Bellinzonese

Bellinzona al voto sui salari: favorevoli e contrari

Intervista all'economista Baranzini: 'Le cifre sembrano corrette, sebene manchi una verifica sulla qualità del lavoro svolto. Si poteva aspettare'

15 gennaio 2018
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Il referendum su onorari e rimborsi spesa dei municipali della nuova Bellinzona solleva una domanda all’apparenza chiave: qual è il giusto compenso per chi ricopre un ruolo istituzionale. I referendisti di Mps e Lega/Udc sostengono – con due differenti emendamenti bocciati lo scorso autunno dal Consiglio comunale – che il sistema debba poggiare su una compensazione della parte di salario privato persa a causa dell’impegno richiesto dalla funzione pubblica; un sistema misto fra politica di milizia e semiprofessionismo. Esecutivo e maggioranza del Legislativo partono da un presupposto diverso, quello di un compenso sufficientemente alto in linea col presunto aumentato carico di lavoro e responsabilità, che eviti disparità di trattamento e favorisca qualità delle candidature, nonché una legislatura senza troppe apprensioni dal profilo salariale; ossia semiprofessionismo.

La breve campagna che precede il voto del 21 gennaio ha portato alcuni nuovi spunti di riflessione, che non sembrano però scaldare le folle, se non gli addetti ai lavori e i loro sostenitori/detrattori. Laddove uno confronto esiste, soprattutto sui social si assiste soprattuto a scambi fra tifoserie che ragionano poco sulle idee e sulle soluzioni. Un’arena nella quale se ti schieri vieni facilmente additato. Quale salario sia congruo o meno è un interrogativo che da sempre trova risposte soggettive. Sulle quali – se la paga è quella dei politici – hanno gioco facile pancia, demagogia e populismo. Perciò si può ritenere che questo referendum – parzialmente originato da rivalse personali della vecchia Bellinzona – rischia di non lasciare nulla di concreto sul terreno, a differenza delle battaglie che alcune legislature or sono hanno surriscaldato la scena politica regionale attorno a temi più forti e complessi (vedi Amb), allora come oggi inseriti nel capitolo ‘gestione servizio pubblico’.

Dal canto suo il Municipio nei primi nove mesi di legislatura – confrontato con critiche soprattutto di Mps, Lega e Udc – ha portato a casa quanto previsto: lo stesso Regolamento comunale viene posto al giudizio dell’urna su un unico articolo su 127, mentre più messaggi sono stati avallati, con pochi correttivi, e contribuiscono a far partire la macchina della Turrita 2.0 rispettando la tabella di marcia (cosa non scontata). Dal nuovo istituto di previdenza professionale al Regolamento dei dipendenti fino al preventivo 2018, dai mandati di prestazione degli enti autonomi alla trasformazione delle Amb in Azienda multiservizi.

Un successone? Fin qui è stata ‘eccezionale-normale’ amministrazione, dettata dall’avvio della nuova Città. Bisognerà attendere ancora parecchio tempo (e forse altri referendum) per poter giudicare il lavoro svolto dalla politica aggregata. Dallo sviluppo demografico alle esigenze di servizi vicini ai reali bisogni delle famiglie, dalle nuove Officine (dove?) alla creazione di un Polo tecnologico sulle ceneri delle attuali, dal rinnovo dei vetusti stabili scolastici agli investimenti in materia di mobilità, fino all’avvio di un Masterplan per il nuovo Piano regolatore unico che tenga conto anche dell’effetto AlpTransit: la carne al fuoco è molta, i salari un aperitivo che per ora sta creando molto fumo.

Baranzini: ‘Cifre ragionevoli, ma manca la verifica’

Professore di economia all’Usi, attivo anche negli Usa, domiciliato a Bellinzona, Mauro Baranzini ha firmato il referendum. Come mai? L’ho firmato ma... non lo condivido. A ogni modo ritengo opportuno che la popolazione possa esprimersi su questo tema, affatto banale.

Perché condivide la scelta fatta da Municipio e Consiglio comunale? È ragionevole nella sostanza ma forse sbagliata nella modalità d’adozione. Sarebbe stato meglio scindere gli onorari dal Regolamento comunale, rinviando l’aumento dei primi a una fase in cui sarebbe stato possibile certificare e mostrare la qualità del lavoro svolto.

Quanto stabilito però la soddisfa, senza prova di efficacia. Con l’aggregazione i municipali sono scesi da 71 a 7 e durante una legislatura gestiscono un ‘budget’ superiore al miliardo di franchi. La Città di Bellinzona conta ora quasi 44mila abitanti, cresciuti di oltre 400 nel 2017, e 1’400 dipendenti. Una situazione paragonabile a una piccola/media università. Se penso all’Usi, con i suoi 3/400 insegnanti e un budget annuo di 100 milioni, il suo presidente attivo al 100% guadagna fra i 200 e i 230mila franchi annui. Tutto ciò mi fa dire che l’onorario fissato per sindaco, vice e municipali sia ragionevole, poiché commisurato non solo all’impegno previsto, ma anche alle grandi responsabilità e alle competenze richieste. Le quali sono decisamente maggiori rispetto alla città di prima e ai precedenti singoli Comuni. Un onorario ragionevole anche raffrontando Bellinzona a Lugano e ad altre città svizzere simili per dimensioni. E considerando le sfide epocali previste, come l’avvento di AlpTransit, lo sviluppo della città e dei vari quartieri, le nuove Officine Ffs, il Polo tecnologico e i rapporti con Cantone e Confederazione. Non sono temi facili né delegabili. Se poi il singolo municipale cumulando le proprie occupazioni finisce per superare il 130 o 140% tempo lavorativo, questo non deve influire sulla fissazione del compenso pubblico; come molti fanno, sacrificherà parecchio tempo libero, ottenendo il giusto compenso. Inoltre questa remunerazione, che peraltro non contempla paracaduti d’oro pensionistici, deve consentirgli di affrontare con una certa tranquillità la fase successiva, quando non rinnoverà la carica e, se non sarà in età di pensionamento e non avrà altri ruoli istituzionali, dovrà ritornare alla propria professione al 100%. Un ritorno non così scontato, oggigiorno.

I referendisti partono invece dal presupposto che i compensi previsti rimpolpino tasche spesso già oltremodo piene e che la politica vada fatta con uno spirito di servizio meno vincolato al soldo. Un mio insegnante di Cambridge spiegava di aver fatto da consulente, negli anni 60, al governo cinese che gli chiedeva soluzioni per evitare la corruzione nei vari apparati statali. Lo aveva invitato a fissare ottimi salari, ritenendoli una garanzia di qualità lavorativa e di rispetto delle regole fissate. Credo che valga anche nel contesto bellinzonese. Se l’opinione del mio professore è valida ancora oggi, i referendisti sono rimasti indietro di cinquant’anni. Ingaggiarsi per amore del bene pubblico sulla base di onorari modesti non regge di fronte alla mole e alla qualità del lavoro oggi richiesto a medio-lungo termine. E poi, mi chiedo chi si arricchisca oggi col servizio pubblico. Nessuno.

Cosa manca a Lugano e Bellinzona per passare dal semi al professio­nismo, come tutte le città d’oltralpe di pari dimensioni? Ancora vent’anni di maturazione politica e di apprezzamento del lavoro svolto, nonché una dimensione di almento 100mila abitanti.

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