Bellinzonese

Ribocciata la torre di 38 metri prevista a Iragna

Il Consiglio di Stato sconfessa la ditta Comibit e il Dipartimento del territorio sul progetto di nuovo impianto per la produzione di asfalto

Ti-Press
9 maggio 2018
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Altra battuta a vuoto per la ditta Comibit di Sigirino, una delle maggiori produttrici di asfalto del Ticino. Intenzionata a rinnovare l’impianto situato a nord di Iragna in zona artigianale-industriale, nel Comune di Riviera, nei giorni scorsi si è vista respingere dal Consiglio di Stato il ricorso interposto l’anno scorso contro il rifiuto municipale di rilasciare la licenza edilizia chiesta per rinnovare una serie di infrastrutture aggiungendo anche una moderna torre di produzione di miscele bituminose partendo da asfalto riciclato. La quale con i suoi 38 metri, paragonabili a un palazzo di 10-12 piani, misurerebbe più del doppio dell’attuale (16 metri) ed è ritenuta troppo alta rispetto alle Norme d’attuazione del Piano regolatore che in quel luogo concedono al massimo 10 metri.

Nel suo complesso il progetto, sottoposto alle autorità nel giugno 2015 e poi parzialmente rivisto e aggiornato, oltre al rifacimento dell’impianto di produzione di miscele bituminose prevede anche la formazione di un nuovo deposito coperto di inerti che verrebbe posizionato perpendicolarmente all’attuale a 8,4 metri dal bosco (in deroga ai 10 sanciti dalla legge), la ristrutturazione dello stabile adibito a officina e la costruzione a nuovo di un blocco a due piani adibito a magazzino, locali tecnici, ufficio, spogliatoi e servizio igienico. Nel 2016 il rapporto sull’impatto ambientale presentato dalla Comibit è stato preavvisato positivamente, subordinandolo ad alcuni oneri e condizioni, dalla Sezione protezione aria, acqua e suolo (Spaas) del Dipartimento del territorio; anche la Sezione forestale, pure del Dt, ha espresso giudizio favorevole alla concessione della deroga per la distanza dal bosco; infine lo stesso Dt ha preavvisato positivamente la domanda di costruzione, a sua volta subordinandola ad alcune condizioni di diritto cantonale e federale.

‘Conclusioni indifendibili’

Dopo il ‘no ‘ municipale del marzo 2017 – basato principalmente sul problema altezza e sul fatto che i 38 metri non siano dettati da motivi tecnici ma da una scelta della ditta di optare per un impianto sviluppato in verticale – la Comibit si è appellata al governo cantonale sostenendo che le Napr non contengono una facoltà di deroga, di cui il Municipio non ha peraltro fatto uso, bensì un regime giuridico secondario applicabile ai corpi tecnici e agli impianti speciali che secondo la ditta possono superare l’altezza massima di 10 metri.

Nella propria decisione il Consiglio di Stato ritiene ora che la tesi della ricorrente sul regime giuridico secondario non possa essere accolta perché la torre di produzione di miscele bituminose nel suo complesso non è parificabile ai corpi tecnici o speciali di un impianto quali i torrini degli ascensori, le antenne, i camini, gli impianti di climatizzazione, le termopompe ecc. Perciò “sbaglia la ricorrente – scrive il CdS – a voler configurare la torre in un semplice corpo tecnico o speciale. Accreditando la sua tesi si finirebbe per ammettere che qualsivoglia installazione
non soggiace ad alcuna restrizione in altezza: conclusione questa che non appare ragionevolmente difendibile e che di certo non corrisponde a quanto voluto dal legislatore comunale”.

Critico il giudizio anche sul Dipartimento del territorio. Secondo il governo infatti la Sezione forestale di fronte alla richiesta di derogare ai 10 metri di distanza minima dal bosco avrebbe dovuto verificare – rispettando così il Regolamento di applicazione della Legge forestale – l’esistenza di comprovate necessità di carattere oggettivo. Le quali per il Consiglio di Stato non esistono visto che la particella presenta ancora una larghezza di terreno edificabile di oltre 35 metri, misura che non pregiudica lo sfruttamento del fondo a fini edilizi.

Infine, quanto al preavviso della Spaas, il governo annota che gli esistenti depositi a cielo aperto sono privi di autorizzazione; a questo punto l’inoltro di una domanda di costruzione in sanatoria non sostituisce il permesso mancante. Prossimo passo possibile, un ricorso al Tribunale
amministrativo cantonale.

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