questa la direzione nella quale stiamo andando? Sono queste le riflessioni della nostra gioia e della nostra festa, in questo primo agosto 2018? Ciò che ci raduna in questo luogo ricco di memorie e di ispirazione, è un moto di letizia e di riconoscenza di un corpo reso luminoso da un occhio semplice? O è soltanto un riflesso autoprotettivo, di mera reazione negativa; l'istinto di un corpo reso tenebroso da un occhio cattivo, gretto, meschino, incapace di guardare verso un orizzonte, senza visioni né prospettiva per il futuro?». Domande che investono l'intera società civile.

Il  benessere e quello degli altri

"Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra". «È un monito – ha proseguito don Lazzeri ­– ­che non può lasciarci indifferenti! Ci riguarda ogni volta che cadiamo nella tentazione di chiuderci in noi stessi, di poter pensare al nostro benessere a prescindere da quello degli altri, con la scusa di dover provvedere a stare bene noi, prima di darci da fare per il bene altrui. In realtà, nessun membro di un organismo può stare bene, quando pensa unicamente a se stesso. La preoccupazione di ciascuno dev'essere sempre che tutto il corpo a cui appartiene, fisico, sociale, politico, economico e istituzionale, non si comprometta con le tenebre o ne condivida la logica e le dinamiche. Questo può accadere quando riconosciamo insieme che il fulgore che illumina può arrivarci solo quando non ci isoliamo, non ci separiamo, non ci disinteressiamo di quello che succede fuori dai nostri confini, pensando così di scampare al disastro generale». 

'Le ideologie non bastano'

Fondamentale, secondo il vescovo, è la presa di coscienza che «non bastano né le nostre ideologie né i nostri sistemi di valori astratti a sciogliere le paure del nostro cuore. Siamo stanchi di sentire chi ci fa la morale, in un senso o nell'altro». È proprio in quest’ottica che s’inserisce il luogo scelto per la messa, il San Gottardo: «In passato ha potuto rappresentare il Ridotto, entro il quale raccogliersi per difendersi resistendo agli eventuali aggressori esterni. Oggi appare però sempre più il simbolo di quella comunicazione tra popoli diversi, senza la quale non potremmo mai più esistere e tantomeno vivere. Ricordiamoci! Venendo qui non siamo "in un luogo nascosto o sotto il moggio, ma sul candelabro". Non certo in una posizione di privilegio da mantenere o di superiorità da vantare sugli altri, ma di servizio e di responsabilità. Ci aiuti il Signore a esserne coscienti, a trarne le pratiche conseguenze, non per giungere a blindare definitivamente ogni nostra via d'accesso, ma "perché chi entra veda la luce"».

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