Bellinzonese

Macello di Cresciano: appello a Comuni e Cantone

La struttura per consolidarsi vuole introdurre una filiera della carne con la lavorazione. Business plan pronto: necessari un milione e le deroghe

Armando Donati, coordinatore del gruppo di rilancio (Ti-Press)
13 giugno 2018
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Sale il numero di capi macellati (dai 388mila kg del 2016 ai 440mila del 2017), crescono i ricavi (da 447mila franchi a 496mila) e diminuisce di 100mila franchi il debito ipotecario con BancaStato che ammonta a 2,375 milioni. Ma l’equilibrio del Macello cantonale di Cresciano, gestito dalla Mati Macello Ticino Sa, si presenta ancora precario sei anni dopo la moratoria concordataria sfociata nell’operazione di rilancio. La cui strada – com’è emerso stamane durante l’assemblea di approvazione dei consuntivi – appare ancora in salita per una serie di motivi. A esporre il quadro generale e talune ipotesi di lavoro – che se dovessero andare in porto consolideranno il centro in cui vengono macellati tre quarti dei capi allevati in Ticino – è stato il presidente Manfredo Forni subentrato un anno fa a Paolo Barberis che aveva rassegnato le dimissioni con cinque sesti del comitato. «La Mati Sa – ha esordito Forni – attualmente riesce ad autofinanziare la gestione corrente, ma il debito ipotecario continua a pesare come un macigno di granito». Una possibile soluzione volta a rafforzare lo stato di salute, già adocchiata in passato ma finora mai concretizzata per vari motivi, «è quella di destinare gli spazi inutilizzati a una filiera della carne», integrando talune fasi successive la macellazione come ad esempio disossamento e confezionamento. «Pensando agli ingenti investimenti che si renderebbero necessari, pari a circa un milione, nell’ambito del business plan in fase di allestimento abbiamo avviato colloqui con vari enti e gruppi potenzialmente interessati», ha annunciato Forni restando sul vago. «Tuttavia – ha aggiunto il membro di comitato Erich Jörg – il Mati è anche ostaggio del proprio quadro operativo che prevede, dal profilo autorizzativo, la sola macellazione. Perciò confidiamo che le autorità preposte (ndr: in primis l’Ufficio del veterinario cantonale) valutino positivamente l’eventualità di concedere deroghe».

Locarnese, ‘silenzio vergognoso’

Un secondo appello di cui ha parlato ieri il presidente della Mati Sa è pure rivolto al Cantone ma coinvolge anche i Comuni. A questi ultimi nella fase di rilancio quinquennale che scade a fine 2018 era infatti stato chiesto un contributo volontario pari idealmente a circa 100mila franchi annui. «Ne riceviamo circa 63mila che vanno ad ammortizzare il debito ipotecario in diminuzione anno dopo anno di 100mila franchi – annota Forni – mentre i 35mila di Lugano servono a pagare gli interessi». Da notare che Chiasso quest’anno ha rinunciato al versamento a seguito dei propri problemi finanziari. E che dai Comuni del Locarnese (tranne due piccoli) non è mai giunto un solo franco né la disponibilità – ha ribadito un deluso Armando Donati, coordinatore del gruppo di rilancio Mati – ad avviare un colloquio costruttivo per un sostegno sul lungo termine: «Un silenzio vergognoso! A scadenza del piano quinquennale, ritengo che occorra rilanciare sin d’ora gli appelli ai Comuni e anche al Cantone nonché a BancaStato per un sostegno volontario. Bisogna cogliere l’attimo, visto che molti Comuni e lo stesso Cantone sono usciti dalle cifre rosse. Bisogna farlo sottoponendo loro il progetto di filiera». Un’ipotesi di lavoro, questa, caldeggiata anche dai presenti all’assemblea. Da cui è giunta anche la critica secondo cui il Macello di Cresciano è il più caro del Ticino: «Vero – ha risposto Forni – ma siamo anche l’unico certificato per i grandi quantitativi e la nostra attività è ispezionata in ogni dettaglio. E l’ispezione la paghiamo noi».

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