Bellinzonese

Divisi in classe a 8 anni: 'Non un test ma metodo diffuso'

Bellinzona, il Municipio difende la differenziazione pedagogica introdotta alle Elementari Nord. Il Decs approva ma chiede una verifica sul caso specifico

Ti-Press
8 febbraio 2018
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È giusto introdurre una differenziazione didattica alle Elementari? Assegnando il docente d’appoggio agli allievi più dotati, anziché a quelli con più difficoltà, non si finisce per sfavorire questi ultimi e per vanificare gli sforzi d’inclusione? Questo progetto-pilota non è forse un passo indietro rispetto all’idea di una scuola che aiuta tutti e cerca di attenuare le differenze sociali? Avrà un futuro? Sono, queste, le domande di fondo contenute in un’interpellanza delle consigliere comunali Mps Angelica Lepori Sergi e Monica Soldini. Cui il Municipio ha risposto negando che si tratti di un progetto-pilota o di sperimentazione. Parla semmai di un intervento “puntuale e circoscritto, fondato su una preventiva progettazione svolta dalla docente titolare in collaborazione con la direzione dell’istituto e sotto la supervisione dell’ispettorato”. Il tutto nell’ambito di una pratica, la differenziazione pedagogica, “diffusa nelle scuole comunali ticinesi e che tiene conto e valorizza le differenze tra gli allievi attraverso lo sviluppo di pratiche didattiche adatte alle diverse specificità e che consentono a ognuno di apprendere secondo percorsi e tempi diversi, in funzione delle possibilità e potenzialità individuali”. In quest’ottica, prosegue l’Esecutivo, la differenziazione “rispecchia pienamente i principi della scuola ticinese che vuole essere equa, inclusiva e di qualità”.

Monitoraggio in corso

Nel caso specifico, il Municipio nega che si sia in presenza di una suddivisione permanente degli allievi in tre gruppi di abilità: “La composizione molto eterogenea” della classe 2A delle Scuole Nord, formata da 21 allievi “dalle competenze e abilità molto diversificate fra loro” specie in matematica, ha richiesto un “particolare adattamento delle abituali pratiche di differenziazione”. Visto anche il numero di allievi giudicato elevato, si è optato per il supporto di un docente d’appoggio, “la cui figura è stata introdotta nelle scuole dell’infanzia ed elementari ticinesi proprio per far fronte efficacemente a situazioni come quella in esame”. Obiettivo: “Garantire a tutti gli allievi di raggiungere i traguardi minimi di apprendimento, valorizzando al contempo il più possibile le singole competenze, conoscenze e intelligenze”. Inoltre la differenziazione “si applica all’insieme del gruppo-classe e non è indirizzata unicamente agli allievi particolarmente dotati o a quelli che attestano difficoltà di apprendimento”. Nella pratica, evidenzia il Municipio, si procede variando le forme didattiche, i tempi, i ritmi di apprendimento, la dimensione e i raggruppamenti della classe: “Una differenziazione efficace richiede in effetti di poter operare con effettivi ridotti (da qui l’importanza di disporre di un docente d’appoggio) e di modellare i raggruppamenti, anche se mai in modo definitivo e non necessariamente in base alle loro capacità”. L’insegnamento è quindi organizzato “sia in forma plenaria, sia ricorrendo alla costituzione di gruppi ridotti”. Costo annuo previsto: 8’000 franchi, su un totale di 600’000 “destinati a progetti indirizzati ad allievi con difficoltà”.
Il Municipio ha autorizzato l’assunzione del docente d’appoggio (avvenuta in novembre) e al rientro dalle vacanze autunnali i genitori sono stati informati dalla docente titolare, da quello di appoggio e dalla direzione. Il monitoraggio avviato su questa prima fase “consentirà di ridefinire il dispositivo da adottare il prossimo anno scolastico”.

Il Decs: ‘Concetti giusti, ma ho chiesto una verifica’

Il concetto difeso dal Municipio nelle conclusioni della risposta all’interpellanza è che “gli allievi con difficoltà di apprendimento sono diversi da quelli che procedono regolarmente nel cammino scolastico: la scuola cerca di far sì che questa diversità non si traduca in diseguaglianza”. Parimenti, aggiunge l’Esecutivo, “anche gli allievi che eccellono per capacità e attitudini sono diversi rispetto alla media e, a loro volta vulnerabili. Non riconoscere questa diversità significa costringerli ad abbassare il ritmo di apprendimento a un livello inferiore alle potenzialità”. Conclusione: “Lo scopo è capire meglio come si possa introdurre una diversificazione che riconosca e valorizzi tutte le diversità, così da realizzare una giustizia per tutti gli allievi”.

Emanuele Berger, capo della Divisione della scuola al Decs, il Municipio la racconta giusta?
Dice cose sensate, ma ho ritenuto opportuno chiedere verifiche sul caso specifico. A ogni modo la differenziazione alle Elementari e Medie è il nucleo della riforma ‘La scuola che verrà’ su cui a metà marzo si esprimerà il Gran Consiglio. I concetti esposti sono validi e da lungo tempo riconosciuti nel sistema scolastico ticinese.

Perché riformare allora?
Uno dei motivi è che la differenziazione non è sufficientemente diffusa. Dove applicata, l’esito è giudicato molto positivamente. La riforma migliora le condizioni per implementarla maggiormente. Se penso alle scuole comunali, questo passerà attraverso un coinvolgimento accresciuto dei docenti di appoggio. Con l’obiettivo non di spezzare le classi, ma di rendere più praticabile la differenziazione, aiutando quindi tutti gli alunni.

Il Movimento per il socialismo sbaglia dunque a sollevare il problema?
No, nella misura in cui chiede che si eviti di etichettare i bambini in maniera permanente. Come detto, la differenziazione non mira a etichettare e dividere. E il Municipio lo spiega adeguatamente.

Quale verifica c’è sull’insegnante che introduce la differenziazione?
Agisce di comune accordo con direzione e ispettorato. E sta alla sua professionalità decidere, insieme al docente d’appoggio, come suddividere di volta in volta gli allievi. A ogni modo la differenziazione si applica a tutta la classe.

Nell’interpellanza si dice che il docente speciale segue per due mezze giornate alla settimana gli allievi più bravi. Non li si favorisce così?
Non è nella filosofia della differenziazione pedagogica favorire i più forti, e quindi aiutare esclusivamente i più bravi. Se fosse così, sarebbe in contrasto con gli intendimenti del Decs. Il docente di appoggio è una persona che collabora col docente titolare per differenziare in classe a favore di tutti gli allievi. Due maestri anziché uno significa seguire meglio l’intera classe, non una parte di essa.

‘Meglio ridurre il numero di allievi per classe’

La risposta del Municipio non soddisfa la consigliera comunale Mps Angelica Lepori Sergi che con la collega Monica Soldini ha sollevato il problema. «Anzitutto – spiega alla ‘Regione’ – mi spaventa che la differenziazione sia applicata su allievi di appena 8 anni. Come si fa a ritenerli ‘plusdotati’, specie in matematica, come viene scritto? E come reagiranno quelli che finiranno nel gruppo dei più scarsi? Al limite può andar bene alle Medie, ma non alle Elementari, dove dovrebbe valere il principio dell’inclusione e dell’aiuto reciproco fra alunni. E soprattutto, perché è questo il punto principale, dove bisognerebbe ridurre il loro numero per classe». Inoltre, non le risulta che la direttrice dell’Istituto scolastico comunale, informando lo scorso autunno i genitori degli allievi della classe in questione, si sia espressa nei termini riportati nella risposta all’interpellanza: «A molti è parso che venisse avviato un vero progetto-pilota. Ma su quali basi? Da qui i nostri dubbi. E nella risposta mi pare vi siano importanti contraddizioni».

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